Caro diario,
Oggi mi torse il cuore a chiedermi quanto sia difficile per mia madre, Maria, prendersi cura della sua nipotina, Ginevra. Tutti i miei amici hanno mamme che, senza problemi, accudiscono i figli quando serve. Per Maria è una cosa impossibile. Mi ripete sempre la stessa frase: È il tuo bambino, io ho già cresciuto il mio. Ginevra ha cinque anni, frequenta la scuola materna di Milano e, da due anni, sono tornata al lavoro dopo il congedo di maternità. Sono insegnante nella scuola primaria e, per le lezioni, non riesco a prendere molte giornate libere. Sarebbe un sollievo se mia madre potesse dare una mano.
In inverno, quando non ho una casa al mare, ho molto tempo libero. Maria passa le giornate a casa, tra la televisione e le telefonate ai suoi amichetti; non ha altri impegni. La scorsa settimana, al controllo oculistico, abbiamo scoperto che Ginevra ha problemi di vista e deve stare dieci giorni in ospedale pediatrico. Ho chiamato Maria per dirle che dovevamo portarla in clinica e la prenderemmo dal nido alle 13, mentre al mattino la porteremmo direttamente allospedale. Tutto è vicino: nido, clinica e casa di Maria.
Ginevra è una bimba educata, e Maria lo sa bene. Non è mai scontrosa, non fa rumore, non combina pasticci e mangia quello che le diamo. Tuttavia, ha una forte avversione verso i bambini. Un giorno ho avuto bisogno di aiuto perché sia io sia Luca, mio marito, dovevamo andare al lavoro contemporaneamente.
Mi sarebbe piaciuto che Maria potesse stare qualche giorno con noi, ma non è in grado. Per fortuna abbiamo la nonna Rosa, che abita accanto a noi e sembra non avere nulla da fare ultimamente; potrebbe prendersi cura di Ginevra mentre noi lavoriamo. Non ci costerebbe nulla, è a due passi, e allevierebbe molto lo stress nostro.
Da quando Maria è in pensione, la aiuto economicamente: le passo dei soldi regolarmente e le pago laffitto due volte al mese. Quando andiamo a fare la spesa, lei paga tutto da sola. Nei giorni di festa le compriamo regali costosi. Tuttavia, lei dà per scontato il mio aiuto, credendo che sia mio dovere perché sono suo figlio. Non capisco perché pensi che debba nutrirla e pagare laffitto per il semplice fatto di essere suo figlio.
Mi chiederei se è giusto che le nonne debbano sentirsi obbligate ad aiutare i figli, e poi lo facciano comunque. Mi fa male vedere il mio impegno non riconosciuto. Ho capito, però, che la gratitudine non è una questione di obbligo, ma di riconoscere il sacrificio reciproco: devo imparare a chiedere aiuto senza sentirsi in colpa e a far capire a mia madre che il suo supporto non è una condizione, ma un dono.
Fine della giornata, una lezione preziosa: lamore familiare non si misura in ruoli imposti, ma in comprensione e rispetto reciproco.






