Per tre giorni, Anna aveva lavato ogni angolo della casa come se non fosse la polvere il nemico, ma il tempo che la separava da suo figlio.

Da tre giorni, Lucia aveva lavato ogni angolo della casa come se non la polvere fosse il nemico, ma il tempo che laveva separata dal figlio. Si era svegliata con la notte ancora addosso, anche se lautobus sarebbe arrivato al paese solo nel pomeriggio. Non avrebbe potuto dormire comunque. Matteo tornava a casa dopo cinque anni passati in Germania. Cinque anni in cui laveva visto solo nelle foto inviate di rado e nelle videochiamate interrotte dalla connessione traballante.

In cucina, limpasto per i panettoni lievitava sotto un panno pulito. Aveva preparato la carne per i cannelloni la sera prima, li aveva arrotolati uno a uno fino a tarda notte. I cannelloni avevano sobbollito a fuoco lento per ore, riempiendo la casa del profumo dellinfanzia di Matteo. Aveva fatto anche una crostata di ricotta, come piaceva a lui da piccolo.

Lucia si guardò ora nello specchio della camera da letto. Si era pettinata con cura, indossava un foulard nuovo, comprato apposta al mercato. Studiò le rughe ai lati degli occhi. I suoi cinquantotto anni avevano lasciato il segno, così come il lavoro nei campi, le cure per la casa e la nostalgia per il suo unico figlio.

“Mi riconoscerà?” si chiese, poi rise della stupidità di quel pensiero. Era sua madre. Ma lui? La Germania lo aveva cambiato? Parlava ancora italiano come prima? Si sarebbe vergognato della vecchia casa, delle strade polverose del paese?

Le vicine erano passate dal cancello tutta la mattina, fingendo di avere da fare, ma in realtà venivano a vedere i preparativi. “Torna il figlio di Lucia,” sussurravano tra loro. “È diventato un gran signore con i tedeschi.”

Solo chi ha cresciuto figli e li ha visti partire sa che ogni giorno dattesa somiglia a una piccola eternità.

Verso lora di pranzo, cominciò ad apparecchiare la tavola nella stanza grande, quella usata solo per le feste. Tovaglia ricamata, posate lucidate, i piatti buoni tirati fuori dalla credenza che restava chiusa il resto dellanno. Al centro della tavola, in un vaso di cristallo, mise fiori freschi del giardino.

Dopo aver finito, uscì in cortile e si sedette sulla panchina sotto il noce. Da lì poteva vedere la strada principale, sentire lautobus quando si sarebbe fermato al centro del paese. Mancavano ancora alcune ore, ma lei era pronta ad aspettare. Il cuore le batteva come a una ragazzina prima del primo appuntamento.

Quanti genitori come lei aspettavano nei paesi dItalia? Quante madri contavano i giorni tra una visita e laltra dei figli lontani? Nessun sacrificio sembrava troppo grande perché suo figlio avesse una vita migliore, ma il prezzo della solitudine a volte era duro da sopportare.

Verso le quattro meno un quarto, sentì il clacson dellautobus in lontananza. Si alzò di nuovo, si lisciò il vestito, si sistemò i capelli. Rimase immobile per qualche istante, come se attingesse forza dalla terra sotto di lei, poi si avviò verso il cancello.

Lautobus si fermò al centro del paese, sollevando una nuvola di polvere. Ne scesero alcune persone: una vecchietta con le buste della spesa, due adolescenti, un uomo di mezza età. Poi, per ultimo, un giovane alto, in un completo blu scuro, con una valigia in una mano e un mazzo di fiori nellaltra.

Lucia si bloccò. Era lui, eppure non lo era. Più alto di come lo ricordava, più snello, con i capelli corti e un portamento elegante che lo faceva sembrare estraneo al paesaggio del paese. Per un attimo, unonda di incertezza la travolse.

Poi luomo nel completo alzò lo sguardo. I suoi occhi si illuminarono, il sorriso gli trasformò il volto. Lasciò cadere la valigia e cominciò a correre verso di lei.

“Mamma!” gridò da lontano.

E allimprovviso, il completo elegante non contava più. Era il suo bambino che correva da scuola, ladolescente che laiutava nellorto, il ragazzo che le aveva promesso di tornare, non importa quanto lontano fosse andato. Nei suoi occhi, Lucia vide la stessa tenerezza, lo stesso amore.

Quando le fu davanti, Matteo si fermò un secondo, come per osservarla, per assicurarsi che fosse davvero lei. Poi la strinse tra le braccia, così forte che quasi le tolse il respiro.

“Mamma,” sussurrò, con il volto nascosto nella sua spalla. “Mia mamma.”

Lucia sentì le lacrime scendere sulle guance. Non riusciva a parlare. Lo teneva stretto, come quando era piccolo e lei aveva paura di perderlo tra la folla. Profumava diverso di dopobarba costoso e di terre lontane, ma era sempre il suo ragazzo.

“Andiamo a casa,” disse alla fine Lucia, asciugandosi le lacrime. “Ti ho aspettato.”

Matteo le porse il mazzo di fiori rose bianche. Prese la valigia e le offrì il braccio. Insieme, si avviarono per la strada del paese, verso la casa che li aspettava con le finestre spalancate e la tavola pronta per il ritorno del figlio.

Mentre camminavano lentamente sulla strada polverosa, Lucia sentiva gli anni di solitudine sciogliersi come neve al sole primaverile. Non importava quanto sarebbe rimasto. Non importava se sarebbe ripartito. Ora era qui, accanto a lei, e in quel momento, il mondo era perfetto.

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Per tre giorni, Anna aveva lavato ogni angolo della casa come se non fosse la polvere il nemico, ma il tempo che la separava da suo figlio.