Primo Amore: Dolci Ricordi d’Infanzia

**Amore dinfanzia**

Mamma, domani mettimi la maglietta blu allasilo.
Quella blu? Perché proprio quella?
Perché Caterina Ivanova ha detto che mi sta bene, che mi si addice agli occhi!
Ah, se lha detto Caterina, allora certo che te la metto domani.

Alessio, tutto contento, andò a giocare con suo fratello maggiore, Gianluca, che ormai andava a scuola. La sera, la mamma raccontò al papà della maglietta blu e di come valorizzasse gli occhi del piccolo. Il papà rise e gli diede una carezza sulla testa.

Allora, figliolo, Caterina ti piace?
Sì, la sposerò!
Davvero? Prima devi studiare, finire la scuola, e poi pensare al matrimonio.
Uffa, che lunga attesa

Alessio rimase a pensare un momento, poi, con aria risoluta:

Papà, posso sposarla domani?
Domani? E dove vivrete, piccolo mio?
Eh, a casa! rispose il bambino, sorpreso.
A casa di chi? insisté il padre. Di Caterina?
No, papà! gli occhi del piccolo si spalancarono. Lei sta a casa sua e io a casa mia!
No, figliolo, non funziona così. Se la sposi, devi portarla a vivere con te, lavorare per mantenerla, mentre lei va allasilo, poi a scuola, alluniversità
E io? chiese Alessio, con gli occhi pieni di lacrime.
Tu lavorerai per la tua famiglia.

La mamma si accorse del suo turbamento e si avvicinò.

Che succede, perché piangi?
Mamma, voglio sposare Caterina, ma non voglio lavorare adesso! Voglio andare allasilo, studiare e papà ha detto che sniff
Su, non piangere. Quando sarai grande, la sposerai.
Ma nel frattempo qualcun altro se la porterà via!

E chi mai?
Non lo sooo magari Matteo o Riccardo.
Allora non ti serve questa Caterina, se può fartela soffiare così facilmente!

Il mattino dopo, Alessio si avvicinò alla bambina con un vestito rosso di velluto e un fiocco tra i lunghi capelli biondi. Le prese la mano e, con tono solenne, le disse:

Ti sposerò, Ivanova!

Lei lo fissò per un attimo, poi scosse la testa.

No!

Alessio le si parò davanti, battendo il piedino.

Ho detto che ti sposo! Non subito, va bene, Caterina? la guardò negli occhi, stringendole la mano. Più tardi, daccordo?

Perché non subito? chiese lei, incuriosita. Matteo e Giulia si sono sposati ieri.
Loro fingono! Noi lo faremo per davvero.
Va bene! annuì Caterina, e insieme, mano nella mano, corsero a giocare.

A scuola, Alessio chiese allinsegnante di sedersi accanto a Caterina. Lei rifiutò e mise la bambina con un altro alunno. Ma lui, ostinato, si sedette comunque al suo fianco.

La sposerò quando sarò grande.

I compagni scoppiarono a ridere. Tili-tili-telo, sposo e sposa!

Basta! sgridò la maestra. Come ti chiami?
Alessio.
Alessio, sei troppo piccolo per queste cose. Torna al tuo posto.
No! Caterina, diglielo tu che ci sposeremo!

Lei sorrise timidamente.

E tu, signorina, che rispondi? chiese la maestra.
Ci sposeremo davvero, quando saremo grandi. Non come Matteo e Giulia, che lo fanno per gioco.

La maestra li osservò pensierosa, poi annuì. Va bene, restate insieme.

Caterina era la regina del suo cuore. Le portava lo zaino, la proteggeva dai cani, dai bulli, perfino dalle maestre. Una volta, quando cadde e si sbucciò il ginocchio, lui la trascinò fino allinfermeria.

Al liceo, le confessò il suo amore, sul serio. E Caterina? Lei sorrise e se ne andò, a testa alta.

Ti sposerò lo stesso, Ivanova! le gridò dietro. Hai sentito?

Poi arrivò Marco, il pugile che studiava meccanica allistituto professionale e girava con la sua Fiat. Quanti lividi prese Alessio, ma non si arrese mai.

Un giorno, mentre tornava a casa, vide tre ragazzi appoggiati al muro. Capì che lo aspettavano.

Ehi, ragazzino uno si staccò con fare indolente. Vieni qui.
Se hai qualcosa da dirmi, vieni tu.
Che coraggio.
Non sono un ragazzino, ho un nome.
Senti bene: lascia perdere la ragazza. È della nostra compagnia.
E il tuo amico dovè? Ha paura di dirmelo di persona? Digli che se non la lascia in pace Alessio sottolineò le parole gliene pentirà.

Si girò e si allontanò, sentendo il loro odio addosso. Sapeva che potevano attaccarlo da un momento allaltro.

E un giorno lo fecero. Lo aggredirono alle spalle. Le forze erano impari, ma poi sentì un urlo.

Era Caterina. Correva con una stecca di legno piena di chiodi, urlando come una pazza, e si scagliò contro di loro, colpendoli a destra e a sinistra. Intanto arrivarono Gianluca e il suo amico, chiamati da Lucia, lamica di Caterina.

Quella sera, dopo essersi lavati alla fontanella, Lucia portò il disinfettante e lo spalmò generosamente sui ragazzi. Risevano tutti, anche se ad Alessio faceva male.

Quando accompagnarono Caterina a casa, lei si girò davanti al portone.

Ti fa male?
No scosse la testa. Niente di che.

Si alzò in punta di piedi e lo baciò. I ragazzi fingevano di non guardare.

Scusami
Tu? Per cosa? Sei la mia eroina. Con quella stecca li hai messi in fuga! Ora ho paura di te, Ivanova. Io che volevo sposarti, e tu combatti come Bruce Lee
Ma va rise Caterina.

Poi arrivò la partenza per il servizio militare. Caterina non fece scenate, non si aggrappò a lui. Stettero semplicemente vicini.

Ricordati, tornerò e ti sposerò, capito?
Sì per la prima volta, dallasilo, disse di sì. Alessio arrossì. Ho una domanda.
Dimmi!
Mi ami? sussurrò, nascondendo il viso tra le mani.
Caterina, sei scema? Non lhai ancora capito? Ho sempre voluto sposarti, ovviamente ti amo, stupida.

E iniziarono le lettere, avanti e indietro, piene di quel piccolo segreto: “ti amo”.

Poi le lettere smisero di arrivare. Genitori e Caterina aspettavano invano. In TV mostravano ragazzi sporchi, stracciati, ma vivi e sorridenti. Che combattevano contro il male.

Poi ne arrivarono tre insieme: ai genitori, a Caterina e a Gianluca. Ai primi due scrisse storie allegre, di missioni al nord, di pinguini visti chissà dove. Ridevano e piangevano insieme.

Quella sera, Caterina lesse la lettera ai suoi. Tutti ridevano.

Caterina chiese il fratellino. Ma Alessio è in America?
Ma che dici? rise la mamma. È nellesercito!

Più tardi

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