«Mamma, resta con noi»: come la visita della suocera ha sconvolto tutto
Rosa Serafina arrivò a far visita alla figlia e al genero.
«La nonna è qui!» esclamò felice il nipotino di cinque anni, Luca, non appena varcò la soglia.
In corridoio apparvero subito la figlia e il marito. Chiacchierarono a tavola, sorrisi di circostanza, tutto sembrava normale. Verso sera, Rosa Serafina si ritirò nella stanza che le aveva preparato la figlia per riposare un po’. Dopo un paio d’ore, sentendosi assetata, si diresse in cucina.
Avvicinandosi alla porta, udì la voce del genero. Parlava a bassa voce ma con tono tagliente al bambino, e ciò che sentì la lasciò senza fiato.
Rosa non si era mai intromessa nella vita degli altri. Non imponeva le sue opinioni, non criticava. Parlava solo se interrogata. Ma ultimamente nessuno le chiedeva più nulla. Eppure, ascoltando come proibissero al nipotino una fetta di torta, lo chiamassero Enrico invece di Luca e gli facessero prediche, improvvisamente capì: non poteva più tacere.
Rosa Serafina era una donna elegante, curata. Aveva cresciuto da sola la figlia dopo il divorzio, senza lasciarsi coinvolgere da altri. Con Livia avevano un rapporto quasi da amiche, si confidavano su tutto. La ragazza era partita per studiare a Milano e, una volta laureata, decise di restare. Allora la madre vendette la macchina e la casetta al mare, le diede tutti i suoi risparmi per comprarle un bilocale in periferia. Non nel centro, ma ben ristrutturato.
Livia era al settimo cielo. Poco dopo presentò il fidanzato, Massimo. Sembrava educato, raffinato. Ma Rosa fiutò subito qualcosa di strano: quello sguardo troppo penetrante, quel bisogno di controllo. E aveva ragione.
Massimo si rivelò geloso, avaro e dispotico. Pretese che Livia si sposasse con l’abito di sua sorella – «quasi nuovo». Il matrimonio si celebrò nel cortile dei suoi genitori: cibo casalingo, tendoni, vino fatto in casa. La luna di miele, nella soffitta. Il regalo di Rosa? Soldi. «Meglio in contanti», disse lui.
Rosa scrollò la testa. Avrebbe voluto commentare, ma si trattenne. Erano giovani, dovevano costruirsi la loro vita.
Nacque il nipotino. Lo chiamarono Luca, come il nonno. Ma Massimo annunciò che lo avrebbe chiamato Enrico, perché gli piaceva di più. A Rosa diede fastidio. Offrì il suo aiuto con il bambino, ma Massimo non nascose l’irritazione.
«Non serve, mamma. Ce la caviamo da soli. Fatti un giretto e poi torna a casa», disse con una smorfia, mentre Livia annuiva come ipnotizzata.
Passarono gli anni. In cinque anni, Rosa vide il nipotino una manciata di volte. Il cuore le doleva, ma non voleva imporsi.
Poi dovette recarsi in città per delle visite mediche e decise di fermarsi da Livia, anche se non ne aveva voglia. L’accoglienza fu gelida. Massimo non disse una parola, ma i suoi occhi parlavano chiaro. Il nipotino indossava vestiti logori, mangiava solo minestrone e cereali.
«Perché Luca non mangia la carne?» chiese Rosa, stupita.
«Massimo dice che fa male ai bambini. Solo cibo naturale: cereali, noci, insalate», rispose Livia a bassa voce.
Rosa rimase sconvolta. Al bambino era vietato tutto. Nemmeno l’asilo lo frequentava. Alla domanda sui vestiti nuovi, la risposta fu secca:
«Massimo dice che spendere soldi per i bambini è da stupidi. Si può prendere tutto gratis. I soldi vanno messi da parte».
Il terzo giorno, Massimo fu esplicito:
«Non entri nelle nostre stanze, non tocchi il nostro cibo. E paghi pure l’affitto».
Rosa rimase senza parole. Appena Massimo uscì, si rivolse a Livia:
«Livietta, ma davvero? Devo dormire sul divano, mangiare quello che mi porto io e pure pagare? Nel frigo avete solo verdure, e il bambino è vestito di stracci! Per cosa dovrei pagare?»
Livia borbottò che Massimo stava scherzando. Ma la goccia che fece traboccare il vaso fu quando Rosa offrì al nipotino una fetta di torta. Dall’altra stanza esplose un urlo:
«Cosa hai mangiato? Chi te l’ha dato? Tu non sei Luca, sei Enrico! Quante volte devo dirtelo?»
Massimo strappò la torta dalle mani del bambino. E Rosa non poté più stare zitta.
«Senti un po’, Massimo. Ti sei dimenticato con quali soldi è stata comprata questa casa? È di mia figlia! Tu qui non conti niente! Vergognati: il bambino mangia erba e indossa cenci, e tu osi chiedermi i soldi? Basta! Luca, andiamo, la nonna ti farà provare cosa significa mangiare bene!»
«La pizza è buona?» chiese il bambino, incuriosito.
«Buonissima! Andiamo.»
Di passaggio, gli comprò una maglietta nuova e un paio di scarpe. Al bar, Luca mangiò con tale gioia che Rosa tratteneva a stento le lacrime.
«Nonna, resti con noi? Perché io ho spesso fame, ma papà dice che non si può.»
«Certo che resto. Adesso la nonna sistema tutto.»
Quando tornarono, Massimo era già sparito. Si era portato via le valigie, il computer e persino la TV.
Livia non rimproverò la madre. Anzi, le sussurrò:
«Mamma, grazie. Volevo andarmene da tempo, ma non avevo il coraggio. Mi hai aiutato.»
Rosa andò a vivere con Livia e Luca. Quell’estate, partirono insieme per le vacanze. E Livia promise:
«Mi risposerò solo col tuo permesso. Sei la mamma migliore del mondo!»