Redenzione Arrivata

**Il Pentimento di Gregorio**

Aurora era una donna creativa, piena di idee e fantasia. Qualsiasi cosa facesse, diventava interessante e bella. Era anche gentile, tranquilla, modesta, ma soprattutto indispensabile. Lavorava in una scuola elementare di campagna, insegnava ai più piccoli.

I bambini, i genitori e anche i colleghi la adoravano. Se un insegnante si ammalava, Aurora lo sostituiva volentieri, anche nel turno pomeridiano.

“Maestra Aurora, non riesco a risolvere questo problema,” le diceva il suo alunno, Marco.

“E hai almeno provato a pensarci un po?” gli chiedeva, sapendo che lui non voleva sforzarsi, voleva solo copiare. Se i compagni non glielo permettevano, allora si rivolgeva a lei.

E lei pazientemente glielo spiegava, finché Marco non capiva. E quando finalmente ci riusciva, si illuminava.

“Oh, alla fine era facile!”

Aurora era cresciuta in un orfanotrofio, poi aveva studiato allistituto magistrale. Da piccola, lavevano lasciata sulla porta dellorfanotrofio, e uninfermiera le aveva dato quel nome perché le piaceva. Il patronimico lo inventarono lì, il primo che venne in mente. Come tutti in orfanotrofio, Aurora imparò a sopportare e tacere le offese. A chi poteva lamentarsi?

Non conobbe mai laffetto dei genitori, ma sognava una famiglia e dei figli. Sapeva che avrebbe amato i suoi cari, avrebbe dato loro tutto lamore che non aveva mai potuto esprimere. Sperava di trovare un uomo con cui vivere luno per laltro.

Ma la vita volle che sposasse Gregorio, un autista di camion del paese. Lui notò la giovane maestra, e lei desiderava costruirsi un nido, avere un briciolo di felicità. Gregorio la osservava e un giorno la fermò.

“Aurora, ti guardo da un po. Sei una brava ragazza. Sposami. Non sono il tipo da romanticismi, fiori e sorprese, sono diretto. Sono più vecchio di te, ma pazienza. Ho una casa grande, i miei genitori sono morti giovani e vivo da solo. Voglio una padrona di casa,” disse serio.

Certo, Aurora come tutte le donne sognava un po di romanticismo. Immaginava il suo amato in ginocchio con un anello. Invece tutto era semplice: vieni e stai con me.

“Va bene, Gregorio, accetto,” rispose. E poco dopo ci fu un matrimonio semplice e lei si trasferì a casa sua.

Qualcuno cercò di dissuaderla.

“Aurora, pensaci bene, Gregorio non è luomo giusto per te. Hai unanima delicata, sei creativa, lui è solo un uomo rude. Siete diversi.”

Gregorio era sempre stato un solitario. Lavorava sodo e i suoi superiori lo stimavano, ma era chiuso, poco socievole. Aurora gli piacque perché era una ragazza carina, alta, con lunghi capelli raccolti in una treccia. A volte se li avvolgeva intorno alla testa, e a lui piaceva. Aveva occhi verdi, era timida e silenziosa. Una moglie perfetta per Gregorio.

Aurora si dimostrò subito unottima massaia. Teneva la casa in ordine, cucinava bene e il cortile era sempre pulito. Gregorio notò però che era un po strana: a volte leggeva poesie ad alta voce, cantava mentre puliva, e ogni cosa la rendeva felice. Lui non capiva queste sfumature, non era nel suo carattere. La sera guardava le soap opera e intanto lavorava a maglia, poi regalava i suoi lavoretti ai vicini.

Aurora cominciò a preoccuparsi.

“Perché non riusciamo ad avere un bambino? Viviamo insieme da tanto sarebbe ora. I figli sono importanti, sono il futuro, dovremmo essere come tutti gli altri.”

Anche Gregorio pensava agli eredi. Vedeva la moglie sempre più triste, il sorriso sempre più raro.

