Quando mi sono ammalato, mia moglie mi ha ignorato. Ho deciso di fare lo stesso con lei


Ci sono momenti nella vita che ti aprono gli occhi in modo brutale, lasciandoti senza fiato. Momenti in cui realizzi che la persona con cui hai scelto di condividere il tuo cammino, quella di cui ti fidavi e che pensavi si prendesse cura di te, in realtà non prova per te la stessa attenzione che tu hai sempre avuto per lei.

Io l’ho capito il giorno in cui mi sono ammalato.

Mi sono svegliato con un dolore lancinante in tutto il corpo. Avevo la febbre alta, ogni muscolo sembrava essere stato schiacciato da un macigno. La testa mi pulsava così forte che pensavo potesse esplodere da un momento all’altro. La gola bruciava, ogni respiro era una tortura. Sentivo la debolezza attraversarmi come un’onda, impedendomi persino di alzarmi dal letto.

Mi sono girato verso mia moglie, Giulia, che era seduta sul divano, immersa nel suo telefono.

“Giulia… sto malissimo. Ho la febbre alta.”

Lei non ha nemmeno sollevato lo sguardo dallo schermo.

“Quindi oggi non vai al lavoro?” ha chiesto con un tono piatto, come se fosse l’unica cosa che le importava.

L’ho fissata incredulo.

“No… non riesco nemmeno ad alzarmi.”

“Ah, va bene.”

E con questo si è alzata, ha fatto un lungo sbadiglio, si è stiracchiata e poi è sparita in cucina.

Nessun “Hai bisogno di qualcosa?”, nessun “Ti porto un po’ d’acqua?”, nessun “Ti preparo un tè?”.

Niente.

Sono rimasto lì, sudando e tremando sotto le coperte, aspettando che forse, all’ultimo momento, tornasse indietro con un gesto di premura. Ma non è successo.

Niente tisana calda. Nessuna compressa per abbassare la febbre. Neanche una parola di conforto.

Dopo ore di sofferenza, ho trovato la forza di alzarmi. Trascinandomi come un morto vivente, mi sono diretto in cucina per bere un sorso d’acqua.

E lì ho visto qualcosa che mi ha fatto ancora più male.

Il lavandino era pieno di piatti sporchi. Il tavolo era un disastro, pieno di tazze vuote e resti di cibo. Il frigorifero quasi vuoto. Se volevo mangiare qualcosa, dovevo prima lavare i piatti e poi cucinare.

E in quel momento Giulia è entrata in cucina.

Mi ha lanciato un’occhiata distratta, ha posato la sua tazza sporca nel lavandino e con un sorriso ironico ha detto:

“Oh, visto che riesci a camminare, allora non stai così male.”

Ho sentito un gelo improvviso dentro di me.

Non ho detto nulla.

Mi sono versato un bicchiere d’acqua e sono tornato a letto.

Ma dentro di me qualcosa si era spezzato per sempre.


Ho deciso di darle una lezione

Quella sera, quando la febbre è scesa leggermente, ho provato a parlarle.

“Giulia, oggi mi hai ferito. Davvero non ti importa se sto male?”

Lei ha alzato gli occhi al cielo, come se stessi dicendo una sciocchezza.

“Ma dai, è solo un po’ di febbre. Non morirai mica.”

Ed è stato in quel momento che ho capito tutto.

Non le importava.

E così ho deciso.

La prossima volta che lei si sarebbe ammalata, avrei fatto esattamente come lei aveva fatto con me.


Quando le parti si sono invertite

Non ho dovuto aspettare molto.

Due settimane dopo, Giulia è tornata a casa pallida, con gli occhi lucidi, lamentandosi di brividi e mal di gola.

Il mattino seguente non riusciva nemmeno ad alzarsi dal letto.

“Amore… mi sento uno straccio… mi fai un tè?” ha chiesto con voce flebile.

Non ho nemmeno distolto lo sguardo dal telefono.

“Il tè è in cucina. Puoi fartelo da sola.”

Un silenzio carico di tensione ha riempito la stanza.

Ho visto la sua espressione cambiare: prima confusione, poi incredulità.

“Ma… sono troppo debole per alzarmi… Mi porti almeno un bicchiere d’acqua?”

“C’è una bottiglia sul tavolo. Se hai sete, prendila.”

I suoi occhi si sono spalancati per la sorpresa.

Si è girata dall’altra parte, ha sospirato rumorosamente, ha chiuso gli occhi come se fosse sul punto di svenire, nel disperato tentativo di farmi sentire in colpa.

Ma io non ho mosso un muscolo.

Per tutto il giorno ha cercato di attirare la mia attenzione. Ogni tanto gemeva, poi sospirava, poi mi guardava sperando in una mia reazione.

Ma io sono rimasto impassibile.

E alla fine della giornata, ha perso la pazienza.

“Ma che ti succede?! Non sei mai stato così freddo con me!”

Ho posato il telefono e l’ho guardata dritto negli occhi.

“Adesso sai come mi sono sentito io.”

È rimasta in silenzio.

Per un attimo ho pensato che avesse finalmente capito.

Ma mi sbagliavo.


Alcune persone non cambiano mai

Qualche settimana dopo, mi sono ammalato di nuovo.

Questa volta era peggio: febbre alta, dolori ovunque, debolezza totale.

E Giulia?

Ha fatto esattamente quello che aveva fatto la prima volta.

Non mi ha chiesto come stavo. Non mi ha portato un bicchiere d’acqua. Non mi ha guardato neanche per un secondo.

Quando, con le ultime forze che mi rimanevano, le ho detto quanto mi facesse male il suo comportamento, ha sorriso e ha detto:

“Beh, l’ultima volta che ero malata, tu non mi hai aiutata. Perché dovrei farlo io adesso?”

Ho sentito il cuore sprofondare.

“Davvero? Per anni mi sono preso cura di te, ti ho portato il tè, ho cucinato per te, ti ho coperta quando tremavi… e tu ricordi solo quella volta in cui non l’ho fatto?”

Ha alzato le spalle.

E in quel momento ho capito tutto.

Giulia non sarebbe mai cambiata.


La verità che mi ha distrutto

Quella notte, mentre giacevo a letto con la febbre alta, un pensiero mi ha terrorizzato.

E se invecchiassi con questa donna?

Se un giorno fossi troppo debole per badare a me stesso?

Sarebbe lì per aiutarmi?

Conoscevo già la risposta.

E in quell’istante, ho realizzato la cosa più terribile di tutte:

Ho scelto la persona sbagliata.

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