Quando la mamma parte per il mare: la scelta di una donna di vivere per sé stessa

— Sandro, per favore, potresti passare a prendere il pane? — La voce di Valentina trema come il vetro sotto i piedi. — C’è ghiaccio per strada, ho paura di cadere…

— Mamma, ma scherzi? — Sandro alza gli occhi al cielo senza muoversi dal divano. — Ho finito il turno di notte, sono appena arrivato. Io e Gina stavamo per guardare un film. Vuoi che riposi, no?

— Figliolo… davvero non ce la faccio… — sussurra lei, stringendo il telefono.

— Mamma, ma sei rimasta al secolo scorso! Ci sono le consegne a domicilio, le app, tutto! Impara, dai!

— Mi confondo con questi telefoni… Potresti ordinarlo tu?

— Sono al volante, non è facile parlare. Chiedi a Ginevra.

— L’ho già fatto… Ha una riunione.

— Va bene, — borbotta Sandro. — Quando torno a casa, ti chiamo. Mi dici cosa comprare.

— Sì, aspetterò, — sussurra Valentina. Ma passano due ore e il telefono non squilla. Chiama lei stessa, ma solo silenzio. In suo aiuto arriva il vicino, Enrico: ordina con l’app e le porta tutto.

Mentre sistema i sacchetti, Valentina sente un peso sul cuore. Perché questa vita? Perché, quando ha bisogno, nessuno di quelli per cui ha vissuto è lì?

È stata una brava madre. È rimasta vedova quando Sandro aveva sedici anni e Ginevra undici. Li ha cresciuti da sola. Ha lavorato come contabile e anche come addetta alle pulizie di notte. Sua madre e la nonna l’aiutavano, finché non se ne sono andate, e tutto è caduto sulle sue spalle.

La casa del nonno a Ginevra. Quella della mamma a Sandro. A lei, niente. Tutto ai figli. Studio, matrimoni, nipoti: tutto sulle sue spalle. E non si è mai lamentata. Pensava: *”Almeno loro avranno un futuro. Staranno bene.”*

Li accompagnava alle attività, passava notti a fare i compiti con loro, lavava, cucinava, portava le buste pesanti dal supermercato, li curava, preparava i brodi. Ora? È diventata un fantasma. Uno sfondo silenzioso. Come una mensola in cucina: c’è, ma nessuno la nota.

Quando Ginevra le chiedeva di badare al cane, Valentina lo portava a spasso con il freddo e la pioggia. Quando Sandro lasciava il nipote per il weekend, lei passava le notti in bianco. E non ha mai chiesto nulla in cambio.

Ma quando si è ammalata, erano le medicine portate da Enrico. I figli sono venuti in ospedale per dieci minuti. Ginevra aveva fatto una smorfia:

— Mamma, sai… ho paura degli ospedali…

— Qui nessuno è contento, tesoro…

— Fatti curare, ci sentiamo dopo.

Anche Sandro se n’è andato in fretta: *”Giulia è stanca, devo aiutare con il bambino.”* Né un abbraccio, né un attimo di compagnia. Niente.

E oggi… Il ghiaccio che scricchiola sotto i piedi le ha fatto capire: sta invecchiando. E se cade? Nessuno verrà.

Le è tornato in mente quell’estate. Aveva trent’anni. Sandro era piccolo, Ginevra non c’era ancora. Un sanatorio in Liguria. Caldo, silenzio, nessuno che la chiamava. Allora non c’erano i telefoni. Solo lei e il mare. Allora era felice.

Sono passati quasi trent’anni.

E non ha mai più vissuto per sé.

Quella sera, a letto, si è chiesta: *”Cosa la trattiene? I figli sono grandi, hanno casa. Niente gratitudine, niente amore. Solo richieste. E lei? Non è una persona?”*

La mattina dopo, si è alzata, ha preparato il caffè, preso un quaderno e scritto: *”Vendere casa. Comprare una villa al mare. Vivere per me.”*

L’agenzia immobiliare l’ha trovata subito: un’amica le ha dato un nome. La casa è stata venduta in un mese. I soldi sul conto. I documenti pronti.

Quando tutto era pronto, ha chiamato i figli.

— Che succede? — si è irritato Sandro. — Sono appena tornato dal lavoro.

— Mamma, ho un appuntamento con un collega. È urgente?

— Sì. Devo dirvi una cosa.

— Dimmi, — brontola Ginevra. — Ma sbrigati. Ho una riunione. Ah, questo weekend ti lasciamo Fido.

— No, non potete, — dice dolcemente Valentina.

— E perché?

— Me ne vado.

— Dove?! — in coro.

— In Sicilia. Ho comprato una casa al mare. Ci vivrò.

Silenzio. Poi Sandro scoppia a ridere:

— Mamma, ma sei un’illusa. Con che soldi?

— Ho venduto la casa.

— COSA?! — Ginevra si alza di scatto. — Senza dirci niente? Senza parlarne?

— Siete sempre occupati. Non avete tempo per me.

— E come farai lì? Da sola?

— Me la caverò. Ora ho tutto mio. La mia casa, il mio mare, la mia vita.

— Mamma, non hai pensato a noi? — strilla Ginevra. — Pensavamo che la casa sarebbe stata nostra!

— Anch’io pensavo che sareste stati il mio sostegno. Mi sbagliavo. Basta, figlioli. Vi amo. Ma ora scelgo me stessa.

Se ne vanno. Furiosi, scioccati. Lei resta sola. Ma per la prima volta in trent’anni, quel *”sola”* non fa paura. È una liberazione.

Una settimana dopo, è sul terrazzo della sua nuova casa, respira l’aria salata e accarezza il davanzale. Caldo. Silenzio. Libertà.

A volte, per tornare a vivere, basta andarsene. Lontano da chi non ti rispetta. Verso te stessa. Verso il mare. Verso la vita.

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