**Diario di Marco**
Valentina non avrebbe mai immaginato che un giorno iniziato come festa si trasformasse in un punto di non ritorno. Lei e Tommaso erano andati al compleanno di sua madre, la signora Lucia. La donna brillava di felicità, circondata da fiori, auguri e attenzioni. Tutto il banchetto era stato organizzato con una precisione maniacale, ogni dettaglio perfetto per il suo momento di gloria.
—Ed ora, il figlio Tommaso farà un brindisi speciale! — annunciò l’animatore con entusiasmo.
Valentina, come tutti gli ospiti, si voltò verso il palco. Suo marito si alzò, sorrise, sistemò il microfono.
—Mamma, grazie per tutto. E per il tuo compleanno, ho preparato un regalo — disse con un sorriso enigmatico.
Quello che accadde dopo lasciò Valentina senza fiato. Tommaso consegnò a sua madre… gli atti di una villetta. Non un biglietto, non un gesto simbolico, ma una vera casa con giardino, orto, persino un angolo relax. Tutti applaudirono, la suocera pianse dalla gioia. Solo Valentina rimase immobile, pallida come la tovaglia, le dita strette ai braccioli della sedia.
Come hai potuto, Tommi?
Non voleva crederci. La mattina stessa, mentre si preparavano per la festa, aveva scoperto che dal conto dove entrambi avevano risparmiato per anni per un nuovo appartamento, i soldi erano spariti. Tutti. Non aveva avuto tempo di chiedere spiegazioni: Tommaso eludeva le domande, evitava il discorso. Ora era chiaro. Li aveva spesi per il “regalo” a sua madre. Senza chiederle nulla. Senza discutere.
Quel denaro non era solo suo. Era il loro futuro. La loro figlia, Ginevra, avrebbe iniziato la scuola a settembre, e Valentina voleva che avesse una cameretta tutta sua, un’infanzia serena. Per questo lavorava di notte, faceva turni extra, rinunciava alla ferie… E ora tutto si era trasformato nel sogno della suocera: una villetta con l’orto.
La festa era sua, la vergogna era mia.
Tommaso divenne il figlio perfetto. «Che bel ragazzo!» sussurravano gli invitati. «Così premuroso! Non come questi giovani di oggi…» singhiozzavano le nonne. Valentina lo osservava, orgoglioso, e capì: in quella famiglia, non c’era più posto per lei.
Quando si alzò e uscì dalla sala, nessuno se ne accorse. O fecero finta.
Camminò a casa sotto un cielo afoso, le gambe intorpidite. L’appartamento era vuoto. Ginevra dormiva da sua madre — per Dio, almeno così non l’avrebbe vista piangere.
Tirò fuori una bottiglia di prosecco dal frigo, accese la luce e pianse davvero, per la prima volta da anni. Senza trattenersi. Senza orgoglio. Non per rabbia, ma per lo sfacelo.
La discussione fu breve.
—Ma che ti passa per la testa?! — sbottò Tommaso appena rientrato.
—Io? Sei il a buttare via i nostri soldi senza dirmi nulla. Hai fatto lo spettacolo. Comprato a tua madre una villetta invece che una casa per la tua famiglia. Hai deciso da solo? Allora vivi da solo.
—Dai, Valentina, non esagerare. Riprenderemo i soldi. Non è mica una sconosciuta, è mia madre! Andremo tutti là, faremo grigliate con Ginevra…
—Tu vai pure. Ma senza di noi. Chiedo il divorzio. E andrò in tribunale. La metà di quei soldi è mia, e li rivoglio.
Tommaso se ne andò. Senza neanche prendere le sue cose. Solo uno sbattere di porta. Un’ora dopo, chiamò la suocera:
—Ma chi ti credi di essere? Pens**…E mentre riagganciava, Valentina sorrise tra le lacrime, sapendo che finalmente poteva respirare.**