Ci vai di nuovo da lei?
Livia trafisse il marito con lo sguardo. Marco continuava a infilarsi le scarpe.
Dai bambini, Liv. Dai bambini, non da lei, borbottò Marco, allacciandosi i lacci. Quanto ancora dobbiamo parlarne?
Livia tacque. Le labbra strette in una linea sottile. Avrebbe voluto dire mille cose, ma le parole le si erano incastrate in gola, formando un groppo doloroso.
Prima del matrimonio per te andava bene, riprese Marco, alzandosi e prendendo la giacca dallattaccapanni. Sapevi che avevo dei figli. Te lho detto subito. Dicevi di capire. E adesso che succede? Scene? Interrogatori?
Livia serrò i denti ancora più forte. Marco si infilò la giacca e, senza aspettare una risposta, uscì dalla porta. La serratura scattò, e lei rimase sola.
Passarono alcuni secondi prima che Livia riuscisse a muoversi. Le gambe pesanti come piombo. Crollò sul divano in salotto. Accese una stupida serie tv. Rumore di fondo. Qualcosa per soffocare i pensieri.
Lei e Marco erano insieme da tre anni. Due di matrimonio. E sì, lo sapeva dallinizio. Divorzio. Due figli. Un maschio e una femmina. Marco glielaveva detto al terzo appuntamento. Allora Livia aveva sorriso. Aveva detto che non era un problema. Che capiva. Che i figli non erano un ostacolo.
Ora quelle parole le sembravano ingenue, sciocche.
Livia si coprì gli occhi con una mano e respirò profondamente. Trattenere le lacrime diventava sempre più difficile. Il petto le si stringeva come schiacciato da una lastra invisibile.
Col tempo, sopportare era diventato impossibile. Due volte a settimana. Puntuale: martedì e sabato. Marco andava a casa dellex. A parole, per vedere i figli. Ma restava per cena. Passava tempo con lex moglie. Con Claudia.
Livia sapeva che era stupido. Si fidava del marito. O almeno, cercava di convincersi. Ma qualcosa dentro di lei sussurrava che la tempesta si avvicinava. Una vaga premonizione che le faceva sentire la nausea.
Quando Marco usciva, Livia restava sola nellappartamento. Si abbandonava allautocommiserazione. Si rimproverava per non riuscire a difendere la sua posizione. Per cedere alle promesse vuote del marito. Per tacere quando avrebbe dovuto urlare.
Afferrò il telefono e scrisse velocemente un messaggio allamica.
«È di nuovo da lei».
Il telefono vibrò. Una chiamata. Elena.
Pronto, disse Livia, cercando di non far tremare la voce.
Liv, ma che fai? Elena non fece giri di parole. Quanto ancora lo sopporterai? Ti tradisce. È ovvio.
No, El, non capisci, iniziò Livia, ma lamica la interruppe.
Capisco perfettamente. Due volte a settimana torna dallex moglie. Ci resta fino a notte. E vuoi dirmi che giocano con i Lego e i bambini?
Livia si passò una mano sul viso. Sapeva che Elena aveva ragione. Ma ammetterlo significava riconoscere che il suo matrimonio era una farsa.
Dice che tra loro non cè più niente, sussurrò Livia. Che ci va solo per i figli.
Dio mio, quanto sei ingenua, sospirò Elena. Liv, ti supplico. Apri gli occhi. Gli uomini normali non passano le serate con lex moglie. Gli uomini normali portano i figli fuori, li fanno stare con loro, poi li riaccompagnano. Il tuo invece sta nella sua cucina, mangia la sua carbonara e probabilmente le tiene la mano quando i bambini non guardano.
Elena, basta, Livia strinse il telefono.
Basta? Va bene. Ma ricordati le mie parole. Te ne pentirai. E quando succederà, non dire che non ti avevo avvertita.
La chiamata finì. Livia fissò il soffitto. In tv, qualcuno rideva a squarciagola. Ma a lei non importava.
Marco tornò verso mezzanotte. Livia lo sentì spogliarsi nel corridoio. Andare in bagno. Si sdraiò accanto a lei, e Livia sentì subito lodore di un profumo estraneo. Dolce, stucchevole.
Non gli chiese perché fosse tornato tardi. Non ne aveva la forza. Ma fu Marco a parlare, sistemandosi meglio.
Scusa per il ritardo. La piccola doveva fare un lavoretto per lasilo. Lho aiutata, borbottò Marco, già chiudendo gli occhi. Ha fatto una mucca con le pigne. Venuta buffa.
Livia annuì nel buio, anche se Marco non poteva vederla.
Così continuò per mesi. Martedì. Sabato. Uscita. Ritorno. Odore di un profumo estraneo. Scuse.
Poi Marco cambiò. Diventò più cupo, chiuso. Passava intere serate fissando il telefono, la fronte corrugata. Livia cercava di chiedergli cosa fosse successo. Ma lui la respingeva. Borbottava qualcosa di incomprensibile e se ne andava in unaltra stanza.
Dopo un paio di settimane, Marco le diede una notizia:
Senti, venerdì andiamo a un doppio appuntamento.
Livia si voltò, alzando le sopracciglia.
Con chi?
Con Claudia e il suo nuovo uomo.
A Livia sembrò che un macigno le fosse caduto dalle spalle. Allora Claudia aveva un altro? Allora Marco non era stato con lex? Non laveva tradita? Tutte le sue paure erano state inutili?
Un sorriso le apparve sul viso. Si girò verso Marco, lo abbracciò.
Certo, andiamo.
Venerdì arrivò in fretta. Livia comprò persino un vestito nuovo. Celeste, aderente. Voleva fare bella figura. Mostrare a Claudia che era degna di Marco. Che era la scelta giusta.
Arrivarono in un bar allaltra parte della città. Un posto accogliente, con tavoli di legno e luce soffusa. Claudia era già seduta con un uomo sui quarantanni. Alto, atletico, con un sorriso simpatico.
Ciao, Claudia si alzò per salutarli. Questo è Massimo.
Era bellissima. Snella, curata, elegante.
Massimo annuì, stringendo la mano




