Quindi, in questo stato, qualcun altro ti ha trovata desiderabile?” — L’ex marito non credeva alla mia felicità

**Diario Personale**
Quel giorno, mentre mi sistemavo il colletto della camicetta bianca davanti allo specchio nell’ingresso, sentii la voce del mio ex marito alle spalle:
“Allora, in questo stato sei ancora riuscita a trovare qualcuno che ti vuole?”
Non mi voltai. Sullo schermo, un pasticcere francese mostrava la tecnica per preparare i macaron. Seguivo ogni suo movimento con attenzione, annotando mentalmente le proporzioni.
“Non sono solo programmi, Paolo. Sono lezioni di pasticceria,” risposi piano, senza distogliere lo sguardo.
“Che differenza fa!” Paolo entrò in cucina, dove sulla tavola si raffreddavano gli éclair appena sfornati. “Hai riempito di nuovo la casa di queste sciocchezze. Guardati, Lara. Ventanni fa eri diversa.”
Sapevo cosa intendesse. Dopo aver avuto i bambini, ero ingrassata un po, ma niente di drammatico. Semplicemente, non ero più la ragazza esile di cui si era innamorato alluniversità. Ora ero una donna di quarantadue anni, madre di due studenti che tornavano a casa solo per le vacanze.
“I ragazzi adorano i miei dolci,” dissi, senza voltarmi verso di lui.
“I ragazzi sono grandi, Lara. Tu invece sei rimasta bloccata in questa cucina.”
Non era la prima volta che lo diceva. Ma negli ultimi mesi, il suo disappunto era diventato più tagliente. Sapevo che qualcosa era cambiato, ma non capivo cosa.
La risposta arrivò una settimana dopo.
“Ho conosciuto unaltra,” disse Paolo, seduto di fronte a me al tavolo della cucina. Tra noi, un piatto di torta di mele che non aveva nemmeno assaggiato.
Posai lentamente la forchetta. Lo stomaco mi si strinse, ma la mia voce rimase stranamente calma:
“Capisco.”
“È giovane, si tiene in forma. Lavora nel nostro ufficio, nel reparto marketing.” Paolo parlava senza guardarmi. “Lara, dobbiamo parlarne seriamente.”
“Parla.”
“Voglio andare da lei.”
Annuii, come se mi avesse annunciato il meteo del giorno dopo.
“E io?”
“Lappartamento rimarrà a te. Pagherò gli alimenti per i ragazzi finché non finiranno luniversità.” Finalmente mi guardò. “Lara, capiscimi. Non posso più continuare così. Tu non sei più la donna con cui mi sono sposato. Sei ingrassata, noiosa. Passi il tempo in cucina con queste stupide torte, guardi le soap opera…”
“Non guardo soap opera,” lo interruppi dolcemente.
“Che differenza fa! Sei diventata una gallina da cortile. Claudia ha ambizioni, progetti di vita. Vuole viaggiare, crescere…”
“E io no?”
“Lara, sii sincera con te stessa. Quandè lultima volta che hai letto qualcosa che non fossero ricette? Quandè lultima volta che abbiamo parlato daltro che non fosse cosa cucinare per cena?”
Mi alzai e mi avvicinai alla finestra. In cortile, i bambini giocavano e le loro risate arrivavano attraverso i vetri.
“Va bene,” dissi senza voltarmi. “Vai.”
Credo che Paolo si aspettasse lacrime, urla, tentativi di fermarlo. La mia calma lo lasciò smarrito.
“Lara, non volevo farti del male…”
“Eppure lhai fatto.” Mi voltai e, per la prima volta nella conversazione, sorrisi. “Ma sai una cosa, Paolo? Forse è meglio così.”
Un mese dopo, Paolo se ne andò. I ragazzi, tornati per le vacanze, presero il divorzio con tranquillità. Andrea, ventenne, mi disse:
“Mamma, sinceramente, non capivo più cosa vi tenesse insieme. Papà brontolava sempre, e tu tu sopportavi.”
