Questa non è casa tua
Marianna vagava tra le stanze del vecchio appartamento milanese in cui aveva passato infanzia e gioventù, con il torpore triste di chi si accorge di essere ormai cresciuta. Aveva diciotto anni, ma sentiva già di avere il cuore logorato dagli anni. Perché il destino si diverte a strapazzarla così? La nonna era morta, non era riuscita ad entrare all’Università a causa di una compagna di banco, Ludovica, che aveva copiato tutto durante l’esame e, prima di consegnare, aveva bisbigliato qualcosa all’orecchio del professore. Questi si era rabbuiato, aveva chiesto a Marianna di mostrargli il compito e poi laveva espulsa dallaula, accusandola di aver copiato. Nessuno volle ascoltarla. Più tardi scoprì che Ludovica era la figlia di un avvocato ricchissimo. Come si poteva competere con persone così?
Ora, dopo tanta sfortuna, era comparsa di nuovo la madre, Annamaria, con due figli e un marito nuovo di zecca. Dove erano stati tutti questi anni? Marianna era cresciuta con nonna Rosina; la madre laveva abbandonata che aveva quattro anni, cercando qualcuno da cui farsi mantenere, lasciando la figlia nellappartamento materno. Di quel tempo remoto, Marianna non conservava nessun ricordo piacevole; la madre, mentre il padre lavorava, la lasciava a casa da sola e usciva a divertirsi. Anche dopo il matrimonio, non smise mai di cercare luomo giusto, neppure quando il padre di Marianna morì improvvisamente.
Vedova da pochi giorni, Annamaria non perse tempo: raccolse le proprie cose, lasciò la bambina davanti alla porta di nonna Rosina, vendette la casetta di periferia che aveva ricevuto in eredità dal marito, e sparì chissà dove. Inutilmente Rosina cercò di richiamarla al dovere, o almeno ai sentimenti.
Annamaria tornava ogni tanto, ma Marianna percepiva che a lei non importava. La volta in cui Marianna aveva dodici anni, la madre venne con il figlioletto Mattia, che allora aveva sette anni e pretendeva che la madre intestasse la casa su di lei.
No, Anna! Non avrai niente! rispose categorica Rosina.
Tanto quando schiatti, sarà comunque tutto mio! tagliò corto Annamaria, guardò la figlia con irritazione, afferrò Mattia e se ne andò, sbattendo la porta.
Nonna, perché litigate sempre quando viene la mamma? chiese Marianna.
Perché è una donna egoista, figlia mia! Forse ho sbagliato tutto sospirò Rosina.
La malattia arrivò allimprovviso. La nonna non si era mai lamentata della salute. Un giorno Marianna tornò da scuola e la trovò pallida e seduta, inerte, sul terrazzo, senza la consueta frenesia domestica.
Va tutto bene, nonna?
Non mi sento tanto bene Mariannina, chiama il pronto soccorso chiese con una calma insolita.
Poi, corsie dospedale, flebo, morte. Rosina passò i suoi ultimi giorni in rianimazione, Marianna non poté visitarla. In preda al panico e al dolore, telefonò alla madre. Annamaria inizialmente rifiutò di tornare, ma alla notizia della rianimazione fu costretta a venire in tempo solo per il funerale. Tre giorni dopo, portò a Marianna il testamento sotto il naso:
Questa casa ora è mia e dei miei figli! Tra poco arriva Marco, sai che non andate daccordo. Vivi da zia Giulietta per un periodo, va bene?
Il tono era freddo, quasi soddisfatto: sembrava felice che Rosina fosse passata oltre, così da poter finalmente mettere le mani sulleredità.
Marianna, travolta dal dolore, non riuscì a opporsi. Daltronde nel testamento tutto era chiaro. Così andò a vivere davvero da zia Giulietta, la sorella di suo padre. Ma anche lì la vita era difficile: la zia, donna vivace e insoddisfatta, riceveva continuamente amici rumorosi e sconosciuti. Alcuni di loro cominciarono ad avvicinarsi a Marianna, e la ragazza rimase terrorizzata.
