Scendi tra noi: Un viaggio di riscoperta e connessione con la terra italiana

Tira il piede a terra

Mamma, ti immagini se entro allUniversità di Bologna? Ho letto su forum che il corso di linguistica è ottimo, i laureati finiscono poi in ONU, anche in ambasciate

Irene, che sta affettando i pomodori, alza lo sguardo verso Ginevra come se le avesse appena proposto di ballare sul tavolo.

Ginevra, ma che dici? Che Bologna? sbuffa, tornando allinsalata. Dove pensi di andare! Lì ci sono cervelloni a non finire. Tira il piede a terra! Ti ritrovi a strisciare indietro e il posto in ununiversità decente sarà già occupato.

Ma i miei voti

Voti, voti. Irene gesticola con il coltello. Sii felice che qui cè qualcosa dove andare. Starai vicino a me, non dovrai strisciare negli angoli di altri.

Ginevra resta in silenzio, fissando la finestra. La madre le vieta di sognare fin da subito. I risultati dellesame di Stato li controlla nella sua stanza, chiudendo la porta a chiave. Novantaquattro in italiano, novantuno in inglese, ottantanove in filosofia. Rilegge i numeri tre volte, incredula. Poi si appoggia lentamente al cuscino e fissa il soffitto, dove una crepa ricorda la mappa di una terra sconosciuta. In testa cè un vuoto strano, a volte rimbombante. È una delle migliori diplomate del quartiere; con quei punteggi può entrare ovunque.

Ovunque

Quella sera naviga sui siti delle università fino alle tre del mattino, sfogliando i programmi, leggendo le recensioni, confrontando i punteggi di ammissione. Quando il suo sguardo cade sulla pagina delluniversità di Bologna con ledificio storico in copertina e la descrizione della facoltà di lingue straniere, qualcosa scatta dentro di lei, come una serratura che finalmente si apre.

Ecco il posto giusto.

Ma la madre non approva la scelta.

Non ci pensare! urla la voce di Irene. Che Bologna?! Vuoi lasciarmi qui da sola?

Irene corre per la cucina, afferrando a turno il bordo del tavolo e lo schienale della sedia.

Mamma, non ti lascio

Me lo lasci! Traditrice! Ti ho cresciuta, ti ho dedicato la vita, e ora

Questo dramma si ripete ogni giorno.

Ginevra non dorme più bene. Sotto gli occhi le appaiono ombre, lappetito sparisce. Si aggira per lappartamento come unombra, cercando di non incrociare lo sguardo della madre, ma è impossibile: il bilocale è troppo piccolo per nascondersi.

Irene, basta, interviene la zia Marina, sorella minore della madre, che è arrivata per il weekend e ha trovato lennesimo atto di tragedia. La ragazza è brava. Lasciala andare, studiare. È il suo futuro!

E il mio futuro è restare qui sola?!

Hai ventiquattro anni! Hai tutta la vita davanti! Marina perde la pazienza. E Ginevra non è la tua badante! Ha una vita sua!

La nonna, silenziosa e curva, si siede in un angolo e scuote la testa.

Irene, lasciala andare. Ti morderai i gomiti quando ti renderai conto che non le hai dato una chance di fare di più.

Irene non ascolta. Nella sua testa si forma un piano. Dopo qualche giorno Ginevra rovista in tutti gli armadi, i cassetti del tavolo. Passaporto, certificato di nascita, diploma tutto sparisce.

Mamma! Dove sono i miei documenti?

Irene è davanti al televisore con laria di chi ha vinto.

Lì dove non li trovi. E non firmo nulla, capito? Hai diciassette anni, senza il mio consenso non vai da nessuna parte.

Ginevra si siede sulla sedia. Un solo pensiero le martella in testa: le iscrizioni chiudono tra una settimana e lei non ha né documenti né firma della madre.

Chiama luniversità la voce gentile spiega che ai minorenni serve il consenso del rappresentante legale, senza eccezioni.

Chiama la linea legale confermano che fino a diciotto anni la madre ha il diritto di decidere della sua vita.

