Portiamo nostro figlio dai nonni materni, ma la suocera crede di farci un favore

Nel ricordo di quei giorni, sembrava che ogni dettaglio avesse un peso più grande.

Ginevra si affacciò alla finestra del suo appartamento a Brescia, osservando suo marito, Federico, mentre sistemava il seggiolino dell’auto per il loro figlio, il piccolo Matteo, di quattro anni. Il bambino rideva, impaziente di raggiungere i nonni. Ogni fine settimana, lo avrebbero portato dai genitori di Ginevra, affinché potessero godersi il loro nipote. Ma ogni volta che tornavano a casa, Ginevra sentiva un fastidio profondo. Sua madre, Rosalia, credeva sinceramente che badare a Matteo fosse un enorme favorevole per lei e Federico. Quel pensiero la faceva ribollire.

Tutto era iniziato due anni prima, quando Matteo era cresciuto abbastanza da poter passare il weekend con i nonni. Ginevra e Federico avevano pensato che fosse il modo perfetto per farli avvicinare. Rosalia e suo marito, Vincenzo, adoravano il nipote. Lo viziavano con dolci, lo portavano al parco, gli raccontavano storie. Ginevra si commuoveva vedendo la felicità di Matteo. Ricordava quanto avesse amato, da bambina, i momenti con sua nonna, e voleva che anche suo figlio avesse ricordi così caldi. Ma non immaginava che quel gesto d’affetto si sarebbe trasformato in un fraintendimento.

Ogni volta che riprendevano Matteo, Rosalia li accoglieva con l’aria di chi aveva compiuto un sacrificio. «Ecco, vi ho aiutato, adesso potete rilassarvi», diceva, asciugandosi una fronte asciutta. O anche: «Non è facile, ma lo faccio per voi, così potete occuparvi delle vostre cose». Ginevra serrava i pugni, sentendo il sangue salirsi al viso. Avrebbe voluto urlare: «Non ti abbiamo chiesto di farci un favore! Lo portiamo qui perché voi possiate godervi il tempo con lui!». Invece, si limitava a un sorriso forzato e un sommesso: «Grazie, mamma». Anche Federico, di solito pacato, perdeva la pazienza a poco a poco. «Ma davvero pensa che lo lasciamo qui per andare a divertirci? È per loro, non per noi!», sussurrava a Ginevra in macchina.

Non che non apprezzassero il tempo con Matteo. Al contrario, adoravano giocare con lui, costruire torri con i mattoncini, passeggiare lungo l’Adige. Ma vedevano quanto Rosalia desiderasse il nipote, come i suoi occhi brillassero quando Matteo gridava: «Nonna!». Volevano regalarle quella gioia e far sì che il bambino sentisse l’affetto della famiglia. Eppure, ogni volta, le parole della nonna suonavano più stonate. «Sono stanca, ma pazienza, ho fatto del mio meglio», diceva, come se avessero abbandonato il bambino per fuggire in vacanza. Ginevra si sentiva in colpa, senza sapere perché.

La goccia che fece traboccare il vaso arrivò un sabato mattina. Mentre entravano in casa, Rosalia sospirò: «Eccoci, un altro giorno a rincorrerlo. Ma capisco, voi avete le vostre faccende». Ginevra non resistette. «Mamma, non lo portiamo qui perché siamo stanchi! Lo facciamo per voi, perché possiate vederlo, conoscerlo, amarlo! Non è un favore per noi!», scattò, la voce tremante. Silenzio. Rosalia batté le palpebre, confusa, mentre Vincenzo, seduto in poltrona, tossì e si immerse nel giornale. Federico strinse la mano di Ginevra, come per dirle: «Finalmente».

Quella sera, riprendendo Matteo, notarono che Rosalia era più silenziosa del solito. Non si lamentò, non sospirò, si limitò ad abbracciare il nipote e a dire: «Tornate presto». Ginevra sentì sollievo, ma anche un pizzico di rimorso. Forse era stata troppo dura? Federico, però, le sorrise prima di avviare l’auto: «Si abituerà a capire che non glielo scarichiamo, ma che glielo regaliamo». Matteo, sul sedile posteriore, canticchiava, e Ginevra pensò che, per quel sorriso, avrebbe ripetuto la verità altre mille volte.

Ora continuavano a portare Matteo dai nonni, ma con più cautela. Ginevra sperava che sua madre avesse capito: non cercavano una babysitter, ma volevano che suo figlio crescesse circondato da amore. Ma ogni accenno di «favore» da parte di Rosalia riaccendeva in lei la stessa ribellione. Perché la loro famiglia non era un contratto, ma un legame di affetto. E se sua madre non lo avesse compreso, Ginevra sarebbe stata pronta a rivelarglielo ancora. Per Matteo. Per la verità.

Rate article
Add a comment

;-) :| :x :twisted: :smile: :shock: :sad: :roll: :razz: :oops: :o :mrgreen: :lol: :idea: :grin: :evil: :cry: :cool: :arrow: :???: :?: :!:

fifteen + 2 =

Portiamo nostro figlio dai nonni materni, ma la suocera crede di farci un favore