Ricordi che risuonano nel silenzio

**Diario di un uomo saggio**

Oggi, mentre il sole tramonta sulla mia piccola finestra, mi torna in mente una storia che vale la pena raccontare. Qui nella casa di riposo, il silenzio è pesante, ma il mio cuore ricorda il rumore della vita. E sapete cosa ricordo più di tutto? Non le feste, né i regali, ma quelle sciocchezze umane che spezzano le famiglie.

Conoscevo una volta una coppia: Antonella Rossi e suo figlio, Luca. Vivevano in pace, finché lui non portò a casa una ragazza. Si chiamava Beatrice. Bella, truccata, con le unghie lunghe come artigli, ma ahimè, per il lavoro o per le faccende domestiche, le sue mani erano inutili.

Antonella, già dal primo incontro, strinse le labbra e mi sussurrò:
— C’è qualcosa in quella scioperata che non mi piace.

E non aveva torto. La prima volta che Beatrice lavò i piatti, sembrava aver spalmato più grasso che pulito. E con aria svagata disse:
— Non sporcherò le mie mani, non è roba per me.

E la suocera ribatté:
— E io non pulirò dopo di te. Qui non è un albergo!

Lei si strinse nelle spalle. E io pensai: questa storia non durerà. Ma Luca era testardo:
— La amo! La sposo!

Antonella cercò di dissuaderlo in ogni modo, ma invano. Due mesi dopo, il matrimonio si celebrò, e una settimana più tardi, consegnò loro le chiavi di casa.

Ma la gioia durò poco. Quando Antonella andò a trovarli, trovò un disastro da far rabbrividire: polvere, piatti sporchi nel lavandino, vestiti ovunque. E Beatrice, invece di pulire, si girava le unghie e dichiarava:
— Sto cercando me stessa. Il lavoro mi troverà quando sarà il momento.

E la suocera:
— Non sarà il lavoro a trovarti, ma gli strozzini quando verranno a prendere tuo marito per i debiti!

Perché Luca aveva già due prestiti e ne stava chiedendo un terzo per le sue capricci. E Beatrice, figuratevi, voleva anche una macchina.
— A cosa ti serve? — chiese Antonella.
— Per andare ai colloqui! Con l’auto ti rispettano di più! — rispose con aria alte.

E così continuarono a litigare, finché Antonella, asciugando la polvere dal frigorifero, non disse:
— Conosco mio figlio. Non resisterai a lungo.

E Beatrice, alle sue spalle:
— Lui mi ama!

Ma Antonella aveva già deciso: non avrebbe dato un altro centesimo per i loro debiti. E aveva ragione: un mese dopo, Luca tornò, non per la macchina, ma per chiedere alla madre di firmare un nuovo prestito.
— Per noi, mamma! Lo pagherò io!

E lei:
— So a chi hai promesso quella macchina. Ma a mie spese, mai.

Se ne andò imbronciato e disse a Beatrice che non ci sarebbero stati più regali. Lei urlò come se il mondo fosse crollato.

Fu allora che Luca ced

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