Quando compii quindici anni, i miei genitori decisero che volevano assolutamente un altro figlio. Tutta la responsabilità di mio fratello e delle faccende domestiche ricadde su di me. Non avevo tempo per i compiti e venivo punita per i voti bassi. Ma la cosa peggiore doveva ancora arrivare: «Finché tuo fratello non finisce la scuola, non pensare nemmeno ai ragazzi!» disse mio padre severo. Dovevo prendere una decisione radicale.
Quando compii quindici anni, i miei genitori decisero che un altro figlio era indispensabile. Così nacque mio fratello. Tutti mi fecero gli auguri, ma io non avevo voglia di festeggiare. Non mi piace ripensare a quel periodo, ma voglio condividerlo con voi.
Mia madre era felice di avere una figlia, non perché mi amasse, ma perché ero una babysitter gratuita. Quando mio fratello, Edoardo, compì un anno, smise improvvisamente di allattarlo e tornò a lavorare a tempo pieno. La nonna veniva da noi la mattina, ma quando tornavo da scuola, lei dormiva o era già ripartita. Edoardo era tutto sulle mie spalle. Piangeva sempre, e io non riuscivo a calmarlo.
Non avevo un minuto per me. Dovevo cambiarlo, lavarlo, dargli da mangiare e preparargli pasti freschi. Quando i miei tornavano la sera e trovavano piatti sporchi o vestiti non stirati, iniziavano a urlare che ero pigra e una buona a nulla. Poi mi mettevo a fare i compiti, perché prima non ne avevo il tempo. A scuola andavo male. Per pietà, i professori mi davano solo il sei, e a casa mi sgridavano ancora di più.
«La lavatrice lava, la lavastoviglie lava, e tu cosa fai tutto il giorno?! Pensi solo a divertirti!»
Mio padre mi urlava contro, e mia madre annuiva. Era come se si fosse dimenticata di come fosse passare qualche ora con un bambino irrequieto e occuparsi della casa.
La lavatrice lava, è vero. Ma qualcuno deve caricarla, stendere i panni e stirare quelli del giorno prima. La lavastoviglie non potevo usarla di giorno consumava troppa corrente, e le stoviglie di Edoardo dove





