Sara sciolse con attenzione il nodo, sentendo come la piccola scarpa tremava tra le sue mani. I lacci erano robusti, nuovi — non come quelli strappati che le davano nel rifugio.

Sara scioglie con attenzione il nodo, sentendo il piccolo stivale tremare tra le sue dita. I lacci sono nuovi, robusti, non come quelli strappati che le davano al rifugio. Inspira, guardando le ginocchia ferite di lui.

Ecco, ora sei pronto. Non inciuperai più.

Il ragazzino le sorride ampia, così pura e sincera che per un istante il mondo intorno perde la sua grigiozza.

Grazie, signora.

Mi chiamo Sara corregge, a disagio per il suono del proprio nome. Da molto tempo nessuno lha chiamata così.

Lui annuisce, tira fuori dalla tasca un fazzoletto di carta schiacciato e glielo porge.

Prendi, così ti asciughi le mani.

Sara sorride malinconica e scuote la testa.

No, tienilo per te. Guarda, il naso sanguina un po’.

Il ragazzino si pulisce il volto e, sullo stesso momento, un nero fuoristrada si ferma bruscamente sulla strada. Le gomme stridono, e dal veicolo scendono due uomini in giacca e una donna con gli occhiali.

Emilio! urla la donna con voce tremante. Signore, cosè successo?!

Il ragazzino balza.

Stavo solo inseguendo i piccioni…

Mi avresti provocato un infarto! grida, afferrandolo alle spalle. Il suo sguardo si sposta su Sara. Chi siete voi? Cosè successo?

Sara fa un passo indietro.

Niente è solo caduto. Lho aiutato.

La donna la scruta con sguardo severo, valutandola dalla testa ai piedi: la felpa logora, il viso stanco, le mani screpolate.

Voi siete senzatetto?

Sara rimane in silenzio, abbassando il capo.

In quel momento la portiera del fuoristrada si apre e ne esce un uomo alto, i capelli dargento ai lati del volto, alto, in un lungo cappotto, lo sguardo duro come lacciaio.

Che cosa succede qui? chiede calmo, ma con una voce che sembra comprimere laria.

Questa donna ha toccato il bambino dice la donna. Sostiene di averlo aiutato.

Luomo fissa Sara.

Chi siete?

Lei deglutisce a fatica.

Nessuno. Solo una persona che non ha potuto passare oltre un bambino che piange.

Lui tace. Poi si inginocchia davanti al ragazzino, esamina attentamente la fronte.

Fa male, Emilio?

No, papà. Questa donna mi ha aiutato. È buona.

Luomo si alza. Il suo sguardo si addolcisce per un attimo, poi si irrigidisce di nuovo.

Mettilo nella macchina ordina alla donna.

Quando restano soli, lui si volta verso Sara.

Lo conoscevate?

No. Per me era solo un bambino che aveva bisogno di aiuto.

Lui la osserva attentamente.

Sapete quante persone fingevano compassione se scoprissero che è il figlio di uno dei più ricchi milanesi?

Sara scuote la testa.

Non lo sapevo. E non cambierebbe nulla. Il suo sangue scorre, ed è abbastanza.

Luomo tira fuori il portafoglio, estrae una banconota da cento euro e gliela porge.

Prendi.

Sara indietreggia.

No, grazie.

È solo un gesto di gratitudine.

Se la prendo, diventa uno scambio. E io non vendo quello che sento.

Lui alza un sopracciglio.

Siete molto orgogliosa per una senza tetto.

Forse è lunica cosa che mi resta mormora.

Luomo non risponde. La fissa a lungo, poi si gira e rientra nellauto.

La mattina successiva Sara è di nuovo sulla stessa panchina. La città si sveglia laroma di caffè e cornetti si mescola al rumore dei tram e dei passi.

Tira fuori dalla tasca un piccolo ciottolo, quello che Emilio le aveva infilato nella mano prima di andarsene.

Prendilo, cara Sara le aveva detto. È il mio sasso fortunato. Non ti farà paura nella notte.

Sara sorride e lo stringe forte nel palmo.

Allora davanti a lei si ferma lo stesso nero fuoristrada. Questa volta luomo è solo.

Posso sedermi? chiede.

Sara annuisce.

Stanno in silenzio per un attimo.

Ieri pensavo foste tutti uguali dice luomo. Ma stamattina mio figlio ha chiesto perché non vi avremmo invitato. Ha detto che siete brava.

Sara distoglie lo sguardo.

Non appartengo al vostro mondo.

E il mio mondo è giusto? sorride amaramente. È pieno di persone con proprietà, ma senza cuore.

Lui estrae una busta e la posa sulle sue ginocchia.

Dentro non cè denaro. Solo un indirizzo. Un centro di assistenza che finanzio. Dite che venite da me. Vi daranno una stanza e un lavoro.

Sara lo guarda perplessa.

Perché lo fate?

Perché ieri mio figlio ha detto che qualcuno è buono. E ho capito che io stesso non merito più quella parola.

Gli occhi le si riempiono di lacrime.

Grazie

Non mi ringraziate sorride leggero. Ditevelo da sole. Avete salvato non solo lui forse anche me.

Si alza, ma prima di partire si volta.

A proposito al centro cercano una bambina per accudire. Emilio sarà felice di vedervi.

Sara resta sola sulla panchina, scossa ma con un nuovo calore nel petto.

Apre la busta. Dentro cè davvero lindirizzo e un disegno di un bambino che tiene per mano una donna, sotto scritto con lettere goffe:

Cara Sara, non temere. Tutto andrà bene.

Le lacrime scivolano, ma questa volta non di impotenza, ma di speranza. Si alza. I passi sono incerti, ma la porta la spingono avanti.

Tre settimane più tardi, nel cortile del centro per linfanzia nel quartiere Lazzaretto, si sente una risata.

Più forte, cara Sara! Più forte! grida Emilio, dondolando sullaltalena.

Attenta a non volare via! ride lei, spingendo delicatamente laltalena. Al collo porta il ciottolo, legato a un filo il suo talismano fortunato.

Alla porta sta luomo. Li osserva in silenzio, e nei suoi occhi non cè più freddo.

Sa che quel giorno, quando una sconosciuta ha sollevato dal suolo suo figlio, non è cambiata solo la vita del ragazzo.

È cambiata anche la sua. E quella di Sara. Per sempre.

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Sara sciolse con attenzione il nodo, sentendo come la piccola scarpa tremava tra le sue mani. I lacci erano robusti, nuovi — non come quelli strappati che le davano nel rifugio.