Pronto a Perdonare e Riaccogliere – Non Aspetterà!

Ricordo ancora, con la malinconia di chi guarda indietro, le parole che una volta si potevano dire solo a voce alta: Se pensi che correrò dietro a te, sappi che ne ho un’intera fila di simili. E poi, Vai pure a comprare il tuo mazzo, lascami in pace. A chi servi davvero?

Cera un detto che diceva: Chi è sobrio ha la testa a posto. Ma Ginevra, cresciuta in un quartiere di periferia dove lalcol scorreva come lacqua, avrebbe riscritto quel proverbio in una versione tutta sua: Chi è sobrio ha la testa a posto, chi è ubriaco ha le mani in pasta. Perché, quando la bottiglia scorre, le parole escono così come i fatti, spesso in maniera diversa da quella che ci si aspetta.

Il padre di Ginevra era un uomo onesto, che non nascondeva nulla alla famiglia, non alzava la voce e non si arrabbiava. Anche quando beveva lo faceva con calma, quasi a voler dipingere un quadro di serenità: il suo alcol sembrava dissolvere ogni barriera interiore, così da farlo apparire più vero, più sé stesso, non perdere la propria identità.

Quando il padre si ritirava per qualche settimana nella sua casa di campagna, partiva sempre con una cassa di vino rosso, e per tutta la settimana sembrava vivere in un ciclo di sveglia sbadiglia addormentati. Al ritorno, però, tutto riprendeva come se nulla fosse accaduto, e la vita familiare continuava il suo tranquillo fluire.

Dallaltro lato del palazzo, la signora Rosa aveva un marito che, al punto da essere quasi unombra, correva di qua e di là nella casa facendo rumore. Spesso la sua vicina, una madre con due bambini, si rifugiava da Ginevra chiedendo conforto, lagnandosi del fatto che il marito di Rosa, al contrario, fosse calmo e pacato. Ginevra sapeva, però, che la madre aveva un altro corteggiatore prima del padre, ma laveva lasciato per i suoi comportamenti sotto effetto.

La vecchia Ginevra le diceva sempre: Se un uomo si ubriaca, non è che sia suo difetto; ormai tutti o si ubriacano, o giocano, o sono dipendenti da qualche altra cosa. E, soprattutto, se sotto leffetto dellalcol fa qualcosa di sbagliato, bisogna chiudere subito il capitolo senza secondi inviti o promesse di cambiamento.

Così Ginevra non dava seconde possibilità. Intorno a lei si era già formata la reputazione di una donna che non tollera lalcolismo. Il fatto che, una volta ogni tanto, si concedesse un bicchiere di vino per celebrare unoccasione, veniva ignorato dai pettegoli e nemmeno preso in considerazione. Meglio non bere vicino a lei, sembrava la regola non scritta. Forse è per questo che il terzo fidanzato di Ginevra, dopo aver rotto con gli altri per le loro avventure ubriache, dichiarò di non bere affatto.

Da una parte questo era un sollievo: Ginevra, che fin da bambina aveva osservato ogni sfumatura della bevuta, poteva guardare al futuro con più chiarezza. Dallaltra, rimaneva il timore che il nuovo compagno potesse nascondere altri difetti. Ma, come diceva la gente di quei tempi, si poteva sempre valutare la convivenza prima di prendere decisioni irrevocabili.

Ginevra lo fece. Scoprì che Nicola, il nuovo amato, era davvero più moderato, sebbene la gente avesse sempre unultima dritta per ricordare che meglio aver bevuto. Lavventura iniziò con una festa per festeggiare la fine di un periodo desami. Ginevra stava concludendo il suo ultimo anno di università a Roma; Lorenzo, laureato un anno prima, aveva una rete di amici tra i compagni di corso, così entrò nella cerchia.

Dove cerano studenti, cerano brindisi, stuzzichini e lidea di giocare a verità o penitenza. Un compagno la spinse a cantare al karaoke, ricordandole tutte le volte in cui si era rifiutata di salire sul palco. Cari, vi ho sempre voluto bene, ma ora è tempo di farvi provare qualcosa di nuovo, pensò Ginevra tra sé e sé, mentre prendeva il microfono. Il canto durò un verso, finché il compagno non glielo strappò via: È colpa tua, ora canta!.