Parlando di tutto ciò a Stefano, il suo fidanzato, ricevette una reazione inaspettata e confortante:
Non posso accettare che quegli uomini ti guardino in quel modo! esclamò, deciso ben oltre la sua età Andrò subito da mio padre. Abbiamo un monolocale in periferia, appena iniziavo luniversità mi aveva promesso che avrei potuto trasferirmi lì. Ho mantenuto la mia parte: ora tocca a lui mantenere la sua.
E io cosa centro? chiese Marianna, confusa.
Ma come? Viviamo insieme! rispose Stefano, oggi ti chiedo ufficialmente di diventare mia moglie. Vuoi vivere con me?
Le lacrime di Marianna, questa volta, furono di gioia.
Quando la zia venne a sapere del matrimonio, fu contenta; la madre, invece, ringhiò:
Vai pure a sposarti, eh? Guarda come ti muovi in fretta! Visto che non sei entrata alluniversità, hai trovato un altro modo per sistemarti! Non ti darò un euro, e questa casa è mia! Non avrai nulla!
Marianna fu ferita dalla cattiveria materna. Stefano la condusse a casa sua, dove i genitori si impegnarono a tirarla su di morale, offrendole tè e parole consolanti.
Il padre di Stefano, Cesare, ascoltò con attenzione:
Povera ragazza, quante ne hai passate! disse la madre di Stefano, Claudia.
Una cosa, però, non mi torna intervenne Cesare. Perché tua madre è così ossessionata da questa casa e ti ricatta, se c’è il testamento?
Non lo so singhiozzò Marianna. Chiedeva sempre alla nonna di vendere la casa, oppure di intestargliela, ma la nonna si rifiutava dicendo che così noi due finivamo in mezzo a una strada.
Hai fatto la successione dal notaio? chiese Cesare.
No perché? chiese Marianna.
Per riconoscere il diritto alleredità.
Ma la mamma ha il testamento. Io sono solo la nipote. Lho visto con i miei occhi.
Sospetto che sia più complicato. Dopo il weekend andiamo in uno studio notarile.
La madre tornò nel frattempo; portò alcuni fogli e voleva che Marianna li firmasse, ma Stefano intervenne:
Lei non firma nulla!
E chi sei tu per dirglielo? È maggiorenne, decide da sola! replicò acidamente la madre.
Sono il futuro marito. Lei non firmerà perché può solo farle del male.
Annamaria gridò insulti e se ne andò a mani vuote. Le domande di Cesare si fecero allora sempre più insistenti.
Qualche giorno dopo, si presentarono dal notaio.
Ascoltalo bene, e prima di firmare controlla tutto! raccomandò Cesare.
Il notaio era scrupoloso: accettò la richiesta di Marianna e, il giorno dopo, comunicarono alla ragazza che si era aperta la successione. Scoprirono anche un piccolo conto corrente che Rosina aveva messo da parte per gli studi universitari della nipote.
E per la casa? chiese Cesare.
La casa è già intestata a Marianna: la donazione è stata registrata anni fa. Nessun altro documento.
Donazione? chiese, sgranando gli occhi, Marianna.
Rosina è venuta da noi per intestarti la casa. Hai da poco compiuto diciotto anni, ora puoi gestirla come vuoi.
Ma il testamento?
Era vecchio, annullato poi dalla donazione. Forse tua madre non lo sa. La proprietaria sei tu: puoi restare quanto vuoi.
Tutte le ombre di Cesare si confermarono.
E adesso cosa faccio? chiese Marianna.
Le dici che deve andarsene tu sei lunica proprietaria.
Ma non lo farà mai! Sta già buttando le mie cose fuori!
Per questo esistono i carabinieri!
