**Diario di un Uomo – Una Storia di Due Madri**
Mia cara, partoriscilo per me. Lo sai, io non posso avere figli…
Il primo giorno di lezione all’università cominciò con una noiosa introduzione. Elena si perse più volte nei corridoi prima di trovare l’aula giusta. Arrivò appena in tempo per sedersi, quando entrò il professore. Si presentò e iniziò a spiegare il programma dell’anno. Sottolineò che gli esami si basavano sulle lezioni, non sui libri. Chi non avesse frequentato, avrebbe dovuto arrangiarsi con le ricerche online.
Poi la porta si aprì, e una ragazza abbagliante, vestita come un’opera d’arte, fece il suo ingresso. Qualcuno scoppiò a ridere. Il professore si girò di scatto.
“È per la lezione? Come si chiama?” chiese severo.
“Ginevra De Santis,” rispose lei, senza batter ciglio.
“Bene, per stavolta la perdono, signorina De Santis. Ma sappia che non tollero ritardi. Vale per tutti,” disse, guardando l’aula in silenzio. “Ora riprendiamo.”
La ragazza sfilò in punta di piedi verso il primo banco, cercando di non far risuonare i tacchi. Elena le fece spazio.
“Ehi, che ha detto? Minacce?” sussurrò Ginevra, scintillante come un pavone.
“Zitta, ci caccia,” la redarguì Elena.
Durante la pausa, si presentarono. Ginevra veniva da Monza e ogni giorno prendeva il treno per Milano. Quel mattino, aveva sottovalutato i tempi. Elena, invece, era di Bergamo e viveva in un modesto dormitorio.
Ginevra era vivace, spensierata, studiava giusto per passare gli esami. Non capiva come Elena potesse passare le giornate sui libri.
“Che te ne frega del voto? L’importante è sposarsi bene e sistemarsi,” diceva.
“Io ho promesso a mia madre di laurearmi. Mi ha cresciuta da sola. Era all’università quando rimase incinta di me. Mio padre sparì, e lei lasciò tutto. Non voglio deluderla.”
“Eh, ma vivrete di libri allora?” rideva Ginevra.
“Prima mi laureo, poi vivo,” rispondeva Elena sorridendo.
Nonostante le differenze, diventarono amiche. Elena non saltava una lezione e aiutava Ginevra a copiare gli appunti. Ginevra, intanto, ballava, flirtava e si godeva la vita. Molti dicevano ad Elena che l’amica la stesse usando.
“E allora? L’amicizia è sempre un dare e avere,” rispondeva lei.
Al quarto anno, Ginevra si innamorò e smise di studiare. Se non fosse stato per Elena, sarebbe stata bocciata. Poco dopo, rimase incinta.
“Volevo abortire di nascosto, ma Flavio lo ha scoperto e ha urlato come un matto. Alla fine, mi sposo. Tu sarai la mia testimone,” annunciò.
Fecero un matrimonio sfarzoso, e prima della laurea, Ginevra partorì un maschietto. Agli esami arrivava esausta, e i professori, per pietà, le davano il minimo. Elena, invece, si laureò con lode e stava per tornare a Bergamo.
“Ma sei pazza? Con quel voto puoi lavorare ovunque a Milano! Io ti aiuto: il padre di Flavio ha un’azienda, ti assume.”
“Ma mia madre…”
“Tua madre sarà felice se starai bene. Guadagnerai, farai esperienza. Poi, se vorrai, potrai tornare. E poi… Flavio ha un amico single.”
Elena rimase. Flavio parlò con il padre, e la assunsero. Lavorava bene, ma la vita sentimentale era un fallimento.
Le amiche si chiamavano spesso, ma si vedevano poco. Un giorno, Ginevra la chiamò disperata.
“Sono di nuovo incinta,” disse, affranta.
“E allora? Congratulazioni!”
“Di che? Appena smesso con i pannolini, ricomincio! Flavio vuole una famiglia numerosa. Io non ce la faccio più! Stavolta abortisco.”
Lena rimase in silenzio, poi le chiese: “E se… lo partorissi per me? Lo sai, io non posso averne. Quanto sei avanti?”
“Quasi tre mesi.”
“Se andassimo da mia madre, a Bergamo? Fino al parto. Io lo terrò, tu tornerai da Flavio.”
“Sei pazza! Lui scoprirà tutto!”
Ma quando Ginevra propose il viaggio a Flavio, lui acconsentì subito. “Vai, torna a settembre. Starai meglio lì.”
A Bergamo, la gravidanza proseguì senza problemi. Un giorno, andarono a funghi nel bosco. Quella notte, Ginevra ebbe le doglie. Nacque una bimba fragile, prematura.
“Perché la vuoi? Sarà solo una rogna,” disse Ginevra, rifiutandola.
Lena invece la adottò, lasciò il lavoro e si trasferì definitivamente a Bergamo per crescerla. Ginevra tornò a Milano e tagliò i ponti.
**Quindici anni dopo**
Sotto un tiglio, in una modesta casa di campagna, Lena serviva il tè al marito mentre la figlia, Lucia, sembrava annoiata. Ginevra, nascosta dietro il cancello, li osservava. Poi entrò.
Lena la riconobbe e le presentò la famiglia. Lucia, infastidita, fuggì da un’amica. Ginevra non smetteva di fissarla.
“Perché sei venuta?” chiese Lena, quando restarono sole.
“Voglio mia figlia.”
“È mia figlia. Tu l’hai rifiutata, volevi ucciderla. Io l’ho salvata. Vattene.”
“Non ho più niente,” singhiozzò Ginevra. “Mio figlio maggiore vive in Spagna, il minore è morto in un incidente. Flavio mi ha lasciato. Se non me la dai…”
Lucia rifiutò di seguirla a Milano, ma Lena, dopo averle raccontato tutto al marito, acconsentì a farle visitare la città. Lucia, attratta dalla vita metropolitana, alla fine si trasferì. Ginevra mantenne la promessa: non rivelò mai di essere sua madre.
Dopo la laurea, Lucia sposò e ebbe una bambina, Aurora. Ginevra, che un tempo odiava l’idea della maternità, adorava la nipotina. Lena andava spesso a trovarle. Aurora crebbe tra tre nonne che la riempivano di regali.
La verità, un giorno, sarebbe venuta a galla. Chi l’avrebbe rivelata per prima?
**Lezione che ho imparato:** La vita è un intreccio di scelte e destini. A volte, ciò che rifiutiamo diventa la salvezza di un altro. E talvolta, il cuore trova la sua pace nel perdono.