Roma. Una sera d’autunno. Un vento umido, occhi stanchi e un cuore ancora più affaticato. Giulia rientrò a casa dopo dieci ore trascorse nella sala vendite di un supermercato. In testa le ronzava un solo pensiero:
— Magari Daniele avesse almeno fritto un po’ di patate…
L’appartamento la accolse con il profumo di qualcosa di buono. Giulia si tolse il cappotto, lasciò gli stivali ed entrò in cucina: sul tavolo c’erano piatti colmi di purè fumante e pollo arrosto. Accanto, posate, sale, pane e la teiera. Daniele annuì in silenzio verso la sedia:
— Siediti.
— Oh, oggi è una festa speciale? — sorrise lei, con sforzo. — Questa è una novità.
— Un piatto normalissimo — si strinse nelle spalle. — Ma devo parlarti.
Mangiarono in silenzio. Il pollo era tenero, il purè ben calibrato. Giulia mise sul fuoco l’acqua per il tè ai fiori di tiglio. Si sedette di fronte al marito.
— Allora, parla. Vedo che qualcosa ti rode.
Daniele guardò a lungo fuori dalla finestra. Poi posò gli occhi su di lei.
— Sabato i nonni festeggiano le nozze d’oro. Siamo invitati.
— Ah, quelli che ci regalarono cinquemila euro per il matrimonio? E come ci andiamo? Visto che stavamo pensando di divorziare.
— Andiamoci, così, senza pensarci troppo. Sono anziani, saranno felici. Siamo ancora marito e moglie, ufficialmente.
Giulia lo scrutò con dubbio. Non aveva energie. Né per litigare, né per fare pace.
— Va bene, andiamo. Magari sarà l’ultima volta che usciamo insieme.
Viaggiarono sull’auto di papà di Daniele. Lui e suo padre davanti. Giulia e la suocera dietro. Silenzio.
— Vi siete litigati? — sussurrò la suocera.
— No — rispose Giulia, con un sorriso forzato.
— Guarda che anelli gli abbiamo regalato per l’anniversario. D’oro, bellissimi.
— Bellissimi — annuì lei.
— Vivete in armonia. Tra cinquant’anni i vostri figli ve ne regaleranno di simili.
Giulia abbassò lo sguardo. Cinquant’anni? Sembrava un’eternità…
La festa fu allegra: giovani, adulti, anziani. Una montagna di cibo, risate, brindisi. Ma Giulia se ne stava lontana dal marito. Le donne della famiglia di Daniele la coinvolsero subito nei preparativi per l’intrattenimento. Avevano poco più di trent’anni, come lei. Discutevano, prendevano in giro i mariti, ma… si vedeva che li amavano.
Giulia si sorprese a chiedersi:
— Ma io lo amo ancora? E lui, ama me?
Forse una volta sì. Ma ora… La casa era spenta. I soldi, mai abbastanza. Non poteva permettersi un cappotto nuovo da tre anni. Figli? Lui non ne parlava nemmeno. Trovare un lavoro decente era una lotta. Eppure, un tempo, era stato il suo sogno…
La festa finì tardi. Gli ospiti tornarono alle loro case. La nonna Rosa si avvicinò ai due giovani:
— Rimanete qui. Dormite. E aiutateci a rassettare un po’.
Giulia e Daniele iniziarono a sparecchiare in silenzio. Lavorarono all’unisono, senza parole. Dopo due ore, la casa era di nuovo in ordine.
La nonna preparò il tè.
— Be’, Michele, eccoci qui, cinquant’anni insieme — sorrise al nonno.
— E quante volte per un pelo non ci siamo lasciati — borbottò lui. — Siamo arrivati fino all’ufficio del comune.
— Ma poi siamo tornati indietro.
— Ero senza lavoro, senza soldi — ricordò il nonno.
— E ti sei dimenticato di come tutti mi guardavano? Mi chiamavano principessa. E tu brillavi come una lampadina.
— Eh sì… Principessa — sbuffò, ma i suoi occhi brillavano di tenerezza.
Giulia li osservava, e qualcosa dentro di lei si strinse. Litigavano, si interrompevano, ma… si amavano. Davvero.
— Anche noi eravamo così — pensò. — Giovani, pieni di fuoco, pieni di rancore. Certi di avere ragione. E ora ridono di ciò che quasi li ha divisi.
La nonna Rosa tirò fuori una busta dalla tasca:
— Ecco, compratevi qualcosa. Per l’autunno. E non discutete. Io e nonno non moriamo di fame.
Giulia voleva rifiutare, ma Daniele la prese.
— Grazie, nonna.
— Ora, andate a riposare. La stanza è pronta.
La stanza era familiare — qui Daniele aveva passato l’infanzia. Solo che ora il letto era per due. Si coricarono. Silenzio.
— Giulia… — sussurrò lui.
Lei si strinse a lui. Una spalla calda, familiare. Non ricchezza. Non pellicce. Solo lui.
Daniele si addormentò. Giulia fissò il soffitto.
— È meglio che non ci siamo lasciati. Domani mi comprerò un cappotto. Poi, forse… un bambino. E un domani, chissà, i nipoti. E tra quarantanove anni… anelli d’oro. Uguali a questi.
Sorrise. Per la prima volta da molto tempo. E si addormentò. Tranquilla. Accanto a lui.