Ricordo ancora il giorno in cui scesi dalla barca, il legno impregnato di resina e di alghe del fiume, e capii subito che non avrei più potuto tornare indietro. Laria qui era diversa: umida, carica dellodore di pino, di muschio, di pesce e di qualcosa di più profondo, come se fosse la vita stessa, pura e senza additivi.
Benvenuta disse il capo turno, un giovane in giubbotto da pescatore. Questa è la base Acque Vive. Metti la tenda dove vuoi. Il bagno è laggiù. Se vuoi dare una mano, domani alle otto al bordo del fiume ci occuperemo di pulire il tratto dagli scarti.
Tiziana annuì. La parola lavorare non la spaventava; era il silenzio a farle tremare il cuore. Per la prima volta dopo mesi nessuno le fece domande tipo: «Come stai?», «Hai già superato il momento?», «Torni a insegnare?». Nessuno la guardò con pietà o preoccupazione.
Pose la tenda su un piccolo pendio, proprio al filo dellacqua. Si sedette su un tronco, si tolse le scarpe e immerse i piedi nel fiume gelido. E, per la prima volta da molto tempo, non piangeva.
Passarono due settimane. Tiziana trasportava secchi, scavava trincee, lavava pentole. Le mani erano screpolate, la schiena brontolava per i pesanti attrezzi, ma nella testa regnava una quiete inusuale. Le persone della base erano di ogni tipo: studenti, biologi, ex informatici, artisti, volontari da ogni angolo dItalia. Tutti un po eccentrici, tutti un po smarriti.
Che cosa facevi prima? chiese una sera Ginevra, una ragazza dai ricci rossi e la voce rasposa.
Insegnavo. Storia dellarte, alluniversità di Firenze.
Perché te ne sei andata?
Mio figlio è morto un anno fa. È annegato. Non avevo più parole.
Ginevra non urlò, non agitò le mani. Si limitò a un cenno:
Capisco. Mio padre è morto di cancro lo scorso dicembre. Sono fuggita qui, altrimenti avrei perso la testa.
Qui non si impazzisce?
Qui la pazzia è permessa. Qui non fa paura.
Per la prima volta Tiziana sorrise.
Cominciò a disegnare su carta kraft ricavata da vecchi sacchi. Schizzi del fiume, degli uccelli, della gente intorno al fuoco. A volte anche del figlio, ora in giubbotto da pescatore e con il remo in mano, che le sorrideva.
Un giorno qualcuno appese i suoi disegni su una corda davanti al refettorio. La sera tutti portarono le proprie creazioni: foto, poesie, oggetti di corteccia.
Dichiarò il giorno dellespressione! gridò allegramente Andrea, il coordinatore alto e sempre spettinato. Chi era, chi è, chi vuole diventare, mostraci!
E tu? chiese Tiziana.
Ero un marketer. Ora porto unascia. E, sai, mi piace.
Risero entrambi e non si sentirono più a disagio per le proprie cicatrici.
Al terzo mese arrivò la tempesta, non dal bosco ma dalla città. Sulla barca sbarcarono la madre e la sorella di Tiziana, Maddalena e Veronica, avvolte in giacche colorate e con enormi valigie, i volti pieni di rimprovero.
Tiziana! Sei impazzita?! esclamò la madre, in piedi accanto alla tenda. Dove sei finita? Qui ci sono dei selvaggi! Guarda che aspetto! Signore mio, è legale?
Veronica osservava come se cercasse un posto dove lamentarsi.
Ti abbiamo cercata! Non rispondi al telefono, non leggi i messaggi, sei sparita come una ragazzina. E poi, tra laltro, sei quasi quaranta! E insegnante!
Tiziana rimase in silenzio. Il fuoco si spense per un attimo. Ginevra si avvicinò, le toccò delicatamente la spalla:
Vuoi parlare?
No. Ce la faccio da sola.
Siamo in shock continuò la madre. Pensavamo fossi in depressione. Abbiamo chiesto a uno psicoterapeuta, dice che hai bisogno di una riabilitazione.
Questa è la mia riabilitazione, mamma.
Non farla, dormi nella tenda, trasporti acqua, cammini con sconosciuti!
Non sono sconosciuti. E tu non mi ascolti da tempo.
Tiziana intervenne Veronica. Non ci senti. Siamo la tua famiglia!
Dove eravate quando giacevo sotto le coperte per settimane? Quando non riuscivo a alzarmi? Quando ogni giorno pensavo che sarebbe stato meglio morire al suo posto?
Cercavamo di aiutare!
No. Volevate solo dire: «Raccogliti, sei forte». La forza non è aiuto, è una scusa per stare lontani.
Il silenzio tornò, rotto solo dal fruscio del fiume.
Andrea si avvicinò con una tazza di tè. La madre si alzò di scatto:
Chi è? Ti ha programmato?
È una persona. Uno dei pochi che non teme il mio dolore. Io non sono programmata, sono viva.
Sei pazza sussurrò Veronica. Solo pazza.
Forse. Ma è la mia scelta.
Partirono il giorno dopo, senza addii. Tiziana rimase sulla banchina, a piedi nudi, con un barattolo di miele in mano. Ginevra si sedette accanto a lei.
Come stai?
Come un albero a cui hanno strappato le radici e che improvvisamente ha ricominciato a germogliare.
Sei fantastica. Professoressa.
Sì. Ma ora vivo.
A fine settembre Tiziana era una delle ultime rimaste nella base. Alcuni se ne erano andati, altri erano rimasti per linverno. Anche Andrea rimase, costruì una casa invernale, accese il focolare e preparò una zuppa di funghi.
Un giorno andarono insieme al fiume. Tiziana rimase silenziosa, poi disse:
Credo di essermi innamorata. Non di te, ma di me stessa, di questo luogo.
Andrea scoppi