Furibonda, Annamaria li accolse con urla:
Ingrata! Vuoi buttare tua madre fuori casa? Sei falsa! Tutto questo è una messa in scena! Chi ti ha fatto venire queste idee strane? Il tuo fidanzato? Ho anche io un documento che dice che la casa è mia! Cè un testamento, sono io la legittima erede!
Giusto! Quindi sparite, o giù mani e piedi! tuonò Marco, osservando lintera scena.
Le sue minacce potrebbero avere conseguenze penali, signor Marco tagliò corto Cesare, con voce calma ma ferma.
E tu chi sei per insegnarmi la legge? Andatevene, la casa è in vendita! Devono arrivare i compratori!
Ma di lì a poco non giunsero clienti, ma la polizia. Constatata la situazione, ordinarono agli abusivi di abbandonare lappartamento. Annamaria, il marito e i figli si arrabbiarono, ma contro la legge non poterono nulla. Così Marianna ritornò a casa. Stefano si trasferì con lei, temendo che la famiglia della madre cercasse vendetta, e non fu paranoia: Annamaria e Marco continuarono per settimane a tormentare Marianna; saputo del conto, Annamaria cercò di ottenerne una parte e ci riuscì ma la casa le sfuggì per sempre. Solo dopo numerosi consulti legali, se ne andò con la sua famiglia, lasciando Marianna in pace.
Marianna e Stefano si sposarono. Lestate successiva lei si iscrisse allUniversità dei suoi sogni; al terzo anno ebbe la prima figlia. Riaprì il cuore alla felicità, grata al marito e ai suoceri: con loro al fianco, la vita si rivelò generosa.
Autrice: Odette
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LEnigma
La casa era vecchia, ma ben tenuta. Aveva passato poco tempo da sola, non si era lasciata incattivire dal vento e dalla pioggia della Pianura Padana. Per fortuna! pensava Dorotea. Di uomini qui non ne ho, e forse mai ne avrò. Non sono certo una matrona emiliana da prodezze muscolari: una che si intende di martello, cavalli imbizzarriti e catastrofi domestiche…
Salì la scaletta di pietra, trasse dalla borsa una grande chiave di ferro antico, e la girò nel lucchetto arrugginito.
***
Questo casale, chissà perché, glielaveva lasciato la Zia Benedetta, anziana parente di cui Dorotea aveva vaghi ricordi dinfanzia e nessun affetto vero. I vecchi, si sa, hanno logiche tutte loro: Benedetta aveva passato il secolo, e per Dorotea era forse cugina di secondo o terzo grado, cuoca di famiglia e sarta nelle domeniche piovose.
Dorotea aveva messo piede da bambina nella casa di Benedetta, già allora carcassa di pietra e vite rampicanti. Ma la Zia non aveva mai chiesto favori né pesato sulla famiglia; ora, semplicemente, era morta.
Quando dalla città di Rebus le giunse la telefonata che la informava della scomparsa di Benedetta, Dorotea impiegò un attimo a capire di chi si trattasse. Non si sarebbe mai aspettata, poi, di ricevere in eredità la casa e ben quattrocento metri quadri di terra.
Un regalo per la tua futura pensione! rise Gaetano, il marito di Dorotea.
Ho appena compiuto cinquantaquattro anni, la pensione è lontana rispose Dorotea ridendo. E chissà se non la spostano ancora avanti! Diciamo che è un regalo. Solo che ancora non capisco il perché. Pensavo zia Benedetta fosse morta decenni fa! Beh, visto il periodo, meglio accettare un dono che rifiutarlo.
Oppure venderlo! propose Gaetano, sfregandosi le mani.
***
Per fortuna, non vendettero nulla. Pochi mesi dopo che Dorotea divenne proprietaria di quella fetta di terra e casa, la vita le preparò unaltra sorpresa, ben più amara delleredità. Scoprì che il caro Gaetano aveva unaltra, e di colpo il casale divenne porto e rifugio: per pensare, per piangere, per sognare di un futuro tutto da ricucire.






