Gioia e Lorenzo si preparavano per le nozze. Tutto procedeva secondo i piani, finché i genitori dello sposo non annunciarono il loro “grande regalo” — avevano comprato un appartamento. Lorenzo raggiante, gli occhi accesi, dichiarò con orgoglio:
— Ho sempre sognato di vivere in centro! E finalmente si è avverato!
Gioia sorrise, dolcemente, ma con tensione. Il centro era sicuramente prestigioso, ma niente parchi, giardini, verde… Quando pensi seriamente al futuro, soprattutto ai figli, non guardi le facciate, ma l’ambiente. Lorenzo invece pensava solo alla facciata. E non solo in senso letterale.
L’appartamento fu acquistato prima del matrimonio. Gioia non obiettò — i soldi erano dei suoi genitori, e la decisione, in fondo, era la loro. Non era il tipo da pretendere ciò che non era suo. Inoltre, con Lorenzo avevano concordato: sarebbe stato temporaneo. Poi, una volta messi da parte i soldi, avrebbero comprato una casa insieme. La loro. Per la loro famiglia. Alla pari.
Ma quel giorno, al primo “pranzo di benvenuto”, le cose non andarono come sognato.
**Sogni e realtà: il primo colpo**
Quando le due famiglie si riunirono nel nuovo appartamento, Lorenzo era raggiante, e anche i suoi genitori. Si alzarono brindisi, auguri. Gioia tacque. Cercava di non mostrare quanto le fosse estraneo tutto quel trambusto intorno al “regalo”. Soprattutto quando il padre di Lorenzo annunciò ad alta voce:
— Certo, abbiamo speso parecchio. Quindi, credo sia logico che il matrimonio lo paghino i genitori della sposa. Dopotutto, noi abbiamo già dato la casa ai ragazzi!
Le parole rimasero sospese nell’aria. Lorenzo tacque. La madre di Gioia, Anna Maria, sorrise freddamente. Il padre annuì semplicemente.
— Nessun problema. Anche noi avevamo qualcosa in mente. Il nostro regalo sarà altrettanto degno.
Il giorno dopo, Gioia scoprì che i suoi genitori e il patrigno le avrebbero regalato… un appartamento. Il suo. Dove aveva sempre sognato — con il parco, la scuola, la tranquillità. Spazioso, luminoso, non in centro, ma nella vita. E in più, un’altra sorpresa: un’auto. Dai nonni. Gioia vi aveva messo anche i suoi risparmi — non per avidità, ma per senso di giustizia.
**Secondo benvenuto: dove c’è verità, c’è casa**
Due settimane dopo, Gioia invitò tutti — genitori, i loro nuovi compagni, Lorenzo e i suoi — a un nuovo pranzo. Nel suo appartamento.
— Ma dove siamo? — chiese Lorenzo, guardandosi intorno perplesso.
— I miei genitori mi hanno regalato la casa che sognavo. In un quartiere pensato per vivere, non solo per la vista dalla finestra — rispose con calma.
Le facce dei suoceri si allungarono.
— Noi vi abbiamo già fatto un regalo! — sbottò la suocera, Elisabetta. — Questo è troppo!
— Troppo? — replicò la madre di Gioia. — Abbiamo solo pareggiato i conti. Voi avete dato a Lorenzo un appartamento, noi a Gioia. Tutto equo. Alla pari.
— E in più l’auto! — aggiunse la nonna, posando le chiavi sul tavolo. — Non una macchinetta, ma una bella vettura. Perché mia nipote non manchi di niente.
Lorenzo balzò in piedi, afferrò Gioia per il braccio e la trascinò in cucina.
**La lite dopo cui non si torna indietro**
— Cosa hai combinato? Se i tuoi volevano aiutare, potevano contribuire alla casa futura, invece di mettermi in imbarazzo!
— Non ho messo nessuno in imbarazzo. I miei mi hanno fatto un regalo, come i tuoi hanno fatto a te.
— Ora mi vergogno! — urlò lui. — Mi hai fatto passare per inferiore!
— No, Lorenzo. Ho solo accettato ciò che mi è stato offerto. Come hai fatto tu. Solo che io non pretendo che tutto si adatti ai miei desideri.
— E l’auto? Io con la mia vecchia carcassa e tu con la macchina nuova?
— Lorenzo, vuoi fare a gara con me? Dovremmo essere partner, non rivali. O per te il matrimonio è una prova di superiorità?
— Sei solo ingrata! — ruggì. — Mi hai umiliato davanti ai miei genitori!
Gioia lo guardò a lungo, con fermezza.
— No, Lorenzo. Ti sei umiliato da solo, quando hai creduto che solo la tua opinione contasse. Che io dovessi stare zitta e ringraziare per qualcosa che non ho nemmeno chiesto.
Sbatté la porta della cucina. In salotto, i genitori litigavano:
— In casa deve comandare il marito! — urlava il padre di Lorenzo.
— Il rispetto viene prima di tutto — ribatté il patrigno di Gioia.
E lei batté le mani:
— Basta! Siamo tutti stanchi. Chi vuole andarsene, può farlo. Noi restiamo a festeggiare. Perché la vita non è un mercato, ma felicità. E la felicità è essere rispettati.
**La vita dopo le nozze mancate**
Lorenzo se ne andò. La suocera sbatté la porta. Gioia rimase. Nel suo appartamento. Con i suoi cari, con l’ugello nel forno, con una velatura di dolore nel cuore, ma con la mente lucida.
Quella sera capì una cosa fondamentale: se una persona si offende perché anche tu hai qualcosa, significa che non ha mai voluto essere alla pari. Gli sta bene solo se sei un gradino sotto.
Il matrimonio saltò. Lorenzo cercò di tornare — prima con i rimproveri, poi con le suppliche. Ma era troppo tardi.
E Gioia partì per una vacanza. Da sola, al volante della macchina nuova. Dalla nonna in campagna. Dove c’è verde, tranquillità, e dove l’aspettano sempre.
Si pentì di non aver sposato Lorenzo? All’inizio, sì. Poi capì: è molto meglio restare soli che vivere con chi, fin dal primo giorno, ti mette un gradino sotto.
E sapete una cosa?
Quel giorno fu il miglior “pranzo di benvenuto” della sua vita.