Luca si avvicinò con la macchina al vecchio palazzo di cinque piani e parcheggiò in modo che la targa non fosse troppo visibile. Guardò con aria cupa i balconi scrostati e senza vetri, le finestre spente. I doppi vetri nuovi sembravano toppe rattoppate male. Insomma, quel palazzo sembrava un barbone — vestito con quel che aveva trovato nella spazzatura.
Perso tra alberi rachitici e altri edifici, quel palazzo aveva visto passare governi e ideologie, sopravvivendo a tutto, mentre i suoi abitanti invecchiavano insieme a lui.
A Luca, quel posto gli metteva addosso una noia e una tristezza da far male ai denti. Era in un palazzo così che aveva trascorso la sua infanzia. E aveva fatto di tutto per scapparne. Non solo ci aveva pensato, ma si era anche dato da fare: bravo a scuola, università giusta, facoltà giusta, poi un master in economia. Senza quelle conoscenze, costruire un business di successo sarebbe stato impossibile.
Quando finalmente ce l’aveva fatta, aveva portato i suoi genitori in un quartiere migliore. Gli aveva comprato una casetta moderna, non grandissima, ma con un giardino curato davanti e un orto dietro, perché sua mamma non sapeva stare senza lavorare.
Le donne, Luca, non lo amavano solo per i soldi. Era anche bello, generoso, sapeva fare il galante. Un paio di volte aveva quasi sposato delle bellezze rifatte da chirurghi plastici. Poi si era immaginato a presentare una di quelle ragazze perfette a sua mamma, semplice e umile, e aveva cambiato idea.
Beatrice l’aveva conquistato con la sua bellezza naturale e quel sorriso dolce. Ovviamente, si era innamorato. Dopo un mese l’aveva presentata ai suoi. Sua mamma l’aveva guardata e aveva sorriso, annuendo appena al figlio.
E chi poteva resistere a quella bellezza discreta e a quel carattere tranquillo? Abituata a vivere con poco, Beatrice era una ragazza modesta. Suo padre era morto, e poco dopo, anche sua mamma, stroncata da un tumore. Luca l’aveva riempita di attenzioni e coccole. Anche dopo un anno di matrimonio, la guardava ancora con gli occhi innamorati di un ragazzino.
Un giorno, il suo socio in affari e amico gli disse di aver visto Beatrice proprio in quel quartiere squallido, vicino a quel palazzo cadente. Ma cosa ci faceva lì? Non aveva nessun motivo per andarci.
«E tu cosa ci facevi lì?» chiese Luca a sua volta.
«Casualmente. Stavo evitando il traffico, mi sono perso e sono finito lì.»
«Mi tradisce? Beatrice?! Impossibile!» pensò Luca, ma un brivido gli corse lungo la schiena, e le mani si strinsero a pugno da sole.
«Forse mi sono sbagliato» si rimangiò tutto l’amico, vedendo la sua reazione. «È bella, ma non è che sia così unica. Scusa.»
A casa, Beatrice sorrideva, naturale, si avvicinava a lui. Se fosse stata con un amante, avrebbe dovuto evitare i contatti, no? Invece no, sembrava cercarlo ancora di più. Docile, delicata, si abbandonava tra le sue braccia senza difesa.
Qualcosa non tornava. O era un’ottima attrice, o l’amico si era sbagliato. O forse voleva metterlo contro Beatrice? Ma perché? Se non era un tradimento, cos’era?
Quel mistero non gli dava pace, e decise di seguirla. Nell’ora di pranzo, quando l’amico l’aveva vista, Luca si piazzò vicino al palazzo e aspettò. Per passare il tempo, accese la radio.
Stava per andarsene, frustrato, quando all’improvviso spuntò Beatrice. Si avvicinò di fretta a un portone, aprì la serratura con una chiave, si guardò intorno e sparì dentro.
