Resterai sempre al mio fianco…

“Tu sarai sempre con me…”

Giulia rigirò le fette di carne che sfrigolavano in padella, abbassò il coperchio e sentì attraverso la finestra aperta il rombo di un motore avvicinarsi, seguito dal fruscio degli pneumatici sul vialetto. Vittorio era arrivato, e lei non aveva ancora finito di preparare la cena. Controllò la crostata di mele nel forno, prese le verdure dal frigorifero e cominciò a lavarle.

“Giù, sono a casa!” gridò Vittorio dall’ingresso. “Che buon odore!” disse entrando in cucina, annusando l’aria con gusto.

“Affamato?” Giulia chiuse il rubinetto e si voltò verso di lui. “Sei tornato presto. Non ho ancora finito.”

“Tranquilla, aspetto. E per dessert c’è qualcosa?”

“Sì, una crostata. Resistirai un altro po’?”

“Certo.” Lui uscì dalla cucina, e Giulia cominciò a tagliare le verdure per l’insalata. Odiava fare troppe cose insieme, soprattutto cucinare più piatti in una volta. Bastava una distrazione e qualcosa finiva carbonizzato. Ma quella sera tutto era andato alla perfezione. Apparecchiò la tavola e andò a chiamare Vittorio. Lo trovò in salotto, sdraiato sul divano con gli occhi chiusi, la televisione accesa sulle notizie. Mentre esitava se svegliarlo o no, lui aprì gli occhi.

“Sei stanco? Hai un’aria…” Giulia scosse la testa, cercando le parole.

“Un po’. Andiamo a cena?” Si alzò dal divano.
Si avviarono insieme verso la cucina.

“Mmm. Che bella tavola, e che profumo!” Vittorio osservò la cena pronta.

“Vuoi del vino? Ne è rimasto un po’,” propose Giulia.

“No. Non stasera.”

Le piaceva guardarlo mangiare, con appetito ma con garbo. Lo amava, tutto di lui: cucinare per lui, stirare le sue camicie, addormentarsi sulla sua spalla. Non era perfetto, ma lo amava così com’era, con le sue abitudini e i suoi difetti.

***

Si erano conosciuti quando entrambi portavano già sulle spalle il peso di un matrimonio fallito. Giulia non era riuscita a rimanere incinta nel primo matrimonio, anche se nessuno dei due aveva problemi di fertilità. “Succede,” avevano detto i medici, “bisogna avere pazienza e non perdere la speranza.”

Mentre lei aspettava, suo marito non aveva perso tempo e si era trovato un’amante. Una sua amica gliel’aveva confessato, avendoli visti insieme al centro commerciale mentre sceglievano vestiti per un neonato. Giulia non ci voleva credere. Doveva esserci un errore. Tra loro andava tutto bene… poi però i frammenti avevano cominciato ad incastrarsi, e la verità era emersa.

Fare una scenata? Ma a cosa sarebbe servito? Il bambino non aveva colpe, non meritava di crescere senza padre. Giulia soffrì terribilmente, ma decise di lasciarlo andare. Non avrebbe sopportato di vederlo scappare da lei, di nascosto o no. Se era arrivato a mettere incinta un’altra, allora l’amore fra loro era finito.

Quando quella sera lui tornò a casa, con la solita scusa del ritardo, Giulia non riusciva a cucinare, né a guardare la televisione. Il cuore le si spezzava dal dolore e dall’ingiustizia.

“Stai male?” le chiese lui, trovandola seduta sul divano al buio.

“No. Sto bene.”

“Allora è successo qualcosa ai tuoi genitori? Dimmelo.” Era lì, perplesso, preoccupato.

“È successo qualcosa, ma a te. Hai un’altra famiglia. Aspettate un bambino. E quando pensavi di dirmelo?”

