Perché dovresti smettere di invitare ospiti a casa tua? La mia esperienza personale

Ricordo, ormai da molti anni, il giorno in cui decisi di non invitare più nessuno a casa nostra. Non è stato per mancanza di denaro avevo una piccola casa con giardino a Firenze, una cucina capiente e bastava mettere qualcosa in tavola. La decisione nasceva da una stanchezza profonda, non da un gesto di avarizia.

Il motivo principale era il tempo che si perdeva a cucinare per gli ospiti e a pulire dopo di loro. So bene cucinare, anzi, è una delle mie doti, ma non mi divertiva trascorrere mezza giornata tra pentole e fornelli. Per i miei figli, Giulia e Pietro, e per mio marito Luca, mi divertivo a inventare nuovi piatti; per gli ospiti, però, dovevo però impiegare tutta la mia energia a far gustare a tutti qualcosa di buono, senza alcuna ricompensa. Quando amici o parenti venivano, non avevo altra scelta se non dedicare ore alla cucina, mentre intorno a me la gente chiacchierava e si rilassava. Naturalmente, gli invitati non si offrivano di aiutare: erano venuti per riposare, non per dare una mano.

Dopo che se ne andavano, mi ritrovavo ancora a sistemare la casa. Non è che lasciassero mozziconi di caramelle sul pavimento o che la dimora diventasse un cumulo di spazzatura, ma lordine svaniva. I mobili venivano spostati, i giochi dei bambini finivano ovunque, la biancheria doveva essere cambiata, e le tovaglie rimanevano macchiate da colazioni improvvisate. Una volta, i piccoli hanno rovesciato una vasi sul davanzale: dovemmo raccogliere la terra, lavare il pavimento e ripiantare il fiore. A volte rompevano chiavistelli o maniglie delle porte.

Questi bambini, che non potevo sorvegliare costantemente, erano lasciati liberi da genitori distratti, intenti a conversare con altri parenti. Così, oltre a cucinare, dovevo anche rimettere a posto ogni cosa che loro avevano spostato o rotto.

Gli ospiti, poi, sono curiosi di scoprire ogni angolo della nostra vita familiare. Quando sapevo che avrebbero fatto visita, non facevo più il bucato, nemmeno la biancheria intima, per non dover nascondere nulla. Cercavo di tenere tutto in armadi chiusi, ma loro insistevano sempre a chiedere di aprirli, a curiosare dentro. Alcuni esaminavano la cucina come se fosse un laboratorio, uninvasione del nostro spazio privato che mi metteva davvero a disagio. La nostra casa è piccola, con pochi mobili, vasi di terracotta e fiori sospesi; gli ospiti non perdevano occasione per strappare un rametto e portarselo via.

Per un certo periodo ho pensato di essere io il problema, di non sapere accogliere gli invitati. Ma, osservando quante volte avevo dovuto cucinare, pulire, sistemare, ho capito che non volevo più sprecare la mia energia in quel ciclo infinito. Preferisco incontrare gli amici per un caffè in una trattoria, fare una passeggiata lungo il fiume Arno e tornare a casa in una dimora pulita e ordinata, dove il silenzio è un rifugio e non un peso.

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