Promesse vuote: i vantaggi della nuova casa del nostro figlio erano solo favole

Nelle parole dei parenti della sposa, tutto era promessa e magnificenza: nostro figlio avrebbe vissuto in un palazzo. Ma le loro promesse si rivelarono menzogne.

In un piccolo paese vicino a Napoli, dove la brezza marina portava il profumo della libertà, la mia vita, a 58 anni, era oscurata dalla delusione verso coloro che avevo creduto famiglia. Mi chiamo Rosa Lombardi, sono la moglie di Antonio Rossi e madre del nostro unico figlio, Matteo. Al fidanzamento della sua promessa sposa, Giulia, i suoi genitori promisero montagne d’oro: “Vostro figlio vivrà in una reggia, faremo di tutto per aiutarlo.” Ma le loro parole erano vuote, e il loro aiuto si trasformò in scherno e umiliazione. Ora mi trovo davanti a una scelta: tacere per amore di mio figlio o combattere per la giustizia.

### Il figlio per il quale abbiamo vissuto

Matteo era il nostro orgoglio. Io, insieme a suo padre Antonio, lo crescemmo in un paesino, in una casa modesta dove ogni centesimo contava. Divenne un ragazzo intelligente, lavoratore, si laureò e ora lavorava come ingegnere a Napoli. A trent’anni incontrò Giulia, una ragazza di città, e se ne innamorò. Eravamo felici per lui, anche se la sua famiglia ci sembrò subito diversa: cittadina, piena di ambizioni. Alla presentazione, i suoi genitori, Marco De Luca e Sofia Bianchi, decantarono il loro appartamento, le loro conoscenze, le possibilità: “Matteo è fortunato, vivrà in una reggia, non preoccupatevi, lo aiuteremo.” E noi credemmo.

Giulia sembrava dolce: sorridente, educata, laureata. Pensammo sarebbe stata una brava moglie per nostro figlio. Il matrimonio fu sfarzoso, io e Antonio spendemmo tutti i nostri risparmi, persino ci indebitammo per non sfigurare. I parenti promisero: “Anche noi contribuiremo, sosterranno la giovane coppia.” Ma dopo le nozze, il loro “aiuto” divenne un incubo che distrusse ogni fiducia.

### La menzogna svelata

Matteo e Giulia si trasferirono nell’appartamento dei loro genitori, quello che chiamavano “una reggia”. Credevamo fosse uno spazio ampio, confortevole. Invece era un vecchio trilocale dove vivevano già i suoceri, la figlia minore con marito e figlio, e ora anche Matteo con Giulia. Sette persone ammassate, con un solo bagno e una cucina! Matteo dormiva con Giulia in una stanza minuscola, le loro cose accatastate in un angolo. Quale reggia? Era una casa sovraffollata, non un nido per giovani sposi.

I parenti non solo non aiutarono, come promesso, ma iniziarono ad approfittarsi di Matteo. Marco De Luca pretendeva che riparasse la loro auto, li accompagnasse in campagna, aiutasse con i lavori di casa. Sofia Bianchi obbligava Giulia e Matteo a pagare le bollette di tutti, anche se faticavano ad arrivare a fine mese. “Vivete nella nostra casa, siate grati”, dicevano. Matteo, il nostro buon figlio, taceva per evitare litigi, ma lo vedevo sfinito.

Il peggio era il modo in cui ci trattavano. Quando andavamo a trovarli, ci guardavano dall’alto in basso. “Siete di paese, non capite la vita di città”, sbottò una volta Sofia. Ridevano del nostro accento, dei nostri abiti, perfino delle conserve che portavamo. La loro figlia minore, Lucia, ci chiamava apertamente “campagnoli”. Io sopportavo per Matteo, ma le loro risate erano come un coltello nel cuore.

### Il dolore per mio figlio

Matteo era cambiato. Era diventato taciturno, stanco. Mi raccontava che Giulia litigava spesso con lui per colpa dei genitori, ma mi chiedeva di non intromettermi. “Mamma, ci penso io”, diceva, ma vedevo che affondava. Loro volevano affittare una casa, ma i suoceri li frenavano: “Dove andreste? Non avete niente.” Io e Antonio eravamo pronti ad aiutarli, ma i nostri risparmi erano finiti nel matrimonio, e la pensione bastava a malapena per noi. Mi sentivo impotente, vedendo mio figlio sfruttato.

Provai a parlare con Giulia. “I tuoi genitori promisero aiuto, ma vi complicano la vita”, dissi. Lei annuì, ma rispose: “Sono così, non posso cambiarli.” La sua debolezza mi deluse. Pensavo sarebbe stata al fianco di Matteo, invece lasciava che i suoi genitori li manipolassero. Antonio, mio marito, si arrabbiava: “Rosa, non dovevamo credere alle loro favole.” Ma come potevamo sapere che mentivano?

### Cosa fare?

Non so come aiutare mio figlio. Parlare con i parenti? Ma non ci ascoltano, ci considerano inferiori. Convincere Matteo ad andarsene? Lui ama Giulia e vuole evitare litigi. O tacere, per non distruggere la sua famiglia? Ma ogni giorno che passa in quell’inferno, il mio cuore si spezza. Le amiche mi dicono: “Portalo a casa tua, che ricominci da zero.” Ma è adulto, e non posso decidere per lui.

A 58 anni, vorrei vedere Matteo felice, in una casa sua, con una moglie che lo sostenga. Ma con i loro inganni, i suoceri lo hanno intrappolato, e i loro scherni ci umiliano. Mi sento tradita, ma soprattutto ho paura per mio figlio. Come difenderlo senza perderlo? Come far pagare ai suoceri le loro bugie?

### Il mio grido per la giustizia

Questa storia è il mio grido per il diritto alla verità. Marco De Luca e Sofia Bianchi, forse, non volevano male, ma le loro menzogne e arroganza stanno rovinando la vita di mio figlio. Matteo ama Giulia, ma il suo silenzio lo rende prigioniero della sua famiglia. Voglio che mio figlio viva in un mondo dove lo rispettino, dove la sua casa sia un rifugio, non una gabbia. Sarà una battaglia dura, ma troverò il modo di proteggerlo.

Io sono Rosa Lombardi, e non permetterò che i suoceri facciano di mio figlio un giocattolo. Anche se dovessi dirgli in faccia la verità.

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