Molto tempo fa, nella nostra famiglia accadde una storia che ancora oggi mi fa rabbrividire. Una storia che dimostra come i legami di sangue non garantiscano affatto amore, rispetto o cura. È la storia di come un nipote cercò di cacciare la sua stessa nonna dalla casa dove aveva vissuto tutta la vita. Ma lei, più astuta di tutti, fece una mossa che ancora oggi alcuni rimpiangono, mentre altri ammirano per la sua forza e intelligenza.
La nonna si chiamava Elvira Marchetti. Settantacinque anni, un’energia invidiabile, un amore per la vita senza pari e una saggezza accumulata in decenni di lavoro e sacrifici. Dopo la morte del marito, era rimasta sola in un ampio trilocale nel centro di Bologna. E fu proprio quella casa a incuriosire l’interesse del nipote, Luca, fratello di mio marito.
Luca, la moglie e i loro tre figli vivevano da anni stretti nell’appartamento dei suoceri. Troppo piccolo, troppo rumoroso, troppo pieno di tensioni. Comprarsi una casa? “Perché indebitarsi, se c’è la nonna con il suo trilocale?” Così pensavano. “Prima o poi se ne andrà, e tutto sarà nostro.” Non lo dicevano apertamente, ma lo lasciavano trapelare in ogni gesto, in ogni sorriso falso di Luca e di sua moglie Serena.
Ma Elvira Marchetti aveva altri progetti. Non si lamentava mai, viveva la sua vita con passione: andava ai concerti, visitava mostre, persino usciva con uomini nuovi, cosa che mandava Luca su tutte le furie. “Ma come? Dovrebbe starsene a casa ad aspettare la fine, invece se la gode come una ventenne!” Aspettare la sua morte diventò noioso, così Luca decise di accelerare le cose. Le propose, “per il suo bene”, di regalargli l’appartamento e trasferirsi in una casa di riposo. Le sue ragioni? “Lì avrai assistenza, medici, e qui ci sei solo d’intralcio.”
Elvira ascoltò in silenzio, poi si alzò, andò in camera sua e chiuse la porta a chiave. Il giorno dopo, era da noi. Sapevamo da tempo delle pretese di Luca, e le avevamo già proposto di trasferirsi da noi e affittare il suo appartamento per mettere da parte soldi e realizzare il suo sogno: un viaggio in Giappone. Aveva esitato, ma dopo quelle parole di Luca, decise all’istante.
La aiutammo a trovare degli inquilini affidabili, e cominciò a risparmiare. Quando Luca lo scoprì, fu una tempesta: telefonate furiose, accuse a mio marito di aver “plagiato” la nonna, pretese di incassare l’affitto. Serena cominciò a venire a casa nostra, prima con i bambini, poi da sola. Parlava, sorrideva, chiedeva notizie della “carissima nonna”. Ma il vero intento era chiaro: aspettavano che Elvira se ne andasse, per prendersi l’appartamento.
Ma la vita aveva altri piani.
Elvira partì per il Giappone. Gli occhi le brillavano di gioia quando ci mandava le foto da Kyoto, sotto gli alberi di ciliegio in fiore. Al suo ritorno, non si fermò. “Voglio ancora di più,” ci disse. Le suggerimmo di vendere il trilocale, comprare un bilocale in periferia e usare il resto per viaggiare.
Vendette la sua casa e trovò un piccolo appartamento in una zona nuova. Con i soldi rimasti, partì per l’Europa: visitò l’Olanda, la Spagna, e in Francia… incontrò un uomo. Jean, vedovo, in pensione, con cui si sposò dopo un mese. Sembra incredibile, ma io e mio marito volammo a Parigi per il loro matrimonio. Una cerimonia intima, champagne, candele, risate. Fu magico.
E Luca? Ricomparve, ovviamente. Pretese, adesso, il nuovo appartamento. “Se sei sposata e vivi all’estero, dacci almeno il bilocale! Abbiamo tre figli e nessun posto dove stare!” gridò al telefono. Chissà come avrebbero fatto a starci tutti.
Elvira rise: “Se volete, venite a trovarci. Jean e io abbiamo una terrazza magnifica.”
Ora ci sentiamo sempre con lei. È felice, dice di aver scoperto cosa significa vivere per sé. Non chiede nulla, ma sa che siamo qui per lei. E la cosa più triste di questa storia? Non che Luca e Serena aspettassero la sua morte. Ma che non l’abbiano mai vista davvero. Per loro era solo metri quadri.
La morale è semplice: non è la casa che rende una persona felice, ma l’amore e la generosità. E se metti il possesso al di sopra della famiglia, non stupirti se rimarrai con le mani vuote.