Rifletti sul tuo futuro se deciderai di separarti da un bambino innocente…

**Diario personale di Fiorella**

Oggi è domenica, potrei restare a letto. Ma mi sono stirata, ho scostato la coperta e mi sono alzata. Mi sono lavata il viso, ho preparato un tè fumante e l’ho sorseggiato guardando dalla finestra il cortile grigio, con gli alberi spogli e le pozzanghere dopo la pioggia. Il cielo è una coltre uniforme di piombo, sembra che da un momento all’altro possano cadere fiocchi di nevischio.

Ma devo uscire, almeno per buttare la spazzatura. Sono stanca di rimanere a casa a piangermi addosso. Non posso cambiare niente, Lorenzo non tornerà. Quando muore una persona cara, è come se una parte di te morisse con lei. Sento un vuoto dentro che, per quanto mi sforzi, non riesco a riempire. Il tempo non guarisce, spinge il dolore più in fondo, cancella i ricordi. Sono stanca di soffrire, di sentirmi persa. E ora, come faccio a vivere senza di lui? Per cosa?

Ci siamo conosciuti all’università. Al primo giorno di lezione si è seduto accanto a me. Un ragazzo sorridente, con gli occhi pieni di curiosità, proprio come me. Poi abbiamo corso insieme per i corridoi cercando le aule, fatto merenda in mensa tra una lezione e l’altra.

Al quinto anno ci capivamo al volo, come una coppia sposata da decenni.

*”Come farò senza di te? Non riesco neanche a immaginarlo. Finiamo gli esami e poi ognuno per la sua strada. Ascolta… e se non ci lasciassimo?”* mi chiese una volta Lorenzo.

*”E cosa mi stai proponendo?”* ribattei io.

*”Sposami.”*

*”Stai facendo una proposta di matrimonio?”* dissi, seria. *”Pensavo che non l’avresti mai fatto. E se ti dicessi di sì?”*

*”Davvero?”* si illuminò.

*”Di cosa sei felice? Per sposarsi non bastano un anello e la voglia di stare insieme. Ci vuole l’amore.”*

*”Siamo cresciuti insieme in questi anni. Chi ti dice che non ti amo? E tu? Mi ami?”*

Me lo sono chiesta tante volte. E ogni volta la risposta era sì. Sarei morta se lui si fosse innamorato di un’altra. Alla fine di agosto ci siamo sposati. Io vivevo con i miei genitori, lui era arrivato in città per studiare.

Le nostre famiglie si sono tassate e ci hanno comprato un bilocale. Senza parlarne, abbiamo deciso di aspettare per i figli. Mi sembrava tutto così irreale, come un gioco. Ma il tempo è passato, siamo stati felici. Dopo due anni, Lorenzo e il suo amico Riccardo hanno aperto una piccola attività.

Io, per prudenza, ho tenuto il mio lavoro. Se le cose non fossero andate bene, almeno avrei avuto uno stipendio. Ma Lorenzo e Riccardo ce l’hanno fatta. Alla fine mi sono unita a loro, occupandomi della contabilità per evitare sorprese.

Due anni dopo abbiamo comprato un appartamento più grande, una macchina, e facevamo almeno un viaggio all’anno. Portavamo a valigie di foto e video. Dopo la sua morte, ho cancellato tutto dal computer. Non riuscivo a guardarli senza scoppiare in lacrime.

Ricordo ogni dettaglio di quel maledetto giorno. Era domenica. Stavamo facendo colazione quando ha ricevuto una chiamata e si è preparato in fretta.

*”Dove vai?”* gli ho chiesto.

*”Riccardo ha combinato un pasticcio, un cliente vuole indietro i soldi. Vado a sistemare.”* Mi ha baciato sulla guancia ed è uscito.
Se avessi saputo che era l’ultima volta che lo vedevo… Non ho avuto nessun presentimento. Ma poi mi sono pentita di averlo lasciato andare da solo.

Un’ora dopo, la polizia mi ha chiamato dicendomi che era coinvolto in un incidente e che dovevo raggiungere l’ospedale. Ho preso un taxi subito. Se fosse morto, me lo avrebbero detto. Così ho continuato a credere che fosse vivo, finché l’agente che mi ha accolto non mi ha portata al obitorio per il riconoscimento.

Con la morte di Lorenzo è finita anche la mia vita. Si è occupato di tutto Riccardo. Mi ha detto di non preoccuparmi, di riposarmi, di prendermi il tempo che mi serviva…

Mi sono cambiata. Tutta la mattina sono stata in pantaloncini e canottiera. A Lorenzo piaceva vedermi così in casa, diceva che ero sexy.

Sono passati più di due mesi, è ora di uscire dal mio guscio. Devo riprendermi. Ora possiedo metà dell’azienda di Lorenzo. Domani è lunedì, è il momento di fare il primo passo. Se non ce la faccio, proporrò a Riccardo di comprare la mia quota, andrò in vacanza e poi cercherò un altro lavoro.

Sono uscita, prendendo il sacchetto della spazzatura. Fuori non faceva così freddo come sembrava dalla finestra. Ho buttato la spazzatura e ho deciso di fare una passeggiata. Infreddolita, sono entrata in un negozio e ne sono uscita con un vestito color blu fiordaliso. Non ho resistito. Dovevo pur avere qualcosa da mettere per tornare al lavoro, e i vecchi vestiti mi cadevano addosso.

La mia amica Silvia una volta mi ha detto che se fossi morta io invece di Lorenzo, lui non si sarebbe rinchiuso in casa. All’epoca ero d’accordo. Lui avrebbe sofferto, ma sarebbe tornato al lavoro, l’azienda aveva bisogno di lui. Gli uomini sono diversi, meno sensibili.

Il giorno dopo, in ufficio, oltre ai complimenti ho ricevuto sguardi di compassione e bisbigli alle mie spalle. C’erano così tanti documenti da firmare che mi è venuto il crampo alla mano. All’inizio li leggevo con attenzione, poi ho cominciato a sfogliarli senza leggere.

Sono tornata a casa in autobus. La macchina di Lorenzo dopo l’incidente era irrecuperabile. Sentivo un po’ di caldo, così sono scesa due fermate prima e ho deciso di fare una passeggiata. Il vento mi scompigliava la sciarpa leggera. Avrei attraversato il parco e sarei arrivata direttamente a casa.

*”Guarda come si è conciata. Con tutti i soldi che ha ricevuto dal marito, figurati se non si veste bene. E intanto un bambino sta morendo di fame”*, ho sentito dietro di me. Mi sono fermata.

Su una panchina sedeva una donna sulla settantina che mi fissava.

*”Parla a me?”* ho chiesto.

*”A te, sì. Non c’è nessun altro.”*

*”Mi conosce?”*

*”Sei Fiorella Maria Rossi. Tuo marito era Lorenzo Enrico Ross**”Tu sai che Lorenzo ha avuto un figlio da un’altra donna, e quel bambino ora soffre mentre tu vivi nella tua ricchezza.”**

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