Perché diavolo sei entrata nel mio laptop?

“Ma che diavolo ci facevi nel mio computer?” — Alessandro si abbatté su Chiara con un’aria che lei non gli aveva mai visto prima.

Chiara era appena tornata da scuola e aveva sentito subito l’odore pesante di alcol nell’ingresso. Dalla camera arrivava il rumore di un forte russare. Chiaro: suo padre era di nuovo ubriaco. Si diresse subito in cucina.

La madre era affaccendata al lavandino a sbucciare patate. Sentendo i passi, si voltò. Chiara notò subito con occhio attento una guancia rossa e gonfia.

“Mamma, andiamocene via da lui. Quanto ancora possiamo sopportare? Potrebbe ucciderti,” disse Chiara con rabbia.

“E dove andremmo? Chi ci vorrebbe? Non abbiamo i soldi per affittare un altro posto. Non preoccuparti, non mi ucciderà. È un codardo. Sa solo alzare le mani su di me.”

La mattina dopo, Chiara si svegliò per degli strani rumori. Si alzò e sbirciò in cucina. Suo padre era in piedi accanto al fornello, con la testa all’indietro mentre beveva direttamente dal beccuccio del bollitore. Chiara fissò ipnotizzata il pomo d’Adamo che si muoveva su e giù, mentre sentiva l’acqua scorrere gorgogliante giù per la sua gola. *Che affoghi, ti prego, che affoghi!* pensò con odio.

Ma suo padre non affogò. Rimise giù il bollitore, emise un soddisfatto “ah” e, con gli occhi rossi e gonfi, la guardò torvo prima di dirigersi in bagno.

Chiara rabbrividì al pensiero che sua madre avrebbe riempito di nuovo il bollitore con l’acqua del rubinetto, senza nemmeno lavarlo dalla saliva e dall’odore di lui. Prese il bollitore e lo strofinò a lungo con la spugna, promettendosi che non avrebbe mai più bevuto da una tazza senza prima averlo pulito e cambiato l’acqua.

Durante le vacanze di Natale, Chiara partì con il suo classe per una gita di tre giorni a Firenze. Al ritorno, trovò sua madre in ospedale.

“È stato lui?” chiese seccamente, vedendo la testa della madre fasciata.

“No, che dici. Sono scivolata, c’era ghiaccio per strada.”

Ma Chiara sapeva che mentiva.

A furia di traumi alla testa, la madre aveva sviluppato l’ipertensione. Sei mesi dopo, ebbe un ictus e morì. Alle esequie, suo padre pianse lacrime da ubriaco, alternando rimpianti per la morte della “carissima Antonella” a insulti per la stessa ragione.

Disse che Chiara era tutta sua madre e la minacciò: se avesse osato lasciarlo, l’avrebbe uccisa. Chiara attese a stento la fine della scuola. Non partecipò nemmeno alla festa di diploma. Il giorno dopo, prese silenziosamente l’attestato in segreteria. Mentre suo padre era al lavoro, raccolse le sue cose e scappò da casa.

Suo padre le dava soldi per la spesa, e Chiara ne metteva da parte una parte. A volte glieli rubava addirittura dalle tasche mentre dormiva. Non erano molti, ma le sarebbero bastati per un po’. Aveva deciso da tempo che avrebbe lasciato quel posto, trovato un lavoro, e studiato da lavoratrice.

Non temeva che suo padre l’avrebbe cercata. Il commissariato e i vicini sapevano di come beveva; non l’avrebbero aiutato. Si trasferì a Milano, affittò un appartamento trascurato ma economico in periferia e trovò lavoro da McDonald’s. Approfittò dei benefici: le aiutarono con il libretto sanitario, i pasti gratuiti…

Si iscrisse a un corso serale in contabilità. Quando al McDonald’s scoprirono che studiava per diventare ragioniera, la misero alla cassa.

I ragazzi cercavano di farle la corte. “All’inizio sono tutti gentili, dolci, poi iniziano a bere o tradirti. Non so cosa sia peggio. Non fidarti delle loro parole, figlia mia. Io ero bella anche io. Tuo padre non beveva quando ci siamo conosciuti. Ci amavamo. E dov’è finito tutto? Che diavolo gli è saltato in testa?” ripeteva spesso sua madre.

Chiara ricordò quelle parole e ignorò le avances. Aveva visto abbastanza della vita dei suoi genitori.

Il giorno dello stipendio, la madre andava al supermercato e comprava il necessario: più pasta possibile, zucchero, riso, scatolame, così da non dover tornare presto. Suo padre spendeva tutto in alcol, ma in casa c’era sempre cibo, anche se monotono. Ora Chiara faceva lo stesso.

Tornava a casa con le borse pesanti che le tiravano le braccia. Un ragazzo le venne incontro, assorto nel cellulare. Chiara sperò che l’avesse vista e l’avrebbe lasciata passare. Invece la urtò.

“Scusa,” disse, tog”Scusa,” disse il ragazzo, alzando gli occhi dallo schermo, e Chiara, per la prima volta dopo tanto tempo, sentì una piccola fiamma di speranza accendersi dentro di lei.

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