**20 giugno 2024**
«Che diavolo ci fai nel mio portatile?» sbottò Alessandro, alzandosi di scatto davanti a Eleonora. Non laveva mai visto così furioso.
Eleonora era appena tornata da scuola e aveva già sentito nellingresso il pesante odore di alcol. Dalla camera si udiva un russare profondo. Suo padre era di nuovo ubriaco. Senza fermarsi, la ragazza si diresse in cucina.
La cucina era illuminata da una flebile luce gialla. Sua madre, Anna, era china sul lavandino a pelare patate. Sentendo i passi, si voltò. Eleonora notò subito il livido gonfio sulla sua guancia.
«Mamma, andiamocene da qui. Quanto ancora dobbiamo sopportare? Un giorno ti ucciderà» disse Eleonora, la voce carica di rabbia.
«Dove vorresti andare? Non abbiamo soldi per un affitto. Non preoccuparti, non mi ucciderà. È un vigliacco. Prende solo a pugni me.»
Il mattino dopo, Eleonora si svegliò per un rumore strano. Si alzò e sbirciò in cucina. Suo padre, Marco, era in piedi davanti ai fornelli, la testa allindietro, mentre beveva direttamente dalla teiera. La ragazza lo osservò, ipnotizzata, dal pomo dAdamo che si muoveva su e giù. Sentì lacqua scendergli in gola con un suono disgustoso. *Che affoghi, ti prego, Dio, fallo affogare!* pensò, piena di odio.
Ma Marco non affogò. Posò la teiera, soddisfatto, la guardò con occhi rossi e gonfi, e passò oltre verso la toilette.
Eleonora rabbrividì al pensiero che sua madre avrebbe riempito di nuovo quella teiera senza lavarla, lasciandole il sapore del padre. Prese la teiera e la strofinò a lungo con una spugna, giurando a se stessa che non avrebbe mai più bevuto da lì senza prima pulirla.
Durante le vacanze invernali, Eleonora partì per una gita scolastica di tre giorni a Firenze. Al suo ritorno, trovò la madre in ospedale.
«Lui ti ha colpito?» chiese duramente, vedendo la testa bendata di Anna.
«No, piccola. Sono scivolata sul ghiaccio.»
Ma Eleonora sapeva che mentiva.
A causa delle botte frequenti, la madre aveva sviluppato ipertensione. Sei mesi dopo, un ictus la portò via. Marco pianse ai funerali con lacrime di alcol, a volte rimpiangendo la perdita della «sua adorata Anna», altre mordendosi le parole di rabbia.
Diceva che Eleonora era uguale a lei, minacciandola: se avesse provato a lasciarlo, lavrebbe uccisa. La ragazza aspettò con ansia la fine del liceo. Non partecipò al ballo di maturità. Il giorno dopo, ritirò il diploma in segreto. Mentre Marco era al lavoro, raccolse le sue cose e scappò.
Il padre le dava soldi per la spesa, e Eleonora ne metteva da parte un po. A volte glieli rubava direttamente dalle tasche mentre dormiva. Non erano tanti, ma bastavano per un po. Aveva deciso da tempo di lavorare e continuare gli studi da privatista.
Non aveva paura che suo padre la cercasse. Tutti nel quartiere lo conoscevano per le sue abitudini, nessuno lavrebbe aiutato. Si trasferì a Milano, affittò una stanza in periferia e trovò lavoro in un fast food. Le diedero alcuni vantaggi: il certificato medico gratuito, i pasti inclusi…
Si iscrisse a un corso professionale per diventare contabile. Quando lo seppero al lavoro, la misero alla cassa.
I ragazzi cercavano di corteggiarla. «Allinizio sono tutti dolci e premurosi, poi iniziano a bere o a tradire. Non so cosa sia peggio. Non farti ingannare dalle loro parole, figlia mia. Io ero bella, una volta. Tuo padre non beveva quando ci siamo conosciuti. Ci amavamo. Dovè finito tutto?» diceva spesso sua madre.
Eleonora ricordò quelle parole e ignorò i corteggiamenti. Aveva visto comera finita la vita dei suoi genitori.
Anna, il giorno dello stipendio, andava al supermercato e comprava il necessario: pasta, zucchero, cereali, scatolame, per durare a lungo. Marco spendeva tutto in alcol, ma in casa non mancava mai cibo, anche se semplice. Ora Eleonora faceva lo stesso.
Stava tornando a casa con una borsa pesante quando un ragazzo, gli occhi incollati al telefono, le si parò davanti. Sperò che la vedesse, ma lui le sbatté contro.
«Scusa» disse, alzando lo sguardo.
Eleonora voleva rispondere con rabbia, ma vide i suoi occhi sinceri e si sentì imbarazzata.
«Tutto ok, anchio non stavo attenta» rispose, sorridendo.
Il ragazzo si offrì di aiutarla. Esitò, ma gli passò la borsa. Non poteva essere cattivo qualcuno con un sorriso così aperto. Si presentarono. Alessandro la aiutò a portare la spesa, ma Eleonora non gli permise di accompagnarla fino alla porta.
Il giorno dopo, lui si presentò al fast food. Disse che era passato per caso, ma Eleonora sapeva che non era vero. Iniziarono a vedersi.
Alessandro le confessò con onestà che era divorziato, che aveva una bambina che adorava. Aveva lasciato lappartamento allex moglie e ora viveva da un amico. «Mi sono sposato per stupidità. Non avevamo nulla in comune. A volte passavamo giorni senza parlare.»
Parlava spesso della sua bambina, e Eleonora pensò che forse poteva fidarsi di un uomo che amava i bambini. Dopo un mese, Alessandro propose di vivere insieme.
«Prendiamo un posto migliore, più vicino al centro. Sarà più facile insieme.»
Eleonora accettò. Era felice. Avrebbe avuto una famiglia normale. Si trasferirono in un appartamento spazioso, festeggiando con semplicità linizio della loro vita insieme. Non sognava matrimoni o futuri grandiosi, ma Alessandro parlava di figli: ne avrebbero avuti due, un maschio e una femmina. E lei ci credeva.
Alessandro pagò laffitto per due mesi in anticipo. Al terzo mese, con un tono imbarazzato, confessò…
Eleonora guardò unultima volta lappartamento in cui aveva creduto di trovare la felicità, poi chiuse la porta con decisione, sussurrando una promessa al suo bambino che aspettava nellincubatrice: «Staremo bene, piccolo mio. Lontano da tutto questo.»
**Lezione:** La vita a volte ci illude con promesse vuote. Ma la vera forza sta nel riconoscerle e ricominciare, soprattutto per chi dipende da noi.




