Ecco, proprio quello che mi mancava…
Benedetta viveva da sola. Con il marito non erano riusciti ad avere figli. Prima ci avevano provato, poi avevano pensato di adottarne uno dall’orfanotrofio. Decise lei, perché al marito importava poco. Lui era tranquillo così. Forse Benedetta ci aveva messo troppo tempo a prepararsi a quel passo importante, rimandando, riflettendo, e il tempo passava inesorabile. Dopo i quarant’anni, lasciò perdere l’idea. Aveva paura, a dirla tutta.
Suo marito, Enrico, era un appassionato di trekking, di campeggi con zaino in spalla e tende, di canzoni intorno al falò. E, devo dire, suonava benissimo la chitarra. Socievole, amava le compagnie, le serate tra amici.
Da giovane, anche a Benedetta piaceva quel tipo di vita. Ma con l’età, aveva cominciato a stancarsene. Bastava! Ogni weekend a camminare con lo zaino, tornare la domenica sera, lavarsi in fretta e il lunedì già al lavoro, con le punture di zanzara, il viso arrossato dal vento e le unghie trascurate. Le sarebbe piaciuto dormire di più nei giorni liberi, fare una doccia calda, invece di lavarsi nell’acqua gelida di un fiume o in uno stagno sporco. Usare un bagno normale, invece di offrire il sedere nudo alle zanzare.
Anche delle esperienze ci si stanca, quando sono troppe. Le faceva male la schiena, le articolazioni erano sotto sforzo. E smise di accompagnare Enrico nelle escursioni.
Lui, per solidarietà, saltò un paio di gite. Ma lei vedeva che era triste, irrequieto. E così lo convinse ad andare senza di lei. Lui fu felice.
“Ma perché l’hai lasciato andare da solo? Te lo dico io, qualcuna se lo porterà via. Magari col tempo si sarebbe calmato,” la rimproverò l’amica.
“Se non l’hanno preso da giovane, dubito accada adesso.”
“Non sottovalutarlo. Un uomo non è come una donna, ha sempre mercato,” scosse la testa l’amica.
“E allora? Vuoi che lo segua per paura che mi tradisca? Con tutti i miei dolori? No, grazie. Se vuole tradirmi, lo fa anche a casa. Non serve andare in montagna. Poi, abbiamo il nostro gruppo fisso.”
“Vedrai,” disse l’amica.
Da allora, Enrico non la invitò più. Andava da solo. Senza accorgersene, si allontanarono. Non avevano più argomenti in comune. Ma lei non notò niente di strano in lui.
Finché un giorno tornò a casa distratto, assorto nei suoi pensieri.
“Allora, dove siete andati questa volta?” chiese Benedetta, riscaldando la minestra.
“Sul solito percorso, ci sei già stata. C’erano dei nuovi.”
“Le foto? Me le fai vedere?” cercò di tirarlo su di morale.
“Te l’ho detto, è lo stesso posto di sempre,” lui abbassò lo sguardo, fissando il piatto.
Benedetta finse di credergli. Capì che era successo quello che l’amica aveva previsto.
Enrico rimase in silenzio per tre giorni, poi parlò.
“Perdonami. Mi sono innamorato. Davvero. Non pensavo potesse capitarmi,” disse, evitando il suo sguardo.
“Così, d’un tratto?” si stupì Benedetta.
“L’hanno portata al mio posto. È venuta con noi in alcune gite. Non posso vivere senza di lei.”
“È giovane?”
Enrico tacque.
“Capisco. E ora cosa vuoi fare? Te ne vai da lei?” Benedetta cercò di mantenere la calma, di non scoppiare in lacrime o urla.
“Lei sta divorziando. Ha un figlio. Non ha dove vivere, non posso portarla qui. Potremmo dividere l’appartamento.” Finalmente la guardò.
“E perché non divide il suo?”
“È del marito. Se non sei d’accordo, io… non so…” Si alzò e cominciò a camminare nervosamente.
