Quando la madre diventa un’ospite: perché non le apro più la porta
Irene arrivò in un’altra città, dalla figlia. Marina la accolse con educazione, come si conviene, ma senza particolare affetto. Irene, stanca della solitudine e dei rapporti tesi con i genitori, decise di fermarsi qualche giorno. La sera, a cena, la figlia improvvisamente le chiese:
— Mamma, quando pensi di tornare a casa?
— Vorrei rimanere ancora un paio di giorni — rispose Irene incerta.
— Io invece credo che sia ora — replicò Marina con fermezza.
— Che bello, ormai perfino la propria madre è di intralcio… — mormorò Irene con amarezza.
— Mamma, dopo quello che hai fatto, non voglio vederti — disse all’improvviso Marina.
— Cosa? Che avrei fatto? — Irene rimase immobile, senza capire.
Ma Marina ricordava bene.
Aveva solo sette anni quando i genitori divorziarono. Da allora viveva con nonna e nonno, che per lei erano diventati la vera famiglia. La madre… la madre aveva scelto un’altra vita — uomini, corteggiatori, nuovi amori. La bambina cresceva con il senso di colpa per il divorzio, per il fatto che il nonno lavorava fino alla vecchiaia e la nonna era sempre ai fornelli. Quando per Irene tutto andava bene, magari telefonava, o arrivava persino con una torta. Ma appena iniziavanno i problemi, si chiudeva nella sua stanza, si sfogava con tutti e spariva.
Nella sua vita ci furono molti uomini, ma uno — Roberto — fu l’ultima goccia. Viscido, presuntuoso, odioso. Quando Irene cercò di farlo trasferire nell’appartamento dei genitori, questi diedero alla figlia una scelta: o lui o la famiglia. Irene scelse lui.
— Tua madre ora vive dall’altra parte della città — disse freddamente la nonna alla tredicenne Marina.
— E io?
— Tu rimani con noi. Tutto bene, cara, ce la faremo.
Ma Marina sapeva: sua madre l’aveva tradita.
All’inizio Irene non si fece nemmeno vedere. Poi veniva in cucina, prendeva i barattoli di conserve e spariva di nuovo. La ragazza cresceva, ma non aveva nessuno con cui parlare. Il primo amore, le prime lacrime — la nonna non capiva, il nonno taceva. E la madre… viveva la sua nuova vita, finché Roberto non la lasciò. Tornò distrutta, meschina, e invece di abbracciare la figlia, si chiuse di nuovo in camera a piangere. Anche quando trovò un nuovo uomo — Luigi — tutto si ripeté. L’uomo era noioso, inutile e arrogante. Si trasferì nell’appartamento dei genitori, rifiutava di aiutare, evitava persino il nonno, che da solo reggeva tutta la casa.
Marina si allontanò sempre di più. Si iscrisse all’università in un’altra città, tornava raramente. La madre continuò a cambiare uomini, a parlare di una nuova vita e a fare progetti alle spalle della figlia. Poi Marina scoprì: le avevano lasciato un appartamento i nonni paterni. Fu una sorpresa, ma decisiva. Trasferì tutto a suo nome e, senza esitare, se ne andò.
La madre lo seppe per caso. E subito annunciò:
— Perfetto! Mi trasferisco da te, ti aiuterò con la ristrutturazione e troverò un buon lavoro in città.
— E chi ti ha chiesto il permesso? — rispose Marina tranquilla. — Non ho intenzione di vivere con te.
— Questa è ingratitudine! Senza di me non saresti nemmeno nata! — sbottò Irene.
Ma Marina tacque. Ricordò se stessa piccola, sola, abbandonata. La madre se n’era andata allora — e ora non aveva più bisogno di lei.
Irene si offese, ma non smise di provarci. Telefonava, arrivava “solo per un giorno”, restava una settimana. Marina sopportò, finché un giorno non le disse:
— Mamma, è ora che torni a casa. Ho la mia vita. Aiuta piuttosto la nonna e il nonno.
— Ti do fastidio? — rispose Irene con sarcasmo. — Certo. Quando eri bambina ti servivo, ora sono solo un peso.
— No, mamma. Hai fatto la tua scelta quando sei andata via con un uomo, lasciandomi. Sono cresciuta. Grazie per avermi insegnato a non dipendere da nessuno.
Irene se ne andò. Si lamentò coi genitori, che le diedero ragione, ma capivano la nipote. Loro erano stati presenti quando piangeva di notte. La madre… si era allontanata da sola. Poi arrivò un nuovo corteggiatore — Michele. Sembrava serio, apparentemente perbene. Voleva presentarlo alla figlia.
— Venite — disse Marina.
Li accolse con cortesia. Parlò con Michele, capì che non era diverso dagli altri. Dopo quattro mesi, la relazione finì. La madre tornò a parlare di trasferirsi. E ricevette un altro rifiuto.
— Non sollevare più l’argomento — disse Marina. — Non c’è posto per te. Né in casa, né nella mia vita.
E così finì ogni contatto.
Marina vive nel suo appartamento. Ha fatto la ristrutturazione con gli amici. Lavora, costruisce la sua vita. Senza scene. Senza rancore. Senza madre.
Perché non tutti quelli che ti hanno dato la vita riescono a rimanerci.