Quando in autunno Vladimir si ammalò, tutto cambiò. I vicini telefonarono: – Andrea, vieni subito. Tuo padre è a letto e non riesce a rialzarsi.

Caro diario,

lautunno scorso mi ha portato una notizia che ha cambiato tutto. Vincenzo, il padre di Andrea, si è ammalato così gravemente che i vicini del nostro borgo di San Pietro non hanno esitato a chiamare: Andrea, vieni subito, il tuo papà è a terra e non riesce più a rialzarsi.

Quando la nostra cara Ginevra è scomparsa, la quiete ha avvolto la casetta ai margini del villaggio. Vincenzo, suo marito, è rimasto solo. Sarà difficile per lui senza Ginevra, dicevano i paesani, lei si occupava di tutto: lorto, la casa, le galline e anche la mucca.

Eppure lui ha tenuto duro. La mattina conduceva il bestiame, a mezzogiorno usciva in cortile a riparare recinzioni, cercava sempre qualcosa da fare per tenere le mani occupate. Sedersi a piangere non è nel suo carattere. Però gli anni cominciano a farsi sentire: dopo i settanta gli articoli non sono più gli stessi, le gambe cedono e la salute vacilla.

Andrea, che vive a Bologna, veniva spesso a trovarci e si sedeva accanto a lui sulla panchina di legno:
Papà, perché non vieni a stare con noi? Qui ci sarebbe più comodo, ti cureremmo meglio.
No, figliolo, ribatté Vincenzo, voi avete le vostre famiglie, i vostri problemi. Io non voglio diventare un peso, qui è casa mia, ogni angolo mi è familiare.

Andrea sospirava. Conosceva bene il carattere del padre: fiero, silenzioso, non ama che gli si abbia compassione.

La nuora Chiara ascoltava queste conversazioni in silenzio. Abitava con Andrea a Bologna, lavorava come infermiera, aveva due adolescenti, Luca e Martina. Per lei il suocero sembrava sempre severo, un po distante, come se riconoscesse la sua presenza ma non la scaldasse davvero.

Eppure lautunno della malattia di Vincenzo ha rotto le barriere. I vicini hanno chiamato di nuovo: Andrea, vieni subito, il tuo papà è a letto e non può alzarsi.

Andrea partì immediatamente. La casa era fredda, il fornello spento. Vincenzo giaceva sul letto, magro e curvo.
Papà, si chinò il figlio, perché taci?.
Non voglio creare problemi a voi, sbuffò il vecchio, passerà e mi rialzerò.

Ma non si alzò. Dopo una visita in ospedale, è stato chiaro: da solo il villaggio non bastava. Andrea ha riprovato a convincerlo: Andiamo da noi, la clinica è più vicina e saremo accanto a te.
Non voglio essere un peso. Avete i vostri figli, il lavoro a chi servirei?

Allora ha parlato Chiara. Guardando il suocero esausto, sentì nel cuore un dolore quasi familiare.
Papà, ha detto per la prima volta con vera sincerità, basta insistere. Non sei un peso, sei parte della nostra famiglia. Vieni da noi, tutto si sistemerà.

Vincenzo lha guardata sorpreso, come se per la prima volta vedesse non solo una nuora, ma una donna dal cuore caldo.
Allora, non ti dispiace, cara Nuora?, chiese a bassa voce.
Non mi dispiace, papà, rispose lei, sorridendo, cè posto per tutti. I bambini ne saranno felici.

Così è arrivato in città. Allinizio gli sembrava strano: il frastuono, la gente, il cortile angusto al posto del giardino. Ma Chiara ha fatto di tutto per farlo sentire a casa: gli preparava il suo amato minestrone di fagioli, lo aiutava a fare il bucato, nella sua stanza ha sistemato la vecchia lampada che avevano portato dal villaggio.

Una sera, con la voce rotta dallemozione, ha detto:
Grazie, figlia mia.
Per cosa, papà?
Per non avermi lasciato andare via. Andrea è buono, ma tu sei stata come Ginevra, sempre pronta a prendere su di te il peso più duro.

Chiara ha trattenuto le lacrime, sentendo per la prima volta il suocero chiamarla figlia.

Il tempo è scivolato. I nipoti correvano verso il nonno, ascoltando le sue storie di gioventù, di come lui e la sua compagna avessero costruito la casa. Il nonno ha insegnato al nipote a intagliare piccole barche di legno, e a questultimo a cantare canzoni antiche.

Stranamente, la casa, che prima era sempre di corsa e di cose non finite, è diventata più accogliente con la presenza di Vincenzo. Chiara ha capito che il vero dono non era stato il suo aiuto, ma la sua stessa esistenza, che ha riscaldato tutta la famiglia.

Un giorno Andrea ha detto a sua moglie: Non avrei mai immaginato che potessimo farcela. Papà era sempre fiero, e temevo che non ci fosse armonia.
Non è così, ha risposto lei, bastava vedere in lui luomo che aveva bisogno damore, proprio come tutti noi.

Vincenzo ha vissuto ancora qualche anno nella nostra famiglia, fiorendo nonostante le malattie. Durante le feste tutti si radunavano intorno alla tavola, e lui proclamava:
La più grande ricchezza è avere qualcuno a cui porgere un bicchiere dacqua e qualcuno per cui vale la pena vivere.

Nel suo ultimo giorno, stringendo forte la mano di Chiara, sussurrò:
Grazie, figlia, per non avermi lasciato solo.

Dopo il funerale, Chiara si è fermata a lungo accanto alla tomba, sentendo che non aveva perso solo un suocero, ma un altro padre.

Lezione personale: a volte il cuore di chi è più duro si scioglie solo davanti alla gentilezza di chi lo accoglie senza condizioni; lamore vero non conosce età né distanza, ma nasce da un gesto semplice, come un abbraccio o una tazza di zuppa.

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Quando in autunno Vladimir si ammalò, tutto cambiò. I vicini telefonarono: – Andrea, vieni subito. Tuo padre è a letto e non riesce a rialzarsi.