Perché ho accolto mio figlio e mia nuora a casa con me? Ancora non lo so.

Perché ho accettato che mio figlio e mia nuora venissero a vivere con me? Ancora non lo so.

Sono Vera Rossi, abito in un bilocale in una zona residenziale di Firenze. Ho sessantatré anni, sono vedova. La mia pensione è modesta, ma me la cavo. Quando mio figlio Marco si è sposato due anni fa, ero felicissima, come qualsiasi madre. Lui è giovane ha trentun anni, e mia nuora Chiara è un po più giovane. Si sono sposati, hanno fatto una bella festa, ma non avevano dove andare. Non avevano una casa. Mi hanno detto: “Mamma, restiamo da te per un po. A breve metteremo da parte i soldi per lanticipo di un mutuo e poi ce ne andremo.”

Io, come una stupida, mi sono emozionata: pensavo ai nipotini. E li ho fatti restare. Ma ora non so più come uscirne. Perché quel “per un po” sono già diventati due anni, e siamo tutti bloccati, senza più qualità della vita.

Allinizio, cercavo di non intromettermi. Sono giovani, devono abituarsi alla vita da sposati. Non li disturbavo, cucinavo per loro, stiravo, facevo tutto a modo. Poi Chiara è rimasta incinta. Era presto, ho pensato se Dio ha voluto così, un motivo ci sarà. È nato mio nipote, Leonardo. Un amore di bambino. Solo che, con lui, sono finite tutte le nostre risparmi. Lo sanno tutti quanto costa un figlio: pannolini, latte, omogeneizzati tutto caro, e Chiara vuole solo marche costose, tutto fresco, tutto importato.

Io sono disposta ad aiutare. Ma non sono una domestica. Eppure, alla fine, sono diventata tutto in una: tata, cuoca e donna delle pulizie. La giovane mamma è “stanchissima”. Dice che Leonardo non la fa dormire. Allora se ne sta a letto fino a mezzogiorno, attaccata al telefono. Il bimbo nel box. Lei sul divano. La televisione accesa, il pranzo pronto, i pavimenti lavati, il bambino bagnato. E Chiara si lamenta che è “esausta”.

E mio figlio? Marco va al lavoro e torna giù di morale, non apre bocca. Se provo a parlargli, si sfila. Dice: “Mamma, non timmischiare.” E Chiara si comporta come fosse lei la padrona di casa. Io dico una parola, lei ne risponde con tre. E sempre alzando la voce. Poi Marco dice che “opprimo” sua moglie. Opprimo! Io, che gli do tutto!

Non so più cosa fare. Gli dico: “Marco, cercatevi un affare. Sono stanca.” E lui: “Non abbiamo i soldi, mamma.” Ho proposto di cambiare casa: io in un monolocale, loro che mettono da parte per il mutuo e vivono da adulti. Responsabili della loro vita. Io aiuterei con il nipotino solo quando posso. Ma no, mio figlio annuisce, ma tutto resta uguale.

Capisco che sono giovani, è difficile. Ma nemmeno io sono di ferro. Ho la pressione alta, dolori alle articolazioni, insonnia. E se hanno bisogno, corro subito: ospedale, medicine, passo giorni con il nipote. Se dico che sono stanca, mi guardano come se fossi un mostro.

Laltro giorno è successo un casino. Mi sveglio la mattina, sistemo la cucina, preparo la pappa per Leonardo, tutto come al solito. Chiara si alza e fa: “Perché hai fatto sta pappa di nuovo? Ti ho detto che voglio quella in barattolo!” Non ce lho fatta. Le ho detto che sono nonna, non un robot da cucina. Che dovrebbero pensare alla loro famiglia. Lei ha pianto, Marco lha difesa, hanno sbattuto la porta e sono usciti. Dopo unora rientravano come niente. Nemmeno una scusa.

Adesso mi sveglio ogni giorno e penso: perché li ho fatti restare? Perché non ho insistito allinizio? Forse perché sono madre. Perché amo mio figlio. E sempre più spesso mi chiedo lo amo, ma sono esausta. E quando mi siedo a prendere le medicine per la pressione, penso forse è ora di mandarli via? Mi farà male, ma almeno non impazzisco.

E ditemi sono solo io così ingenua? O cè qualcuno della mia età che è caduto nella stessa trappola?

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