“Aurora è afflitta perché non riesce a rimanere incinta. Ha appeso icone in casa, la sento pregare,” pensava quando la sentiva sussurrare preghiere.

Lui non credeva in nulla, ma non le impediva di farlo.

“Che tenga pure le icone. Che preghi. A me non costa nulla. Lei crede, io no, ma è una sua scelta. Tanti hanno icone in casa. Tante donne vanno in chiesa.”

Come moglie, Aurora gli andava bene. Tranquilla, umile, rispettata nel paese perché insegnava bene ai bambini. Una volta però Gregorio tornò a casa e trovò una capra nel cortile. Poi arrivarono anche le galline, senza il suo permesso.

“Va bene,” pensò, “tutto fa comodo per la casa.”

Ma quando un giorno vide un cucciolo nel cortile, non trattenne il fastidio.

“Aurora, cosè questo cagnolino? Non ci servono cani, poi si riproducono e ci ritroviamo pieni.”

“Gregorio, è piccolino, si è avvicinato da solo. Lasciamolo stare. Una ciotola di minestra in più non ci rovina. Tutti hanno un cane da guardia, almeno abbaia se arriva qualcuno.”

Lo convinse. Il cane, nero e un po morbido, restò.

“Chiamiamolo Birillo, sarà intelligente, è già furbo anche se piccolo.”

Gregorio gli costruì una cuccia e col tempo si affezionò. Lo accarezzava, lo nutriva, gli sistemava la catena quando si aggrovigliava. Un giorno però il cane del vicino, Rocky, entrò nel loro cortile. Gregorio lo vide scappare quando tornò dal lavoro.

“Eh, Birillo, hai trovato un amico. Presto avremo cuccioli. E non ne abbiamo bisogno. Te lavevo detto, Aurora.”

Notarono che Birillo aspettava dei cuccioli. Gregorio diventò cupo, Aurora si preoccupò. Tornando da scuola, incontrò la vicina, Rosalia.

“Aurora, scusami, ma come fai a vivere con quel mostro di Gregorio?”

“Cosa è successo, zia Rosalia?”

“Gregorio non te lha detto?” Vedendo lo sguardo stupito di Aurora, continuò: “Ecco, te lo dico io, è un mostro. Stavo tornando dal paese vicino, dove abita mia nipote, e ho visto Gregorio trascinare Birillo al guinzaglio. Lei si ribellava, ma lui tirava. Gli ho chiesto dove la portava, e lui mi ha risposto di farmi gli affari miei. Ho avuto paura, ho pensato che volesse farle del male. Mi sono nascosta e ho visto che lha data a un uomo.”

Aurora si portò una mano al cuore e corse a casa. Rosalia le gridò dietro:

“Forse non avete figli proprio perché Gregorio è così crudele.”

Poco dopo arrivò Gregorio.

“Dovè Birillo? Perché la cuccia è vuota?”

Mai lo aveva visto così furioso.

“Non sono affari tuoi. Hai dimenticato il tuo posto? Il cane non cè più e non tornerà. Non voglio cuccioli. Lho perso. Fine.”

Aurora, offesa, si chiuse in camera e pianse.

“Con chi sto vivendo?”

Gregorio non si sentiva in colpa. Ma Aurora non gli parlò per giorni. Lui si sentì a disagio. Qualcosa lo tormentava. Non aveva mai visto la moglie così silenziosa. La notte non dormiva, gli sembrava di vedere gli occhi tristi di Birillo.

Per una settimana vissero come estranei. Gregorio non trovava pace, doveva riconciliarsi.

“Alla fine sono un uomo, farò il primo passo. Le donne sono tutte permalose.”

Si riappacificarono. Il tempo passò.

“Gregorio, aspettiamo un bambino,” gli disse un giorno Aurora.

“Bene, Aurora, sono felice! Avremo un

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