Nel frattempo, unaltra compagna, Martina, propose di scambiare gli appunti, ma la più diligente Katerina, stanca, tornò nella sua stanza a studiare. Qualcuno ballava, altri chiacchieravano, e latmosfera si trasformò in qualcosa di imprevedibile. Il momento più strano fu quando Lorenzo, ancora sobriamente lucido, fu spinto da Marina, amica di Masha, a baciare la ragazza. Lorenzo, con un sorriso furbo, avvicinò le labbra a Masha, e il loro bacio si prolungò finché la giovane non rispose. Ginevra, stupita, guardava lintera scena come se fosse una sorta di molla che si era rotta: in un attimo una bottiglia di soda, dolce e frizzante, si rovesciò sui due, e Ginevra, con una parolaccia, scappò dalla stanza verso la strada.

Il freddo pungente della notte le colpì il volto, e per un attimo sentì le lacrime pronte a scendere come quelle di un bambino ferito. Pensavo fosse la mia occasione, la mia felicità, pensò, ma Lorenzo, ancora confuso, gridò: Ginevra, aspetta!. Un taxi si fermò accanto a lei, e, salendo sul sedile posteriore, disse lindirizzo di casa dei genitori, felice di aver afferrato la sua borsa, il portafoglio e la carta didentità.

Sua madre, vedendo il volto di Ginevra, capì subito che qualcosa era andato storto. Senza interrogare, le versò una tazza di tè caldo e rimase accanto a lei finché la ragazza non finì di bere. Tutto si sistemerà, diceva, come se la vita fosse una farina da macinare, pronta a diventare pane. Quante volte Ginevra avrebbe potuto sentire quelle parole, forse abbastanza da fare una pagnotta per tutta la vita.

Mamma, torno a casa. Domani prenderò le cose da quel appartamento e mi trasferirò. Perché chiedi permesso? La tua casa è lì, nessuno ti ha cacciata via. Il ritorno era sempre possibile, la stanza era libera, i mobili al loro posto, e nessuno dei genitori aveva difficoltà a gestire le proprie faccende.

Forse, se la madre avesse spinto Ginevra fuori con un Vai a vivere da sola, non tornare più, allora sarebbe tornata da Nicola e avrebbe cercato di dimenticare. Ma ora, con il sostegno silenzioso dei genitori, Ginevra si sentiva al sicuro, pronta a non accettare più comportamenti che la ferivano.

Quando Nicola aprì la porta e la vide entrare, la prima frase fu: Dove sei stata tutta la notte?. Non è più affare tuo, rispose Ginevra, chiudendo la porta alle sue parole, e si diresse verso la camera dove iniziò a sistemare i suoi vestiti in una grande valigia a scacchi. Ne bastano due per il viaggio, poi prendo un taxi e dimentico questi rapporti come un brutto sogno.

Ehi, vuoi sparire così? Non vuoi nemmeno dire addio?. Non sto tradendo, ma tu mi hai visto baciare unaltra compagna in classe, così. È solo un bacio, un compito, non è tradimento. Se mi fosse stato chiesto di sedermi sulle ginocchia di qualcuno o di ballare in poca pelle, forse avrei accettato; ma non è così. Non esagerare, non ci sono compiti del genere. Quello che ho dovuto fare lho fatto.

Ginevra, esasperata, rispose con la stessa durezza: Corri pure dietro a me? Ho un mazzo di persone come te su un piatto. Compra il tuo mazzo e lasciami. A chi servii?. Eppure, come si scoprì, la sua risposta fu più importante di quanto avesse immaginato: era ancora necessaria, perché trovò un nuovo amore sei mesi dopo, un uomo davvero equilibrato, sebbene la fortuna fosse un po capricciosa.

Lorenzo, invece, ancora incontrandola per caso per le strade di Roma, cercava di convincerla che tutto era frutto della sua immaginazione, che le relazioni stavano per fallire per colpa sua. Diceva di volerla perdonare e riaccogliere, ma Ginevra sapeva di aver scelto la via più giusta allontanandosi da chi non la rispettava. In fin dei conti, chi soffre davvero è chi, come Lorenzo, continua a baciare altre persone, credendo che la colpa sia sempre dellaltra. Ginevra, alla fine, aveva fatto ciò che doveva: allontanarsi da chi non valeva più.

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