Perché mi guardi così? Sì, non desidero figli. Non stiamo bene insieme?

**Era una mattina d’inverno, a Milano.**

*Che mi guardi così? Sì, non voglio figli, per ora. Non stiamo bene noi due soli?* chiese Giulia al marito.

Il primo raggio di sole entrò dalla finestra della cucina, filtrando attraverso le persiane e disegnando strisce di luce e ombra sul pavimento, sul muro, sul tavolo. Poi raggiunse il viso di Marco, ferendo i suoi occhi gonfi e arrossati.

Marco chiuse le palpebre, ma la luce era così forte da penetrare anche attraverso la pelle sottile. Si spostò con la sedia verso l’ombra, lontano da quel sole che sembrava volergli punire l’insonnia.

Come offeso, il sole si nascose dietro il palazzo di fronte, e la cucina tornò buia, grigia. In quel momento, finalmente, il rumore della serratura. Marco trattenne il respiro, ascoltando i passi leggeri nell’ingresso.

*Marco? Non dormi?* chiese la moglie. La voce era incerta, quasi sorpresa.

*Dove sei stata?* domandò lui, con le labbra secche, la gola stretta.

Giulia esitò. Se avesse risposto subito, forse le avrebbe creduto. Ma quel silenzio fu più eloquente di mille parole.

*Ero al bar con Sofia… poi siamo andate a casa sua. Scusami, abbiamo bevuto troppo, mi sono addormentata lì.* Una bugia.

*Perché non mi hai chiamato?*

*Ero ubriaca, te l’ho detto. Non volevo svegliarti.* La voce era calma, quasi convincente.

*Speravi che dormissi e non mi accorgessi che mancavi.* Marco non la guardò.

*Ma che hai? Una sera fuori, una sola! Non posso divertirmi anche io?* La voce di Giulia si alzò, aggressiva.

*Una sola?* Si voltò verso di lei. Giulia abbassò gli occhi.

*Ho sonno, parliamo dopo,* sospirò, pronta ad andarsene. Ma Marco le afferrò il polso e la strattonò verso di sé.

*Ahia! Lasciami!* cercò di divincolarsi.

*Sei stata con lui? Dimmi la verità.* La stringeva più forte.

*Sì! Sì, va bene? Sei contento? Ti odio!* urlò Giulia, liberandosi con uno strappo. Ma il movimento la fece sbattere contro lo stipite della porta.

*Vattene,* disse Marco, calmo.

*Marco, aspetta…*

*Vai da lui, al diavolo! Poi vieni a prendere le tue cose.* Si appoggiò al muro, chiuse gli occhi.

*E io vado. Così non devo più vedere quella tua faccia noiosa!* strillò Giulia dall’ingresso.

Marco afferrò una tazza e la scagliò contro il muro. I cocci volarono ovunque.

La porta sbatté. Il sole tornò a illuminare la cucina, sfiorando la schiena curva di Marco, immobile al tavolo.

Rimase così a lungo. Poi si alzò, fece la doccia, si rasò, bevette un caffè. Era ancora presto, così andò a piedi in ufficio.

Attese tutto il giorno una chiamata di Giulia. Sperava che le avesse mentito, che fosse davvero stata con un’amica. Ma il telefono rimase muto.

All’uscita, il cielo era coperto, una pioggerellina fine bagnava il viso. Camminò verso casa sperando di trovarla là. Invece, solo silenzio.

Raccolse i cocci, prese una bottiglia di grappa dal frigorifero e ne bevve un bicchiere. Lo stomaco si contorse. Si stese sul divano, a faccia in giù, e si addormentò.

***

Si erano sposati tre anni prima. Giulia, vivace e spensierata, lo aveva conquistato con il suo sorriso. Non era bellissima, ma aveva un fascino che attirava gli uomini. All’inizio, tutto era perfetto.

Lei odiava cucinare. A lui andava bene: bastava un caffè e due panini al mattino. A pranzo mangiava in trattoria. La sera, amici a casa, pizza, aperitivi, risate.

Poi, uno dopo l’altro, gli amici ebbero figli. E anche Marco iniziò a parlarne.

*Che mi guardi così? Sì, non voglio figli. Per ora. Non stiamo bene noi due soli?*

Giulia si infastidiva, usciva per ore. Dopo una litigata, Marco entròMa quella sera, mentre il vento sferzava i vetri e il Natale si avvicinava, Marco capì che forse la felicità non stava in ciò che aveva perso, ma in ciò che stava per incontrare.

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