Quando la nonna scoprì che il nipote voleva cacciarla dal suo appartamento, lo vendette senza rimorsi.
Perché prendere un mutuo quando si può aspettare che la nonna muoia e eriare il suo appartamento? Questo era il ragionamento del cugino di mio marito, Matteo. Lui, sua moglie Federica e i loro tre figli vivevano nell’attesa di quell’eredità. Evitavano i prestiti, sognando il giorno in cui l’appartamento della nonna sarebbe diventato loro. Per il momento, abitavano nella stretta bilocale della madre di Federica, a Bari, sulla costa adriatica, e quella vita sembrava soffocarli. Matteo e Federica sussurravano sempre quella stessa domanda: come “risolvere la situazione” della nonna, una volta per tutte.
Ma la nonna, Maria Grazia, era un vero tesoro. A settantacinque anni, era piena di energia, viveva con passione e non si lamentava mai della salute. La sua casa nel centro di Bari era sempre aperta agli amici; aveva imparato a usare lo smartphone, visitava mostre, andava a teatro e, a volte, si concedeva persino un po’ di sano flirt alle serate di ballo per anziani. Brillava di luce propria, e la sua vita era un esempio di come godersi ogni giorno. Ma per Matteo e Federica, questo non era motivo di orgoglio, bensì di fastidio. Ne avevano abbastanza di aspettare.
E alla fine, la pazienza finì. Decisero che Maria Grazia avrebbe dovuto firmare l’appartamento a Matteo e trasferirsi in una casa di riposo. Non fecero neve misteri delle loro intenzioni, sostenendo che “sarebbe stato meglio per lei”. Ma Maria Grazia non era il tipo di donna che si arrende. Rifiutò con fermezza, e scoppiò l’inferno. Matteo andò su tutte le furie, gridando che era “un’egoista” e che “doveva pensare ai nipoti”. Federica alimentò il fuoco, insinuando che “era rimasta troppo a lungo”.
Io e mio marito, scoperta la cosa, rimanemmo scioccati. Maria Grazia aveva sempre sognato di viaggiare in India: vedere il Taj Mahal, respirare il profumo delle spezie, perdersi tra le stradine di Delhi. Le proponemmo di trasferirsi da noi, affittare il suo appartamento e mettere da parte i soldi per quel sogno. Accettò, e presto il suo spazioso trilocale nel centro iniziò a generare un bel reddito. Quando Matteo e Federica lo scoprirono, fecero una scenicità pazzesca. Credevano che quell’appartamento fosse loro di diritto e pretesero che Maria Grazia li facesse entrare. Arrivarono persino ad accusare mio marito, Luca, di averla “plagiata” per l’eredità. Matteo osò chiederle i soldi dell’affitto, sostenendo fossero “la sua parte legittima”. Rispondemmo che non sarebbe successo, punto.
Federica iniziò a presentarsi da noi quasi ogni giorno. A volte da sola, altre con i figli, portando regalini assurdi. Ci chiedeva notizie della nonna, ma capivamo il vero motivo: lei e Matteo speravano ancora che Maria Grazia se ne andasse presto e lasciasse loro qualcosa. La loro avidità e sfacciataggine erano incredibili.
Intanto, Maria Grazia aveva messo da parte abbastanza denaro e partì per l’India. Tornò raggiante, con una valigia piena di storie e fotografie. Le suggerimmo di non fermarsi: vendere l’appartamento e continuare a viaggiare, trascorrendo gli ultimi anni con noi, in tranquillità. Ci pensò su e decise. L’appartamento fu venduto a un buon prezzo, e con i soldi guadagnati comprò un monolocale accogliente alla periferia di Bari. Il resto lo investì in nuove avventure.
Maria Grazia visitò Spagna, Austria e Svizzera. Proprio l’ultimo, durante una gita sul Lago di Ginevra, conobbe un francese di nome Jean. La loro storia sembrava uscita da un film: a settantacinque anni, si sposò con lui! Io e Luca volammo in Francia per il matrimonio, e fu incredibile vederla splendere in abito bianco, circondata da fiori e sorrisi. Maria Grazia se lo meritava, quelE mentre Matteo e Federica continuavano a rosicchiarsi dall’invidia, Maria Grazia sorrideva, sapendo di aver vinto la partita più importante: quella della felicità.