«Giovanni, un battesimo al ristorante? Ma poi dobbiamo anche comprare un regalo! Andiamo il giorno dopo a fare gli auguri alla nipotina a casa, senza tante storie», dissi a mio marito quando seppi che nostra figlia organizzava un battesimo sfarzoso per la sua bimba. Questa è la storia di come io e Giovanni cercammo di capire come celebrare al meglio il battesimo della nipotina, e perché diventò motivo di tante discussioni.
**L’invito al battesimo**
Nostra figlia, Beatrice, aveva partorito sei mesi prima. La nipotina, Angelica, era la prima della famiglia, e io e Giovanni la adoravamo. Quando Beatrice annunciò il battesimo, fui felice: un evento importante, e volevo che si svolgesse secondo tradizione. Ma poi mi spiegò che non sarebbe stato solo in chiesa con un tè a casa, bensì in un ristorante, con tanti invitati, un presentatore e persino un fotografo. «Beatrice, ma perché tutto questo sfarzo? È un battesimo, non un matrimonio!»
Lei rispose che voleva fare le cose in grande, per renderlo indimenticabile. Suo marito, Matteo, la sostenne: era il loro primo figlio, e volevano festeggiare in modo speciale. Non discutemmo, ma dentro di me non ero tranquilla. Io e Giovanni siamo persone semplici, abbiamo sempre vissuto con modestia, e certe spese ci sembravano eccessive.
**La questione del regalo**
La difficoltà maggiore sorse quando pensai al regalo. Di solito si dona qualcosa di significativo: una croce, un’icona, soldi per il futuro della bambina. Ma Beatrice fece capire che al ristorante ci sarebbero stati altri ospiti, e «presentarsi a mani vuote non sarebbe stato educato». «Quindi dobbiamo mettere i soldi in una busta?» chiesi. Lei rispose evasiva: «Fate come vi pare, ma tutti portano qualcosa». Feci due conti: venti euro in busta erano pochi, e di più non potevamo permetterci.
Giovanni propose di non andare affatto al ristorante. «Andiamo il giorno dopo, facciamo gli auguri ad Angelica a casa, con un regalo sincero», disse. Ero d’accordo: sarebbe stato più intimo, senza preoccuparci della busta. Decidemmo di comprare una croce d’argento e una Bibbia per bambini—un dono simbolico e sentito.
**Il confronto con Beatrice**
Quando le parlai della nostra idea, si offese. «Mamma, cioè non venite al battesimo? È un giorno importante per Angelica, e voi vi tirate indietro!» Provai a spiegare che non volevamo rinunciare al battesimo, solo evitare lo «sfarzo da ristorante». Ma lei lo prese come un affronto personale. «Tutti i nonni ci saranno, e voi non volete far parte della famiglia?» Quelle parole mi ferirono. Certo che volevamo esserci, ma perché doveva essere per forza in un ristorante?
Giovanni fu irremovibile: «Se vogliono buttare soldi, è un problema loro, noi preferiamo stare con la nipotina a casa». Ma vedendo Beatrice così turbata, iniziai a dubitare. Forse eravamo davvero troppo antiquati? Forse avremmo dovuto accettare e andare, anche se non ci convinceva?
**La soluzione**
Alla fine trovammo un compromesso. Io e Giovanni partecipammo al rito in chiesa, un momento commovente e genuino. Angelica, nel suo vestitino bianco, sembrava un angioletto. Al banchetto non andammo, ma il giorno dopo ci recammo a casa di Beatrice e Matteo. Regalammo la croce e la Bibbia, passammo del tempo con Angelica e bevemmo un caffè. All’inizio Beatrice era ancora un po’ risentita, ma si ammorbidì quando vide la piccola avvicinarsi a noi.
Capii che ognuno ha le proprie tradizioni. Per Beatrice contava organizzare una festa, per noi bastava stare con la nipotina. Ma rimase un dubbio: d’ora in poi, ogni occasione familiare sarebbe stata così—con buste e obblighi?
Se vi è capitato qualcosa di simile, ditemi come avete reagito. Come si trova un equilibrio tra i propri principi e i desideri dei figli? O forse io e Giovanni esageriamo con la nostra “semplicità”? Raccontatemi, ho bisogno di consigli.