Prima del matrimonio mi portava in palmo di mano, ma dopo sembrava aver smesso di amarmi.
Quando incontrai per la prima volta Luca, pensai di aver vinto la lotteria. Era l’uomo perfetto, quello che si legge nei romanzi rosa: attento, affettuoso, premuroso. Non si limitava a chiedermi come stavo, viveva la mia vita. Chiamate continue: «Hai mangiato?», «Hai portato la giacca con questo freddo?», «Come ti senti oggi?». Se minacciava pioggia, lo trovavo già all’uscita del lavoro con l’ombrello. Sulla mia scrivania, ogni mattina, c’era un mazzo di fiori, tulipani, rose, margherite. Le colleghe mi invidiavano, io invece sospettavo di sognare.
Mi avvolgeva in una bolla di tenerezza. Passeggiavamo fino a tardi, mano nella mano, ridendo come ragazzini. Poi arrivò la proposta, romantica e tradizionale: in ginocchio, con l’anello, nel ristorante del nostro primo appuntamento. Andò perfino a conoscere i miei genitori a Napoli, per dimostrare serietà. Ero euforica, come se vivessi in un film dove io ero la protagonista.
Ma la favola finì appena usciti dal comune.
All’inizio i cambiamenti furono sottili. Sparirono i messaggi mattutini, le telefonate affettuose. I fiori svanirono, come se non fossero mai esistiti. I baci divennero frettolosi, quasi fosse un obbligo. Prima non staccava gli occhi da me, ora sembrava non accorgersi nemmeno della mia presenza.
E a casa… si chiuse in se stesso. Se prima prendeva a cuore ogni piccola riparazione, ora sospirava: «Chiama l’idraulico, se serve». O peggio: «L’hai voluto tu, arrangiati». Non lavava un piatto, non spazzava il pavimentE io, seduta sul divano con le mani intrecciate, mi chiedevo se fosse davvero lo stesso uomo che un tempo mi aveva promesso il mondo.