«Ha le chiavi. Interessante.» Il cuore di Luca batteva forte come un cane che fiuta la preda. Stava per seguirla, ma si fermò — non aveva la chiave. Se avesse suonato a caso, lei sarebbe sparita in un attimo in uno di quegli appartamenti.
Rimase ad aspettare, tamburellando sul volante a ritmo della musica degli Il Volo. Dopo quaranta minuti, arrivò un taxi giallo, e poco dopo uscì Beatrice, salì e se ne andò.
Luca non la seguì. Tornò in ufficio, ma non riusciva a concentrarsi. La testa gli girava per Beatrice e quel palazzo da barbone. Lasciò il lavoro prima del solito e tornò a casa.
Bevve un bel po’ di grappa. Di solito non beveva a quell’ora, ma quella volta aveva bisogno di stordirsi. «Beatrice, Beatrice… Perché? Cosa ti manca? Sembravi diversa, invece sei come tutte…» Girava per la grande casa come un leone in gabbia.
La porta sbatté, le chiavi tintinnarono sul tavolo. Luca si versò un altro bicchiere e lo tracannò. Sapeva che sua moglie stava per entrare in cucina. Eppure, quando lei lo chiamò, trasalì.
«Perché sei al buio?» disse la voce di Beatrice alle sue spalle. Luca si girò. «Bevi? Cosa è successo? Al lavoro?» chiese lei, vedendo il bicchiere in mano.
Luca notò come i suoi occhi si allargarono. C’era… paura?
«Io sto bene. E tu non hai niente da dirmi?» chiese lui con voce roca.
«Non capisco. Di cosa?»
«Un’attrice professionista non farebbe meglio» pensò Luca, sorridendo tra sé.
«Dove eri a pranzo?» Guardò la bottiglia, indeciso se versarsene un altro.
«Sei passato al lavoro? Non me l’hanno detto» rispose Beatrice, esitando.
Luca la fissò. Lei improvvisamente si afflosciò, le spalle cadenti, il volto senza colore.
«Ecco, ti sei bloccata? Su, dimmi, chi vai a trovare lì? Almeno fosse un amante presentabile, ma in quel cesso vivono solo disperati.»
«Non mentirmi» disse ad alta voce.
«Volevo dirtelo da tempo…» Beatrice raggiunse il divano e vi cadde sopra.
Luca guardò la sua schiena curva. «Ah, continui la recita? Vuoi farmi pena? Non funziona.»
«Perché non me l’hai detto prima?» chiese freddamente, afferrando la bottiglia. «Da quanto mi menti?»
«Io… Volevo dirtelo subito, ma non ci sono riuscita. Poi…»
«Vai, continua» Luca si versò un altro goccio.
«Non bere. Domani avrai mal di testa» lo pregò Beatrice.
«Ce l’ho già. Preoccupati per la tua» le rispose secco, bevendo.
Nei suoi occhi tornò la paura. Si girò dall’altra parte.
«No, così non va. Voglio vederti in faccia, cara. Non privarmi di questo piacere…»
Luca posò il bicchiere, si avvicinò al divano e lo fece ruotare bruscamente verso il bancone, con Beatrice sopra che sobbalzò, quasi cadendo. Lui tornò al bancone come se nulla fosse. Il cuore gli batteva forte, la testa gli girava. «Basta bere, o perderò il controllo…»
«Avevo paura. Se avessi saputo la verità, forse mi avresti cacciata. Per questo non ho parlato» sussurrò Beatrice, aggrappandosi al divano come se a girare fosse lei.
«Quindi mi hai tradito per tutto questo tempo? Che scemo che sono» rise Luca, ubriaco. «Nel pozzo più profondo…»
«Ti prego, non bere”Ma quando anni dopo Beatrice scoprì per caso la verità sull’incidente, invece di odiarlo, gli mise una mano sulla guancia e sussurrò: ‘Lo sapevo, ma anche i fantasmi meritano pace’.”