– Mamma, oggi vado al cinema con Elena! Tieniti pronta al telefono, okay? – gridò Matteo, dandole un bacio sulla guancia prima di sparire in bagno. Lei lo sentì canticchiare qualcosa sotto voce, mentre l’acqua scorreva. Era felice… libero. Proprio come lei non era mai stata. – Mamma, esco! – chiamò Matteo, sporgendo la testa con un sorriso radioso e indossando la sua camicia azzurra preferita. – Buona fortuna, tesoro! – Marina gli fece un cenno con la mano e si sedette sulla poltrona. Il telefono vibrò piano: un nuovo messaggio. Lo aprì distrattamente… e rimase di sasso.
Un singhiozzo sommesso attraversò il silenzio della sera. Marina era sdraiata, rannicchiata, con le ginocchia strette al petto, e piangeva in silenzio – le lacrime lasciavano tracce umide sul cuscino.
– Mamma, che succede? – Matteo era tornato prima del previsto e la guardava preoccupato. Lei si asciugò in fretta gli occhi e forzò un sorriso:
– Tutto bene, sole mio. Sono solo un po’ stanca.
Lui si sedette accanto a lei, studiandole il volto. Ormai adulto. Alto, riservato, con quel sorriso affascinante che aveva da bambino. Solo che adesso, sempre più spesso, non era più per lei, ma per la sua Elena…
I ricordi arrivarono all’improvviso. Diciotto anni. Luca. Il matrimonio. Un amore travolgente. La ingenua convinzione che i sentimenti potessero vincere tutto. Ma… non l’avevano fatto.
– Mamma! Dov’è la mia camicia azzurra? – la voce di Matteo la strappò dai suoi pensieri.
– Nell’armadio, a sinistra! – gridò lei, sorridendo tra sé.
Si avvicinò allo specchio. Quarantadue anni. Negli occhi, una tristezza che nessuno notava più da tempo. Come se la vita fosse rimasta bloccata nel passato…
Ricordava perfettamente quel giorno. Martedì. Il supermercato sotto casa. Pane, latte. E… Luca. Con una busta della spesa e… un vasetto di omogeneizzato. Pannolini. Il sorriso stampato in faccia. Gli occhi tradirono la verità.
– Non è… quello che credi – mormorò lui.
– E cosa dovrei credere?! Che stai curando quella… come si chiama… Giovanna?! Avete già un bambino?!
Poi, tutto diventò confuso. Urla. Divorzio. Solitudine. Ma anche libertà.
Aveva imparato a vivere da sola. Senza Luca. Senza litigi. La suocera era rimasta dalla sua parte, l’aveva sostenuta. Aveva cresciuto suo figlio, imparato a sorridere… e a dimenticare il tradimento.
A volte, però, il dolore tornava a galla. Come oggi, quando aveva visto Matteo abbracciare Elena. Come costruivano il loro rapporto – con consapevolezza, rispetto. Senza promesse sciocche di “per sempre”.
Il telefono vibro di nuovo. Una richiesta di amicizia. Paolo… Quello stesso Paolino dei tempi della scuola?!
Il cortile della scuola. Lei, la più bella della classe. Lui, con un mazzolino di margherite alla cancellata. Poi arrivò Luca. E Paolo rimase nel passato.
– Luisa, non crederai mai… Paolino della scuola mi ha scritto!
– Quello che era innamorato di te fino all’ultimo giorno di lezione? – rise l’amica. – E Luca, allora, lo prendeva a male parole per la gelosia!
– Mi ha solo mandato una richiesta.
– E allora accettala! Lavora in un’azienda importante, mi pare si sia separato…
Le settimane seguenti furono una favola. Messaggi. Flirt. Risate e chat fino all’alba. Paolo era attento, leggero, con un umorismo gentile… Solo che adesso aveva la sicurezza di un uomo che aveva vissuto molto.
– Matteo – disse una sera – voglio presentarti qualcuno…
– Paolo? – Matteo sorrise. – Mamma, lo vedo. Splendi. Sono felice per te.
Lei si commosse. Ma presto Paolo cominciò a scrivere meno. Brevi messaggi. E poi…
«Marina, scusa. Ho un’altra. Tu allora hai scelto Luca – mi ha fatto male. Ora sai come ci si sente.»
Restò a fissare lo schermo. Immobile. Un uomo adulto… che le aveva organizzato uno spettacolo di vendetta dopo vent’anni?
– Basta piangere! – irruppe Luisa. – Adesso rispondiamo a questo Don Giovanni.
Scrissero insieme il messaggio – con ironia, rabbia e sollievo:
«Caro Paolino! Grazie mille! Non ricordavo l’ultima volta che avevo riso così tanto, flirtato, sentendomi ancora una donna. Mi hai fatto ringiovanire di vent’anni. Spero che la tua nuova fiamma apprezzi la tua arte. Un bacio (platonico). Marina.»
La risposta arrivò subito – un fiume di insulti e recriminazioni. Ma Marina rideva. Per la prima volta… davvero.
E una settimana dopo, una bionda la fermò al supermercato:
– Sei tu?! Quella che mi ha portato via Paolo?! Hai distrutto il mio amore!
Marina batté le palpebre. Poi, inaspettatamente, sorrise:
– Oh, si sbaglia. La vera ruba-mariti è Giovanna. Via del Bosco, 15. Ha portato via mio marito e adesso è arrivata a Paolo. Una professionista.
La bionda rimase di pietra, mentre Marina, quasi ridendo, si avviava verso casa. Immaginando la faccia di Giovanna…
Il sole della sera le carezzava il viso. E all’improvviso capì: era felice. Semplicemente così. Senza uomini. Senza drammi. Senza dover dimostrare niente a nessuno.
Un messaggio di Matteo:
«Mamma, io ed Elena abbiamo deciso di andare a vivere insieme. Vedremo come va. E poi… matrimonio.»
Marina sorrise. Ecco la vera felicità. Vedere che tuo figlio sceglie bene.
E lei?… Lei avrebbe semplicemente vissuto. Senza paura. Senza passato. Con speranza.
Perché la vita non finisce con un tradimento. Ricomincia con l’amore. Per se stessi.