“Scusami, Fiamma, ma d’ora in poi vivrà da voi…”
Fiamma e Dario stavano sistemando il cortile fin dal mattino. Le foglie degli alberi cadevano senza sosta, il terreno era un tappeto dorato, e il silenzio era così pacifico che non veniva voglia di pensare a nulla. Ma all’improvviso, la quiete fu spezzata dal suono di un cellulare. Dario guardò lo schermo e, aggrottando la fronte, disse:
“Mamma… Vediamo cos’è successo stavolta.”
Mise il telefono in vivavoce, e la voce di Bianca risuonò secca e agitata:
“Dario, preparati! Vieni subito da me.”
“Cosa è successo?” si irrigidì Dario.
“Andiamo a prendere Viola con i bambini. Basta, è finita! Suo marito li ha cacciati di casa.”
Fiamma, che era lì accanto con una scopa in mano, impallidì. Viola, la sorella di Dario. Con i bambini. Senza un tetto?
La casa in cui viveva con suo marito era il sogno della sua vita. Spaziosa, con una veranda accogliente, un giardino curato, mobili nuovi – l’avevano costruita insieme, investendo non solo soldi, ma anche l’anima. A Dario l’idea era sembrata folle: vendere l’appartamento, trasferirsi fuori città, ricominciare da zero. Ma Fiamma sapeva convincere. E alla fine, la casa era diventata proprio come l’aveva immaginata.
All’inizio, era tutto meraviglioso. Persino la suocera, che in un primo momento aveva storto il naso, al trasloco aveva ammirato: “Fiamma, sei una meraviglia, questa casa è una favola!”
E poi era iniziato.
Ogni venerdì, puntuale come un orologio, arrivava Bianca, e con lei Viola, suo marito Marco e i loro tre figli. Non erano semplici ospiti – si installavano. Mangiare? A carico di Fiamma. Pulire? Idem. Niente aiuto, niente gratitudine. Quando Fiamma ne parlò con Dario, lui la liquidò: “Ma dai, sono famiglia. Li aiutiamo, no?”
Una volta ebbe persino il coraggio di chiedere a Viola di lavare i piatti. La risposta fu: “Scherzi? Vengo appena dal centro estetico! Mi rovinerò lo smalto.” Fiamma serrò i denti e, in silenzio, li lavò da sola.
Quando Viola arrivò sola, senza marito, Fiamma tirò un sospiro di sollievo. Uno in meno. Ma presto la tranquillità svanì – Viola vagava per la casa come un’ombra, piangeva di notte, sgridava i bambini. Poi Bianca spiegò tutto: Marco aveva chiesto il divorzio. E non solo – li aveva cacciati, sostenendo che l’appartamento era suo e non c’era nulla da dividere.
“Ma io non posso prenderla con me!” si giustificò Bianca. “Ho una vita mia. Sto per risposarmi. Che restino da voi.”
Fiamma si pietrificò. Da loro? Con i bambini? E per quanto?
Dario abbassò lo sguardo:
“Possiamo davvero lasciarli soli? È nostra sorella. Dobbiamo aiutarla.”
Viola si trasferì. E se prima Fiamma almeno nel weekend poteva respirare, ora ogni giorno era un alternarsi tra “asilo e trattoria”. Né Viola né i bambini davano una mano – tutto ricadeva su di lei. E Dario… lui si limitava a irritarsi: “Smettila di lamentarti. Resisti ancora un po’.”
Dopo due mesi, la pazienza di Fiamma si esaurì. Dopo l’ennesimo litigio, fece le valigie e andò da un’amica.
E Bianca chiamò con gelida convinzione:
“Brava. Vattene. Non meriti il nostro nome. La casa, comunque, resterà a Viola. Dario l’ha costruita sulla nostra terra. Qui non ti appartiene nulla.”
Dario capì troppo tardi. Andò da Fiamma di persona. Le disse che aveva cacciato Viola e i bambini, che aveva capito dov’era la sua famiglia. Voleva riportare a casa sua moglie.
Fiamma tornò. Ma non era più la stessa. Più forte. E con una condizione: mai più nessun estraneo nella sua casa.
Bianca li cancellò dalla sua vita. Ma Fiamma non se ne pentì.
A volte, per costruire la propria felicità, bisogna imparare a dire “no” anche a chi si è sempre considerato famiglia.