La casa era stata acquistata insieme. Dentro di lei ribolliva il rifiuto. Ma dopo averci pensato, accettò, lasciandosi la possibilità di scegliere lei la nuova sistemazione. Le fece male vedere quanto Enrico fosse sollevato.
“No, sapevo che eri stupida, ma non così tanto,” disse l’amica, girando un dito sulla tempia.
“Hai ragione. Ma c’è un bambino. Non è colpa sua. Non sono una strega. A che mi serve un grande appartamento da sola?”
Fortunatamente, Benedetta trovò un monolocale luminoso, nello stesso quartiere, vicino al lavoro, appena ristrutturato. Dell’appartamento di Enrico non volle saperne. A che pro?
Rimase sola, in quel monolocale, senza marito e senza figli. Si sarebbe abituata.
Una sera tardi, squillò il telefono. Suo fratello. Chiamava raramente, anzi, solo una volta, quando era morto il padre.
Benedetta era venuta in città da un paesino per studiare. Viveva in una stanza condivisa, poi si era sposata… Per i suoi parenti, era ricca. Viveva e lavorava in città, aveva una casa. Certo, ricca. Si aspettavano regali costosi. All’inizio tornava spesso, ma i rimproveri negli occhi dei parenti, perfino della madre, e i discorsi sulla sua ricchezza la opprimevano. Come spiegare che la casa non era un lusso, ma una necessità, e che vivere in città era costoso?
Per i genitori, il fratello minore era la luce degli occhi. Sarebbe rimasto con loro, li avrebbe aiutati nella vecchiaia. Tutte le speranze erano riposte in lui. Il figlio, l’erede. Benedetta si sentiva esclusa, estranea. E smise di tornare. Poi Enrico si era appassionato al trekking, e non aveva più tempo.
Il padre era morto dieci anni prima. Quella fu l’ultima volta che tornò al paese.
Da quella chiamata non si aspettava niente di buono.
“Marco? Cos’è successo?” chiese, preparandosi al peggio. “La mamma?…”
“No, sta bene. Beh, è malata, non esce più. Non riesce a fare niente. Sai com’è, l’età. Potresti venire?”
“Non posso adesso. Forse tra un mese.”
Era sollevata che sua madre stesse bene.
“Senti…” Marco esitò. “Nadia mi ha lasciato. Ha detto che era stanca di badare anche a mia madre, che vivevamo su due fronti. Insomma, ha preso i bambini ed è andata via. E io? Sono un uomo. Non so badare alla casa. Lavoro. Mia madre non è d’aiuto, ha bisogno di assistenza.”
“Insomma, non sono solo. Sto con un’altra. Aspetta un bambino. Non posso caricarla anche di mia madre. Aiutami, prendila con te.”
“Chi?” non capiva se parlasse della madre o della donna incinta.
“Mia madre, mica Marta.”
“E Marta…”
“La mia compagna. Non siamo sposati, ma…”
“Sembra felice. Si sente dalla voce,” pensò Benedetta.
“Ma dove la prendo? Anch’io mi sono lasciata, ho un monolocale.”
“Meglio così! Farete compagnia. E c’è la pensione. Comunque, a mia madre Marta non piace. Vieni a prenderla. Qui morirà sola.”
Per quanto discutesse, capì che avrebbe dovuto prendersi sua madre. Dovette prendersi ferie non pagate e tornare al paese. La madre era orgogliosa del figlio, e lui voleva scaricarla su di lei. Pazienza, era pur sempre sua madre.
La madre la riconobbe, ma non mostrò particolareE mentre il telefono continuava a squillare, Benedetta prese un respiro profondo e rispose: “Enrico, dopo tutto questo tempo, cos’altro potresti mai volere?” e posò la cornetta con un sorriso amaro, sapendo che, alla fine, l’unica persona di cui poteva davvero fidarsi era se stessa.