**Quando la famiglia diventa estranea**
— Anna, ha chiamato Luca, — entrò Marco in cucina. — Sabato vuole venire con Sara. Solo loro due. Dice che deve parlare.
— Certo, parlare… — fece Anna, scuotendo la testa. — Riguardo alla casa al mare, non c’è dubbio. Preparati, sarà una «ridistribuzione equa in famiglia».
Erano passati appena due mesi dalla morte di zia Lucia. Aveva lasciato a Marco e Anna un bilocale in centro a Milano e una villetta a Rimini. Per quattro anni se n’erano presi cura — portavano la spesa, l’accompagnavano dal medico, due volte l’avevano mandata in un centro termale. Gli altri parenti — Luca e Sara — invece non facevano che approfittarne: d’estate andavano in vacanza nella casa al mare, e quando zia chiedeva di essere accompagnata, erano sempre «occupati».
Sabato, alle quattro in punto, Luca e Sara bussarono alla porta. Salutarono freddamente, senza sorridere. Si sedettero in salotto e Luca andò dritto al punto:
— Siamo qui per la casa al mare. Voi avete preso l’appartamento, va bene. Ma la villetta… Noi l’abbiamo sempre tenuta d’occhio. Sarebbe giusto che la cedeste a noi.
— Non l’avete mai tenuta d’occhio, — rispose Anna con calma. — Ci siete andati solo d’estate. E quando zia stava male, nessuno di voi si è nemmeno fatto vivo.
— E tu stai zitta, — borbottò Sara.
— Perché dovrei? Anche io ero nel testamento. E so benissimo quante volte siete venuti a trovare Lucia. In quattro anni, tre volte. Una per prendere i pomodori dall’orto, un’altra per portare i bambini, e l’ultima per bere un caffè. Tutto qui.
— E allora? Siamo famiglia! — sbottò Sara. — E ora volete metterla in vendita?
— Sì, — rispose Marco. — Sistemeremo tutto e la venderemo.
— Fate pure! — esclamò Luca, alzandosi. — Ma poi non stupitevi se rimarrete soli!
Il giorno dopo, il telefono squillò:
— Ma che diavolo hai combinato?! — urlò Luca. — Siamo andati alla villetta con mio nipote e avete cambiato le serrature!
— Certo. E anche il cancello e la porta d’ingresso. Dovevate avvertirci. Sabato verremo con Anna — potrete prendere le vostre cose. Ma senza di noi, niente.
— Ma voi…
Marco riattese con calma. Anna non sembrò sorpresa:
— Hai fatto bene a cambiare le serrature. Altrimenti non sarebbe rimasto nulla.
Vendettero la villetta, e poi anche il loro vecchio appartamento. Con i soldi, comprarono un trilocale in un residence vicino al mare. La spiaggia era a dieci minuti di macchina. La piccola Sofia rimase nel bilocale della zia — studiava all’università. Marco trovò lavoro al porto, Anna insegnava alle scuole medie. Iniziò una vita tranquilla.
Ma non durò. A marzo, il telefono squillava in continuazione. I «parenti» si erano improvvisamente ricordati di Marco. Fu Sara la prima a chiamare:
— Allora, a luglio veniamo noi con la famiglia. Non abbiamo più la villetta, ma dobbiamo pur riposarci! Non siamo estranei!
— Siete ospiti. E non vi abbiamo invitati.
— Hai visto i prezzi degli affitti a Rimini?!
— No. Ma se costano troppo, scegliete un’altra città. O un lago. Non vi ospiteremo.
— I genitori di Anna sono venuti da voi!
— I genitori. Non cognati con figli e nipoti al seguito.
— Ve ne pentirete. Un giorno avrete bisogno di aiuto e nessuno si farà vivo!
— Non preoccuparti. Da maggio a settembre tutti si ricordano di noi. Ma a novembre e febbraio c’è solo silenzio.
Ed era proprio quel silenzio che Marco e Anna apprezzavano di più.
**Lezione:** A volte, la famiglia non è chi ti dà il sangue, ma chi ti asciuga le lacrime. E quelli che non hanno tempo per te nei momenti bui, non meritano il tuo nei loro.