Portiamo nostro figlio dai suoceri per farli trascorrere del tempo con il nipote, ma mia suocera crede di farci un favore.

Giorgia era affacciata alla finestra del suo appartamento a Firenze, mentre osservava Marco sistemare il seggiolino dell’auto per il loro figlio. Il piccolo Matteo, di quattro anni, saltellava entusiasta all’idea di passare il weekend con i nonni. Era ormai un rituale: ogni sabato lo portavano dai genitori di Giorgia, così che potessero godersi il nipote. Ma ogni volta che tornavano a casa, un groppo di frustrazione le serrava il petto. Sua madre, Anna Maria, era convinta di star facendo loro un favore enorme accudendo Matteo. Quell’idea la faceva ribollire, e Giorgia faticava a trattenersi per non esplodere.

Tutto era iniziato due anni prima, quando Matteo era diventato abbastanza grande per passare i weekend con i nonni. Giorgia e Marco avevano pensato che fosse il modo perfetto per farli legare. Anna Maria e suo marito, Enzo, adoravano Matteo: lo riempivano di biscotti, lo portavano al parco, gli leggevano fiabe. Giorgia si commuoveva vedendo il figlio così felice. Lei stessa aveva bei ricordi delle estati dalla nonna in città, e voleva che Matteo avesse la stessa gioia. Ma non immaginava che quell’intenzione si sarebbe trasformata in un malinteso.

Ogni volta che tornavano a prendere Matteo, Anna Maria li accoglieva con l’aria di chi aveva compiuto un sacrificio. «Ecco, vi ho dato una mano, ora potete riposarvi», diceva, asciugandosi una fronte immaginaria. Oppure: «Non è facile, ma lo faccio per voi, così potete occuparvi delle vostre cose.» Giorgia stringeva i pugni, sentendo il sangue pulsarle alle tempie. Avrebbe voluto urlare: «Non ti abbiamo chiesto di fare la babysitter! Lo portiamo perché VOI possiate godervelo!» Ma invece sorrideva e mormorava: «Grazie, mamma.» Anche Marco, solitamente pacato, iniziava a perdere la pazienza. «Davvero crede che lo lasciamo qui per andare a far baldoria?», sussurrava in macchina. «È per loro, non per noi!»

Non che a Giorgia e Marco dispiacesse passare tempo con Matteo. Al contrario, adoravano giocare con lui, costruire torri di Lego, passeggiare lungo l’Arno. Ma vedevano quanto Anna Maria lo desiderasse, come i suoi occhi brillassero quando Matteo correva da lei gridando: «Nonna!» Volevano regalarle quella felicità, e far sentire a Matteo l’amore della famiglia. Ma le parole della madre graffiavano sempre più. «Sono stanca, ma pazienza, ho fatto del mio meglio», diceva, come se le avessero scaricato un peso. Giorgia si sentiva in colpa, senza sapere perché.

Il culmine arrivò il weekend prima. Appena arrivati, Anna Maria aveva sospirato: «Eccomi di nuovo a rincorrerlo tutto il giorno. Ma capisco, voi avete i vostri impegni.» Giorgia non resistette. «Mamma, non lo portiamo perché siamo stanchi! Lo facciamo perché tu e papà possiate stare con lui, perché vi voglia bene! Non è un favore per noi!» Un silenzio pesante calò nella stanza. Anna Maria sbatté le palpebre, confusa, mentre Enzo, seduto sulla poltrona, tossicchiò e si immerse nel giornale. Marco le strinse la mano, come per dirle: «Finalmente.»

Quella sera, riprendendo Matteo, notarono che Anna Maria era più silenziosa del solito. Non si lamentò, non sospirò, ma abbracciò il nipote e disse solo: «Tornate presto.» Giorgia sentì un misto di sollievo e rimorso. Forse era stata troppo dura? Ma Marco, al volante, sorrise: «Si abituerà. Non gli stiamo scaricando un peso, stiamo condividendo una gioia.» Matteo, sul sedile posteriore, canticchiava, e Giorgia pensò che per quel sorriso avrebbe ripetuto tutto mille volte.

Ora continuano a portare Matteo dai nonni, ma con cautela. Giorgia spera che sua madre abbia capito: non cercano una tata, ma vogliono che il loro figlio cresca circondato d’amore. Ma ogni volta che Anna Maria accenna a un “favore”, Giorgia sente ribollire la rabbia. La loro famiglia non è un contratto, è amore. E se la madre non lo capirà, Giorgia è pronta a ricordarglielo. Per Matteo. Per la verità.

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Portiamo nostro figlio dai suoceri per farli trascorrere del tempo con il nipote, ma mia suocera crede di farci un favore.