**Per Sempre Tornata**
Quando la mamma decise di risposarsi, Giulia non aveva nulla in contrario. Le piaceva il nuovo compagno di sua madre, Paolo, un uomo tranquillo ed equilibrato che sapeva sempre come parlarle. La trattava con gentilezza e rispetto, e verso la mamma era premuroso e affettuoso. Tutto sembrava perfetto, ma Giulia, quindicenne, pose una condizione:
«Mamma, non mi oppongo al tuo matrimonio, tanto più che Paolo è una brava persona. Senza di me, saresti solaprima o poi dovrò andare alluniversità. Ma io me ne vado a vivere dalla nonna, a Firenze.»
«Come, dalla nonna? A Firenze? Hai solo quindici anni, sei ancora minorenne! Come posso lasciarti senza supervisione?» La mamma era fermamente contraria.
«Mamma, ma come senza supervisione? Ci sarà la nonna! Ti ha cresciuta da sola, no? Si prenderà cura di me, se hai tanta paura.» Giulia era irremovibile. «Ho già parlato con lei, ed è felice che io vada da lei.»
«Ah, capisco, avete deciso tutto alle mie spalle.» La mamma sembrava più delusa che arrabbiata.
«Mamma, credimi, sarà meglio così. Anche se Paolo è una brava persona, per me è pur sempre un estraneo.»
La madre sospirò, riflettendo, quando il telefono squillò. Era la nonna, Anna Maria.
«Ciao, figlia mia, allora? Avete deciso per il trasferimento di Giulia? Credo proprio che starebbe meglio con me. Sai quanto adoro mia nipote, e davvero pensi che non saprei gestire una ragazza quasi adulta?»
«Sì, mamma, so che ami Giulia, ma capisci il cuore di una madre»
«Andrà tutto bene, non preoccuparti. Se ho saputo crescere te, saprò farlo anche con lei. La terrò docchio.»
La mamma chiuse la chiamata, mentre Giulia, già pronta a fare le valigie, disse allegramente:
«Mamma, non ti agitare! Sarà fantastico!»
Anna Maria non era una donna fragile, ma unanziana ex-insegnante di matematica dal carattere deciso. E anche Giulia non era certo docile. Tra loro capitavano piccoli litigi e incomprensioni, ma la nonna era saggia e non lasciava mai che le discussioni degenerassero.
Quando litigavano, la sera stessa Anna Maria entrava nella stanza della nipote, le accarezzava i capelli ricci e iniziava a raccontarle storie o fiabe. Giulia sorrideva e si addormentava, dimenticando ogni rancore. Altre volte era lei a fare il primo passo, riconoscendo di aver sbagliato.
Allora comprava i cioccolatini preferiti della nonna, bevevano il tè insieme e la pace era fatta. Così vissero, finché per Giulia non arrivò il momento di partire. Aveva deciso da sola. Si era laureata a Firenze, trovato lavoro, ma lo stipendio era misero. Una collega le parlò di unazienda importante a Milano, con ottimi capi, colleghi gentili e uno stipendio dignitoso.
«Nonna, non arrabbiarti. Parto per un posto lontano, ma resteremo sempre in contatto.»
«Giulietta», disse la nonna accarezzandole i capelli, «davvero devi andare così lontano? Non puoi trovare niente qui?»
«Nonna, ho già lavorato qui. Primo il periodo di prova, poi mi hanno assunta con lo stipendio più bassomille euro al mese!»
«Ma sei appena uscita dalluniversità! Devi fare esperienza, non si comincia dallalto. Chi nasce tondo non muore quadrato», insistette Anna Maria.
Ma Giulia era irremovibile. Voleva tutto e subito: un lavoro interessante e soldi. Fece le valigie e partì.
A Milano, la fortuna le arrise. Trovò un buon posto con uno stipendio decente, persino un alloggio aziendale. Quando ricevette il primo stipendio, esultò. Felice, entrò in un negozio e comprò dolci e i cioccolatini preferiti della nonna. Ma quella sera, bevendo il tè da sola, sentì una tristezza immensa: non aveva nessuno con cui condividerli. I cioccolatini rimasero nella scatola.
Passò il tempo. Parlava quasi ogni giorno con la mamma e la nonna, tutto sembrava a posto. Risparmiava per comprare unauto, magari facendo un prestito. Ma come si dice, luomo propone e Dio dispone
Un giorno, la mamma la chiamò: Anna Maria era morta.
«Come? Mamma, cosè successo?» chiese Giulia, in lacrime.
«Il cuore, piccola. La nonna lo teneva nascosto. Lo sapevo, ma non credevo sarebbe successo così presto. Non si è mai lamentata.»
Per Giulia fu uno shock terribile. In taxi, le lacrime le rigavano il viso.
«Sta male? Posso farle qualcosa?» chiese lautista.
«No, grazie non può aiutarmi.» Avrebbe pianto a casa, ma non riusciva a trattenersi.
«Comè possibile?» pensava. «Sono arrivata tardi al funerale per la nebbia non ho potuto salutarla.»
Giulia si fermò davanti alla porta dellappartamento, che ora era suo. Anna Maria glielo aveva lasciato in eredità. Esitò a lungo, poi entrò. Un silenzio opprimente la accolse.
«Forse dovrò venderlo», pensò, sedendosi sulla sua poltrona preferita. Ricordò la nonna che, accogliendola, diceva:
«Giulietta, lavati le mani, faccio scaldare lacqua per il tè»
Un tempo felice. Ora, solo silenzio. Coprì le orecchie, ma il vuoto era insopportabile. Poi, un rumore la distrasse. Un miagolio. Spaventata, stava per scappare quando vide una testina rossa spuntare dallarmadio.
«E tu chi sei?» disse, sorpresa, quando il gatto saltò fuori.
Ricordò che la nonna le aveva parlato di una gatta trovata per strada a maggio, e laveva chiamata Maya.
«Maya!» esclamò. La gatta le si strofinò alle gambe e si diresse in cucina, invitandola a seguirla. «Ah, hai fame.»
Si chiese come mai la gatta fosse rimasta sola, ma capì che si era nascosta nellarmadio. Poi udì un altro miagolio. Maya saltò di nuovo dentro e ne tirò fuori due buffi gattini rossi.
«Santo cielo! Una famiglia intera!» disse Giulia, mentre Maya si sdraiava per allattarli.
«Mio Dio e ora che faccio?»
Non sapeva nulla di gatti, così cercò su internet il numero di un veterinario.
Poco dopo, suonò il campanello.
«Buongiorno, hanno chiamato per un animale?»
Sulla soglia cera un giovane simpatico, poco più grande di lei.
«Sì, entri.» Lo guidò in camera. «Ecco.»
«Cosa è successo? Mi chiamo Luca», disse il ragazzo.
«Un parto. Quello della gatta», rispose.
«Questo lho capito. Serve assistenza? Sono malati?»
Giulia spiegò: la nonna era morta, lei era arrivata tardi, e ora questo.
Luca le insegnò come accudire i gatti, aiutandola a sistemare una cuccia calda. Le scrisse una lista di cose da comprare e le lasciò il suo numero.
Il giorno dopo, la chiamò.
«Come sta la famiglia felina? Posso passare stasera per un controllo?»
«Tutto bene. Venga pure, saremo felici», rispose Giulia.
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