“Allora lo sai già.” Lui inspirò rumorosamente, distolse lo sguardo. “Vuoi che me ne vada ora o…”

“Ora,” tagliò corto Giulia, voltandogli le spalle. Cercava di trattenere le lacrime, ma dentro di sé sentiva solo dolore, rabbia e disperazione.

Lui girò per casa, raccolse le sue cose senza guardarla. Lei oscillava tra il desiderio che si inginocchiasse a supplicarla di restare e la voglia che se ne andasse il prima possibile.

Il rumore delle ruote del trolley cessò vicino al divano.

“Ritiro il resto domani, ti va?” chiese.
Giulia annuì, senza voltarsi.

I rumori si spensero nell’ingresso. Pochi minuti dopo, la porta si chiuse con un clic. Ecco, era finita. Giulia realizzò solo allora che era davvero sola. E scoppiò in un pianto disperato. Le sembrava che ormai non ci sarebbe stato più niente: né famiglia, né amore, né felicità. La sua vita era finita.

Passò la notte insonne, vagando per casa scalza o piangendo nel cuscino. Al mattino si trascinò al lavoro con gli occhi gonfi e il naso chiuso per il pianto. Credendola malata, la rimandarono a casa. Quando rientrò nell’appartamento che era stato loro, notò subito che tutte le sue cose erano sparite. Nemmeno lo spazzolino da denti era rimasto, nemmeno la maglietta sporca nella lavatrice. Come se non fosse mai esistito, come se quei otto anni di matrimonio fossero un sogno.

Non sapeva se fosse un bene o un male. Poi decise che era meglio così. Non avrebbe dovuto vedere i suoi oggetti, avrebbe superato tutto più in fretta. Avrebbe voluto che quella precisione la avesse avuta sempre, invece di lasciare vestiti in giro e piatti sporchi.

Quella ferita doveva strapparsi tutta insieme, non a poco a poco. Non avrebbe sopportato di vederlo tornare con scuse per dimenticanze, né di trovare oggetti abbandonati. Ma piangere lo fece comunque, a lungo, per il loro passato.

Poi, un anno dopo, incontrò Vittorio. Era venuto in banca per un mutuo per la casa. E poi, per festeggiare, la invitò a prendere un caffè.

“Per chi costruisci una casa così grande? Per i tuoi figli?” chiese Giulia.

“Per me, per la mia futura moglie e i miei futuri figli,” rispose, e la guardò in un modo che sembrava parlare di loro due insieme.

Lei avrebbe voluto dirgli che sognava proprio quello: una casa, una famiglia, dei bambini. Ma non lo fece. Bastava già che avesse accettato quell’invito.

Lui le raccontò invece che, dopo la nascita della figlia, sua moglie era cambiata. Sempre insoddisfatta, pronta a urlare se lui non faceva qualcosa come voleva lei, se non la chiamava abbastanza. Le lamentele crescevano come una palla di neve.

“Capivo che non la aiutavo abbastanza, ma lavoravo, ero stanco anche io. E poi non mi lasciava nemmeno avvicinare alla bambina. Le proposi di staccare, di andare a trovare un’amica a Milano.”

Al ritorno, era un’altra persona. Felice, riposata. Gli confessò subito di aver ritrovato un ex compagno di università e di essersi innamorata di nuovo. Prese le sue cose e la bambina, e se ne andò.

Lui non la fermò, nonostante il dolore. Per un po’ andò anche a Milano a portare regali alla bambina. Poi però la piccola cominciò a evitarlo, e sua moglie gli disse chiaro e tondo che la figlia aveva un nuovo padre.

Così si ritrovarono, due anime sole. Ma tra loro la scintilla scoppiò all’istante. Con Vittorio era facile, come se si conoscessero da mille anni. Non volevano separarsi. E fu lei a invitarlo aAvevano trascorso anni felici, e ora che lui se n’era andato, le rimaneva solo il ricordo del suo sorriso, mentre il sole del mattino filtrava attraverso le tende, illuminando il vuoto che non sarebbe mai stato riempito.

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