Perché sei così presto? chiese Andrea, visibilmente confuso, allungando la mano.
Marina Bianchi girò la chiave nella porta del suo appartamento a Trastevere, entrò e accese la luce del corridoio. La prima cosa che colpì i suoi occhi furono un paio di scarpe rosse da donna, sistemate vicino allo zerbino. Le riconobbe subito: erano le scarpe della sua amica Alessandra Vitale.
Quella mattina, al suo ufficio di Via Torino a Milano, Marina iniziò a sentire un violento mal di stomaco, nausea e una vertigine che la fece barcollare. Negli ultimi giorni aveva notato un leggero malessere, ma lo aveva spazzato via come un capriccio di stagione. Ora, però, il suo corpo le mandava segnali chiari.
Che ti è successo? le rivolse la collega, Anna Russo, con un tono preoccupato.
Mi è venuta una nausea improvvisa e la testa gira, rispose Marina, allentando il collo della camicetta e passando la mano sudata sulla fronte.
Sei forse incinta? incoccò Anna con un sorriso furbo.
No, certo che no! scacciò Marina, scuotendo la testa. Dev’essere qualcosa che ho mangiato, forse non è fresco.
E cosa potresti aver mangiato di non fresco, se sei una fan accanita del cibo sano? scoppiò a ridere Anna.
Marina ci rimase un attimo a pensare. E se fosse davvero incinta? Non poteva essere, ma lidea le tornava in mente, insistente.
Ascolta, Anna, devo fare un test. disse, determinata. Vado in farmacia più tardi.
Si alzò dalla sedia, uscì dallufficio con passi rapidi e si diresse verso la strada, attraversando la città sotto un cielo di piombo. Dopo dieci minuti, Marina era seduta sul water del bagno di una piccola farmacia di Corso Buenos Aires, fissando le due strisce del test di gravidanza.
Era incinta.
Il suo cuore oscillava tra gioia e sconforto. Lei e Andrea non erano ancora pronti a diventare genitori. Forse, pensò, era il destino che bussava alla sua porta. Le idee si mescolavano in un vortice confuso. Decise di chiedere il permesso di andare a casa da sua capo, Irene Ricci, direttrice dellazienda.
Certo, Marina, vai a riposare e a rimetterti, le rispose Irene con un sorriso materno. Domani ti aspetto al lavoro.
Marina non si limitò a tornare a casa: la sua mente correva verso Andrea, che quel giorno era libero. Immaginava la sorpresa sul suo volto quando sarebbe arrivata al portone con la grande notizia.
Quando aprì la porta, la luce del corridoio si accese di nuovo. Le scarpe rosse la colpirono: erano proprio quelle di Alessandra.
Che ci fa Alessandra a casa nostra a questora? si chiese, sbalordita, mentre entrava nel soggiorno.
Il soggiorno era vuoto, ma dalla camera da letto si sentivano voci. Marina, sospettosa, si avvicinò alla porta, la spalancò e si fermò sullo stipite.
Andrea e Alessandra erano immersi in una conversazione animata.
Marina! balbettò Andrea, visibilmente sorpreso. Perché sei così presto?
Alessandra, avvolta in una coperta, lo guardava con occhi spalancati, quasi in lacrime.
Marina sentì un’onda di rabbia esplodere. In un attimo, lanciò oggetti contro il muro, cacciò fuori Andrea e Alessandra, e poi crollò sul letto, piangendo a crepapelle. Le lacrime le bagnavano il viso mentre il silenzio avvolgeva lappartamento.
Il giorno successivo, ancora con gli occhi gonfi, Marina si diresse verso una clinica privata di Via Veneto per prendere una decisione definitiva. In quei cinque giorni aveva già deciso: avrebbe interrotto la gravidanza.
Andrea era comparso una sola volta, per raccogliere le sue cose e annunciare che voleva il divorzio. Scoprì così che, da sei mesi, lui e Alessandra avevano una relazione.
Marina non disse a Andrea della gravidanza. Sapeva che lui non lavrebbe più voluta e non voleva legare il bambino a un traditore. Inoltre, non poteva sostenere un figlio da sola: i genitori vivevano a Firenze, e il suo stipendio non bastava nemmeno per una tata.
Seduta nella sala dattesa della clinica, Marina aspettava il suo turno. Uninfermiera uscì dalla porta e, con voce gentile, chiamò:
Dottor Anton, la signora ha finito!
