Persone Comuni: Storie di Vita Quotidiana in Italia

Ciao, senti un po la storia che mi è capitata laltro giorno, così ti racconto come se fossi lì con me.

Stava facendo un caldo primaverile tipico di Roma, quellenergia che senti quando il sole finalmente scioglie la rugiada dei mesi freddi e le strade si riempiono di gente che esce dalle automobili come se fossero fiori appena sbocciati. I marciapiedi della Via del Corso erano pieni di gruppi di donne in vestiti leggeri, in tonalità celeste, verde e bianco, con i foulard che svolazzavano appena sul viso, mentre gli uomini portavano giacche eleganti e scarpe lucide.

Da un minibus è saltata fuori una piccola comitiva di persone, tra cui cerano alcune signore con gli occhi pieni di curiosità, e un uomo, il marito di Ginevra, che correva verso di lei senza nemmeno fermarsi.

Ginevra! Che fai, tesoro? Aspetta un attimo, ti do una mano! gridò Luca, affrettandosi verso la sua moglie.

Ginevra, ancora un po tremante, sussurrò:

Non alzare la voce, Salvatore Pietro è già addormentato. Non vorrei svegliarlo di nuovo. Ho paura

Era la prima volta che Ginevra doveva fare il battesimo del suo piccolo, e il pensiero di spaventare il neonato la faceva agitare.

Appena entrata nella stanza, la pediatra Marina Vittoria, una donna dal sorriso gentile ma dal taglio pratico, le si avvicinò.

Metti il bambino sulla culla, per favore, disse.

Ginevra, con la voce rotta, rispose:

Che che cosa? Non sento…

Marina, senza perdere pazienza, replicò:

Metti il piccolo sulla culla, smettila di dondolarlo come una trottola, altrimenti ti scambierà le ossa! le lanciò un commento che fece ridere tutti.

Luca, orgoglioso, si raddrizzò come se avesse appena vinto una gara.

Guarda che somiglianza ha con me! esclamò, mentre la dottoressa continuava a osservare il bambino, notando il suo nasino paffuto.

Che ne dici di mettere un biberon? suggerì Marina, accarezzando il visetto del piccolo.

No, non vogliamo il ciuccio! intervenne Luca, con un tono deciso.

Marina alzò un sopracciglio, sorpresa, e poi, più dolce:

Va bene, allora avvolgilo bene e portalo in cucina, forse un po di latte lo calmerà.

Ginevra, ormai esausta, passò il bambino a Luca, che lo tenne stretto tra le braccia mentre la dottoressa si avviava verso la cucina.

La cucina era piccola, con una finestra che faceva entrare la luce del pomeriggio e il profumo di caffè appena fatto. Marina sistemò due tazze sul tavolo, poi accese il bollitore.

Hai il latte, il miele? chiese a Ginevra, che annuì.

Ginevra, ricordando le parole della sua amica, disse:

Non so davvero cosa fare, mi sento straripata, ho esami da sostenere, il lavoro, tutto

Marina le mise una mano sulla spalla:

Respira, cara. Hai fatto bene a venire qui, sei una madre responsabile, il bambino è già in buone mani. Prenditi un attimo, bevi il latte, rilassati.

Ginevra, con gli occhi lucidi, ammise:

Sono stanca, voglio solo dormire. Pietro è affamato, i pannolini non gli piacciono bagnati e io non ho più forze

Marina la guardò con compassione:

Hai una famiglia, dei suoceri lontani, ma capisco che è difficile. Hai già fatto tanto, ora concediti una pausa.

Dopo aver finito il latte, Ginevra si sdraiò sul divano, avvolta in una coperta leggera, e quasi subito si addormentò.

Il giorno dopo, indossando un vestito azzurro e dei tacchi comodi, Ginevra si avviò con Pietro in braccio verso la piccola chiesetta di San Giovanni, dove avrebbero celebrato il battesimo. Laria era frizzante, il sole scaldava le strade di Trastevere.

Dai, piccolo, è ora! sussurrò Luca, accarezzandogli la testa.

Il sacerdote li accolse con un sorriso, mentre i parenti si radunavano attorno a loro. Il bambino piangeva un paio di volte, ma poi, guardando le immagini dei santi sul soffitto, aprì gli occhioni azzurri e sembrò meravigliato.

Marina, arrivata poco dopo, osservò la scena e disse a Ginevra:

Che bel ragazzo, è forte e sano.

Luca, con un leggero tono di scherzo, aggiunse:

È proprio un nocciolo!

Dopo la cerimonia, tutti si spostarono nella sala del comune, dove il rinfresco era pronto: caffè, biscotti e una bottiglia di prosecco per brindare.

Nel frattempo, Michele, lingegnere che lavorava alle microverdure, chiacchierava con il suo amico Giovanni, un avvocato, sul futuro della loro generazione.

Oggi i ragazzi vogliono solo lavorare, non pensano a mettere su famiglia diceva Giovanni.

Eppure il nostro Pietro crescerà, troverà la sua strada ribatté Michele, guardando il piccolo che già iniziava a gattonare tra i tavoli.

Più tardi, nella loro casa, Ginevra si ritrovò a pensare a tutti i momenti difficili: i primi esami, le notti insonni, le preoccupazioni per il futuro. Ma sentì anche la voce di Marina nella sua mente:

Non sei sola, il cielo ti protegge, il tuo amore è la forza più grande.

E così, mentre il sole tramontava sopra i tetti di Roma, Ginevra capì che, nonostante tutte le paure, la vita va avanti, piena di piccole gioie e di grandi speranze.

Ti lascio, amico, e ti racconto così perché a volte basta una storia per ricordare che, anche nei momenti più confusi, cè sempre una luce che ci guida. Un abbraccio!

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