Giorgia trascorse l’intera giornata tra pentole e fornelli—era il suo compleanno, e tutto doveva essere perfetto: antipasti, primi, secondi. Verso sera, gli ospiti iniziarono ad affollarsi: i genitori, le amiche e, naturalmente, la suocera, Elvira Maria. Le ragazze si misero subito all’opera per aiutare la padrona di casa—disponendo piatti, posate, bicchieri. La festa prometteva di essere calorosa, familiare. Ma tutto cambiò nel momento in cui prese la parola la suocera.
«Mia cara nuora,» cominciò Elvira con un sorriso tirato. «Auguri per il tuo compleanno! E in occasione di questo evento così speciale, ti regalo…» Si avvicinò e porse a Giorgia una busta.
Giorgia l’aprì sorridente, ma, vedendone il contenuto, impallidì. Dentro c’era un buono per un corso di cucina.
«Spero vivamente che finalmente impari a cucinare,» disse la suocera con un tono gelido. «Così l’anno prossimo non ci sarà da vergognarsi a far sedere gli ospiti a tavola.»
L’aria si fece improvvisamente pesante. Giorgia rimase immobile, come pietrificata.
«Scherza? Nemmeno nel giorno del mio compleanno riesce a trattenersi?»
«Calma,» intervenne Luca. «Siediti. Parlerò io con lei.»
La trascinò in cucina. Nessuno seppe cosa accadde dietro quella porta chiusa, ma poco dopo Elvira se ne andò—portando via con sé quel buono. A tavola calò un silenzio imbarazzante, ma, con il tempo, gli ospiti si rilassarono. I brindisi ripresero, alla salute, all’amore, alla pazienza.
Quando quasi tutti se ne furono andati, rimasero solo le amiche. L’atmosfera, però, non era più festosa.
«Giorgia, ma davvero cucini male?» chiese Alessia.
«Ma no, non sono uno chef, ma tutto è commestibile. Mia suocera pensa solo che se non è suo figlio ai fornelli, allora è immangiabile.»
«Ma almeno ha mai assaggiato quello che prepari?» si stupì Beatrice.
«Raramente. Di solito decide già in anticipo che sarà disgustoso.»
Fu allora che venne l’idea. Giorgia decise di fare un esperimento per dimostrare che il problema non era la cucina, ma i pregiudizi.
Con Luca si misero d’accordo e organizzarono tutto. Lui cucinò i piatti, mentre Giorgia li «presentò» come suoi. Invitarono Elvira a cena. La suocera arrivò pronta alla battaglia, ma rimase piacevolmente sorpresa dalla tavola imbandita: zuppiera, carne, insalate, antipasti. Sembrava quasi disarmata.
«Be’,» borbottò. «Spero che il corso non sia stato inutile.»
Cominciò a mangiare. E, con riluttanza, fece anche un complimento.
«Il corso ha aiutato. Certo, non sei ancora al livello del mio Luca, ma almeno quei soldi non sono stati sprecati.»
Fu allora che Luca tirò fuori il telefono, avviò un video e lo mise davanti a lei.
Nello schermo, c’era lui ai fornelli, intento a preparare proprio quei piatti.
«Mamma, sono stanco delle tue critiche a Giorgia. Ieri hai mangiato il cibo che ho preparato io. Quindi ti è piaciuto. Se invece vuoi solo umiliarla senza motivo, non ci riuscirai più. Da oggi in poi, le lamentele sulla sua cucina non saranno più tollerate.»
Elvira impallidì.
«È tutta colpa sua! Ti sta manipolando! Io ti ho educato diversamente!»
«Basta, mamma. Mi stai allontanando da te con le tue mani.»
Si alzò con fare indignato e sbatté la porta uscendo.
Passarono mesi. Elvira non chiamò, non scrisse. Nemmeno Luca cercò la riconciliazione. Ma alla fine, cedette—capì che stava perdendo suo figlio. Chiamò, si scusò. Con Giorgia, riuscì lentamente a ricucire i rapporti. Certo, ogni tanto sfuggiva ancora qualche commento tagliente—ma molto più raramente. Giorgia imparò a ignorarli. Per la pace familiare.
Alla fine, anche le fortezze più salde crollano, quando la verità è impossibile da negare.