Per mesi, ogni minuto libero l’ho dedicato a pulire. E ora mi danno della sciatta.
Da quando io e Matteo ci siamo innamorati, gli anni sono passati lentamente, ma con sicurezza. Lui era premuroso, attento, faceva di tutto per farmi sentire amata. Pochi mesi fa mi ha chiesto di sposarlo, e io, felice, ho detto di sì. Sognavamo un futuro insieme, pianificavamo la nostra vita, e sembrava che nulla potesse rovinare la nostra felicità.
I suoi genitori sono partiti per le vacanze e ci hanno proposto di trasferirci nella loro casa per il periodo dei preparativi del matrimonio. Matteo ne era entusiasta: finalmente avremmo vissuto insieme, assaporando la vita domestica. Io ho accettato, anche se dentro di me c’era un lieve timore: quella casa non era la mia, i suoi genitori li conoscevo poco, e il peso della responsabilità mi opprimeva. Ma l’amore è più forte della paura.
All’inizio, tutto sembrava perfetto. Mi sono dedicata anima e corpo alla casa: cucinavo, lavavo, mettevo ogni cosa a posto. Matteo raramente mi aiutava, convinto che il ruolo dell’uomo fosse quello di lavorare e quello della donna di creare l’ambiente domestico. Non ho protestato. Dopotutto, lui guadagnava bene, e mi sembrava giusto occuparmi io della casa.
Poi, i suoi genitori sono tornati.
Avevo pulito ogni centimetro della casa, lucidato pavimenti e vetri, spolverato ogni mobile, sistemato ogni armadio e ripiano. Avevo preparato una cena abbondante e cotto una torta, sperando di accoglierli con calore. Ma invece di ringraziamenti, solo umiliazione.
“Pare che tu non abbia pulito il water, né la vasca,” mi ha riferito Matteo, visibilmente a disagio. “E la cucina è devastata. Ah, la torta poi… immangiabile.”
Mi sono sentita come se avessi preso una coltellata. Mi ero spezzata la schiena per dimostrare che ero una brava padrona di casa, e in cambio ricevevo solo disprezzo. Ero certa che le critiche fossero pretestuose: nessuna persona normale avrebbe trovato da ridire su quella pulizia. Ma la suocera, evidentemente, aveva già deciso che non le piacevo.
Dopo quell’episodio, Matteo si è fatto distante. Non parlava più del matrimonio con lo stesso entusiasmo, non faceva progetti. E io ho iniziato ad avere paura. Davvero basta l’opinione di sua madre per distruggere tutto?
Ma io, cosa avrei dovuto fare di più per essere accettata? Forse ho sbagliato ad accettare la proposta. Se nemmeno con tutto il mio impegno sono riuscita a conquistare sua madre, cosa mi aspetterà dopo il matrimonio? Critiche continue? Umiliazioni? Una lotta quotidiana per l’attenzione e il rispetto di mio marito?
A ripensarci, avrei dovuto comportarmi da ospite, non da padrona di casa. Non intromettermi, non cercare di piacere, non affannarmi tanto. Forse allora non avrebbero avuto ragione di lamentarsi.
Matteo, prima di tutto questo, aveva accennato al fatto che sarebbe stato bello vivere con i suoi genitori finché non avessimo messo da parte abbastanza per comprare casa. Ma dopo quello che è successo… no. Non metterò mai più piede in quella casa. Se non c’è rispetto, non ci sarò nemmeno io.
Ora mi trovo davanti a una scelta: continuare a lottare per Matteo e la sua famiglia, annullandomi, oppure fermarmi e chiedermi se davvero voglio una vita così. Dove non c’è rispetto all’inizio, difficilmente nascerà amore e accettazione in futuro.
Forse il problema non sono io, ma il fatto che sto cercando di entrare in una famiglia che non vuole accogliermi.