Caterina, diciottenne, fu più emotiva:
“Mamma, ora vivrai da sola? Non ti annoierai?”
Ci pensai. Annoyarmi? Per la prima volta dopo anni, potevo fare ciò che volevo senza preoccuparmi del disappunto di qualcuno. Guardare le mie lezioni, sperimentare nuove ricette, leggere libri sullarte pasticcera.
Lidea venne allimprovviso. Mentre guardavo unaltra lezione di quel pasticcere francese, prendevo appunti sul mio quaderno e realizzai: sapevo più di molti professionisti. Ventanni di pratica quotidiana, migliaia di lezioni viste, centinaia di ricette provate. Avevo conoscenza, abilità e, soprattutto, passione.
“Una pasticceria,” dissi ad alta voce, e quella parola mi sembrò magica.
Trovare il locale giusto mi prese due mesi. Percorsi mezza Roma prima di trovare quello che cercavo: una piccola vetrina al piano terra di un palazzo residenziale, con grandi finestre e un ingresso indipendente.
“È un bel posto,” disse il proprietario, un uomo sui cinquantacinque anni con capelli brizzolati e occhi grigi attenti. “Ma nessuno lha mai considerato per una pasticceria. Sei sicura?”
“Assolutamente,” risposi, immaginando già le vetrine e i tavolini.
“Mi chiamo Enrico,” si presentò. “Enrico Martini. E tu?”
“Laura Rossi.”
“Piacere.” Sorrise, e notai quanto fossero caldi i suoi occhi. “Sai, ho una proposta. Se davvero vuoi aprire qui, potrei aiutarti con la ristrutturazione. Ho contatti con muratori, elettricisti. Faremo tutto velocemente e bene.”
“È molto gentile, ma…”
“Niente ma,” mi interruppe. “A dirti la verità, la tua idea mi piace. In questo quartiere non cè una pasticceria decente, solo catene con dolci surgelati. Qui potresti creare qualcosa di unico, fatto in casa.”
Lo guardai attentamente. Nelle sue parole non cera falsità, solo sincero interesse.
“Daccordo,” dissi. “Proviamoci.”
I lavori finirono in fretta. Enrico non solo mantenne la promessa, ma propose anche idee utili per larredamento. Veniva spesso a controllare i progressi, e le nostre conversazioni da professionali diventarono più personali.
“Pasticceria è sempre stato il tuo sogno?” chiese un giorno, mentre spiegavo allelettricista dove mettere le prese aggiuntive.
“No,” risposi onestamente. “Allinizio era solo un hobby. Cucinavo per la famiglia, per gli amici. Ma ora” Cercai le parole. “Ora posso fare ciò che amo davvero.”
“Il divorzio?” chiese delicatamente.
“Sì. Mio marito considerava la mia passione una perdita di tempo. Diceva che ero una casalinga grassa e noiosa, che passava il tempo a fare torte e guardare la TV.”
“TV?” Enrico sembrò sorpreso. “A me sembrava che guardassi programmi di cucina. Lultima volta che sono passato, sul tuo tablet cera una lezione sui dolci francesi.”
Fui sorpresa. In ventanni, Paolo non aveva mai notato cosa guardassi. Questo uomo laveva capito al primo sguardo.
“Sì, sono lezioni,” confermai. “Le studio da anni.”
“Allora hai una solida base teorica,” annuì Enrico. “E lesperienza pratica?”
“Venti anni di pratica quotidiana,” sorrisi. “Anche se finora i miei dolci li hanno assaggiati solo parenti e vicini.”
“Beati loro,” disse Enrico con sincerità, e sentii un calore diffondersi nel petto.
La pasticceria “Dolce Laura” aprì tre mesi dopo il divorzio. Il primo giorno vennero solo cinque clienti, il secondo dieci. Ma dopo una settimana, cera già una fila allingresso. Preparavo torte, pasticcini, macaron seguendo le ricette che avevo studiato per anni. E ogni

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