**Quando la vita ricomincia: la storia di Rosalia**
«Mamma, oggi vado al cinema con Sofia! Tieniti libera, ok?» gridò Marco, dando un bacio sulla guancia a Rosalia prima di sparire in bagno. Lo sentì canticchiare qualcosa sotto voce, mentre l’acqua scorreva. Era felice… Libero. Com’era lei non lo era mai stata. «Mamma, vado!» chiamò Marco, affacciandosi con quel sorriso radioso, indossando la sua camicia blu preferita. «In bocca al lupo, tesoro!» Rosalia gli fece un cenno con la mano e si sedette sulla poltrona. Il telefono vibrò silenziosamente—un nuovo messaggio. Lo aprì distrattamente… e rimase di sasso.
Nella quiete serale, si udì un singhiozzo soffocato. Rosalia era raggomitolata sul letto, le ginocchia strette al petto, e piangeva in silenzio—le lacrime lasciavano tracce umide sul cuscino.
«Mamma, che c’è?» Marco era tornato prima del previsto e la guardò preoccupato. Si asciugò in fretta gli occhi, forzando un sorriso:
«Tutto bene, sole mio. Solo un po’ stanca.»
Lui si sedette accanto a lei, scrutandole il viso. Ormai adulto. Alto, composto, con quel sorriso affascinante come quando era piccolo. Solo che ora, sempre più spesso, non era più per lei, ma per la sua Sofia…
I ricordi arrivarono all’improvviso. Diciotto anni. Luca. Il matrimonio. Un amore che toglieva il fiato. La ingenua convinzione che i sentimenti avrebbero vinto su tutto. Ma… non era andata così.
«Mamma! Dov’è la mia camicia blu?» La voce di Marco la strappò dai suoi pensieri.
«Nell’armadio, a sinistra!» gridò, sorridendo tra sé.
Si avvicinò allo specchio. Quarantadue anni. Negli occhi, una tristezza che ormai nessuno notava più. Come se la vita si fosse fermata al passato…
Ricordava bene quel giorno. Martedì. Il supermercato sotto casa. Pane, latte. E… Luca. Con una busta e… un vasetto di omogeneizzato. Pannolini. Un sorriso stampato in faccia. Ma gli occhi tradirono la verità.
«Non è quello che pensi» borbottò lui.
«E cosa dovrei pensare?! Che stai curando quella… come si chiama… Giulia?! Avete già un figlio?!»
Poi, solo nebbia. Urla. Divorzio. Solitudine. Ma anche libertà.
Aveva imparato a vivere da sola. Senza Luca. Senza litigi. La suocera era rimasta dalla sua parte, a sostenerla. Aveva cresciuto suo figlio, imparato a sorridere… e a dimenticare il tradimento.
A volte, però, la schiacciava ancora. Come oggi, vedendo Marco abbracciare Sofia. Come costruivano il loro rapporto—con consapevolezza, rispetto. Senza promesse sciocche di «per sempre».
Il telefono vibrò di nuovo. Una richiesta d’amicizia. Paolo… Quello stesso Paolino delle superiori?!
Il cortile della scuola. Lei, la più bella. Lui, con un mazzolino di margherite all’uscita. Poi arrivò Luca. E Paolo rimase nel passato.
«Lore, non crederai mai… Paolino mi ha scritto!»
«Quello che era cotto di te fino all’ultimo giorno di scuola?» rise l’amica. «E Luca, poi, lo aveva preso a male per la gelosia!»
«Mi ha mandato solo una richiesta.»
«Accettalo, allora! Adesso lavora in una grande azienda, si è pure lasciato…»
Le settimane seguenti sembrarono una favola. Messaggi. Civetteria. Risate fino all’alba. Paolo era attento, leggero, con un umorismo gentile… Solo che ora aveva la sicurezza di un uomo che aveva vissuto.
«Marco» disse una sera «voglio presentarti qualcuno…»
«Paolo?» Marco sorrise. «Mamma, lo vedo. Splendi. Sono felice per te.»
Le vennero le lacrime agli occhi. Ma poi Paolo iniziò a scrivere meno. Brevi messaggi. E infine…
«Rosalia, scusa. C’è un’altra. Tu allora scegliesti Luca—e mi fece male. Ora sai come ci si sente.»
Fissò lo schermo. Immobile. Un uomo adulto… che le montava uno spettacolo di vendetta dopo vent’anni?
«Basta piangere!» irruppe Lorena. «Adesso scriviamo a questo Don Giovanni.»
Insieme composero un messaggio—con ironia, rabbia e un po’ di sollievo:
«Caro Paolino! Grazie di cuore! Non ricordo l’ultima volta in cui ho riso così tanto, flirtato, sentito di essere ancora una donna. Mi hai fatto ringiovanire di vent’anni. Spero che la tua nuova compagna apprezzi la tua arte. Un bacio (platonico). Rosalia.»
La risposta arrivò subito—un fiume di insulti. Ma Rosalia rise. Di gusto, per la prima volta.
E una settimana dopo, una bionda la fermò al supermercato:
«Sei tu?! Quella che mi ha rovinato l’amore con Paolo?!»
Rosalia batté le palpebre. Poi, sorprendendosi lei stessa, sorrise:
«Oh, ha sbagliato persona. La vera ladra di cuori è Giulia. Via dei Pini, 15. Si è presa mio marito, e ora è arrivata a Paolo. Una professionista.»
La bionda rimase a bocca aperta, mentre Rosalia, quasi ridacchiando, tornò a casa. Immaginando la faccia di Giulia…
Il sole della sera accarezzava il suo viso. E all’improvviso capì—era felice. Semplicemente così. Senza uomini. Senza drammi. Senza bisogno di dimostrare nulla a nessuno.
Un messaggio di Marco:
«Mamma, io e Sofia abbiamo deciso di andare a vivere insieme. Vedremo come va. E poi… matrimonio.»
Rosalia sorrise. Eccolo, il vero amore. Vedere tuo figlio scegliere bene.
E lei?… Lei avrebbe semplicemente vissuto. Senza paura. Senza passato. Con speranza.
Perché la vita non finisce con un tradimento. Ricomincia con l’amor proprio.