Marina entrò, trovando di fronte il dottor Anton Rinaldi, un vecchio compagno di classe.
Anton?! esclamò, sorpresa. Non posso credere ai miei occhi!
Anton era stato il suo primo grande amore al liceo. Nel loro undicesimo anno, Marina lo amava segretamente, ma non ebbe mai il coraggio di confessarsi. Alla fine del diploma, lui la invitò a ballare e, al termine della serata, le diede un timido bacio sulla guancia. Il ricordo di quel bacio le faceva ancora battere il cuore.
Dopo il diploma, Anton partì per Bologna per studiare medicina e da allora non si erano più visti. Ora, però, era lì, con luniforme bianca, più maturo e ancora affascinante.
Marina! Che sorpresa! esclamò Anton, avvicinandosi e stringendola in una breve abbraccio.
Quella riunione inaspettata travolse Marina, facendole dimenticare per un attimo i suoi tormenti. Dopo qualche minuto di chiacchiere, Anton si fermò, guardandola seriamente.
Allora, dimmi, perché sei qui? chiese, indicando il tavolo degli esami.
Marina gli raccontò tutto: il tradimento di Andrea, linfedeltà di Alessandra, la gravidanza improvvisa.
E hai deciso di abortire? la fissò Anton con attenzione.
Sì, rispose lei con decisione.
Dopo lesame, Anton le propose:
Che ne dici di andare a bere un cappuccino questa sera? Parliamo un po, non prendere decisioni così importanti da sola.
Marina accettò, desiderosa di ascoltare la voce di quel vecchio amico.
Quella sera, in un piccolo bistrot di Brera, i due chiacchierarono di tutto: dei tempi del liceo, di barzellette, di sogni infranti. Per la prima volta in una settimana, Marina si sentì leggera.
Quando il discorso arrivò alla sua gravidanza, Anton iniziò a persuaderla a tenere il bambino, sostenendo che non era colpa sua se il marito laveva tradita.
Hai dei figli? la interruppe Marina, un po incrinata. Sei sposato?
Era iniziò Anton, abbassando lo sguardo. La mia moglie mi ha lasciato quando ho scoperto di non poter avere figli.
Il silenzio cadde nella stanza. Anton tornò a fissare Marina, e le lacrime le rigavano le guance.
Lo sai, sussurrò, io non potrò mai essere padre, ma se vuoi, sarò qui per te, per questo bambino.
Marina, sopraffatta da unondata di emozioni, rispose:
Forse forse è quello che desidero davvero.
Antoni la prese per mano, la strinse più forte e le diede un bacio. Le lacrime che scendevano sul suo viso erano ora di gioia.
Le notti successive, Marina dormì finalmente serena, come se un peso fosse stato sollevato dal suo cuore.
Il giorno dopo, una campanella suonò alla porta di casa sua. Quando aprì, trovò Anton con una borsa di frutta fresca.
Sono venuto a far visita alla mia paziente disse, arrossendo leggermente. Come hai trovato il mio indirizzo?
È scritto sulla tua cartella clinica! rise Anton.
Allora entra pure! lo invitò Marina, sorridendo.
Seduti alla cucina, sorseggiavano un tè, mentre Anton confidava:
Ti ricordi di quando eravamo al liceo? Io ti amavo, ma avevo paura di dirlo. Alla fine del ballo ti ho dato quel bacio sulla guancia
Oh, quanto mi rimproveravo per aver lasciato che scappasse! rispose Marina, accendendo la passione di un tempo. Io anchio ti amavo, ma ero troppo timida.
Dopo un attimo di silenzio, Anton la guardò negli occhi e disse:
Forse non è tutto perduto. Il destino potrebbe darci una seconda possibilità.
Ma io sono incinta di un altro balbettò Marina, confusa. Perché dovresti volerti prendere cura di un bambino che non è tuo?
Non importa, rispose Anton con un sorriso dolce. Non avrò mai figli miei, ma posso essere papà per te.
Daccordo, mormorò Marina, timida ma felice, sentendo rinascere quel battito adolescenziale.
Anton la avvicinò, la strinse forte e la baciò. Le lacrime che scendevano ora erano di pura felicità, mentre fuori la città di Roma brillava sotto le luci della sera.