La zia Marina torna due volte, tenta di convincere la sorella, ma è inutile. Irene stringe la figlia come se da quel contatto dipendesse la sua vita.

Tre giorni prima della scadenza Ginevra cede. Con la madre parte per luniversità locale. Un edificio grigio in periferia, con intonaco scrostato dal colore del formaggio vecchio e una targa con lettere sgualcite.

Allaccettazione odora di polvere e disperazione. La signora al banco prende i fogli senza guardare negli occhi e borbotta qualcosa sul calendario. Ginevra esce sul marciapiede e resta a fissare lasfalto grigio. Dentro sente il vuoto. È bruciata da dentro.

Vedi? Così è meglio! esclama la madre, radiosa. Starai vicino a me. Non devi andare altrove. Ti avevo detto che non serve mostrarsi.

I primi mesi di studio sono una tortura particolare. I professori leggono dispense di ventanni fa, gli studenti sono incollati ai telefoni, nei bagni del primo piano i lucchetti non funzionano da cinque anni, secondo le voci.

Ginevra partecipa a lezione a fatica, poi inizia a saltarle.

Dove sei finita? la domanda la compagna di corso, la sola amica, Yulia, che la raggiunge nel corridoio.

In biblioteca.

È vero. La biblioteca comunale diventa il suo rifugio. Lì siede ore su ore, accatastata di libri di grammatica, fonetica, antropologia. Si prepara. Per cosa? Nemmeno a sé stessa lo ammette ancora.

Il suo diciottesimo compleanno cade su un grigio martedì di novembre. La madre prepara una torta e invita la vicina Ginevra fa il suo dovere, spegne le candeline, mangia un pezzo e ritorna nella sua stanza.

Il giorno dopo va alla segreteria.

Domanda di rinuncia volontaria, posa il foglio sul tavolo.

La segretaria alza un sopracciglio, ma non dice nulla. Ha visto di tutto.

A casa Ginevra recupera dal nascondiglio dietro larmadio i documenti che la madre le aveva restituito appena entrata alluniversità: passaporto, diploma, certificato di nascita. Tutto è al suo posto.

Dove vai? grida la madre.

Irene resta fermata sulla soglia.

Parto. A Bologna.

Cosa?! Di nuovo con i tuoi sogni?! Ti proibisco!

Ho diciotto anni. Non puoi più decidere come vivere!

Irene arrossa di rabbia.

Sei… ingrata! Dopo tutto quello che ho fatto per te

Ti chiamerò quando troverò lavoro, Ginevra chiude la zip della borsa.

Esce dallappartamento, lasciandosi alle spalle la sua gabbia.

La zia Marina laspetta alla stazione degli autobus.

Prendi, le porge una busta. Lho messa da parte. Ti basterà per i primi tempi.

Ginevra prova a protestare, ma la zia agita solo la mano.

Taci. Te lo sei meritato. La stringe forte, fino a farle sentire le ossa scricchiolare. Non arrenderti, capito? Qualunque cosa accada, non mollare.

Lautobus per Bologna parte alle sei del mattino. Ginevra osserva come i palazzi di cinque piani del suo paesino si dissolvono nella nebbia mattutina. Non piange. Non ci sono lacrime, solo una strana sensazione di vibrazione, come se per la prima volta respirasse a pieni polmoni.

La stanza nella casa popolare è minuscola letto, scrivania, sedia, e basta. Trova lavoro tre giorni dopo, come cameriera in una trattoria. Turni di dodici ore, le gambe bruciano di sera, lodore di cipolla fritta si incastra nei capelli per sempre. Lo stipendio basta per laffitto, il cibo e, soprattutto, i libri di studio.

Lanno scorre in un ritmo teso. La mattina dorme fino allultimo minuto. Dal pomeriggio al tramonto lavora. Di notte studia, fa esercizi, ascolta registrazioni. Vive in fame letteralmente. Pranza gli avanzi della cucina della trattoria, cena con tè e pane. Perde sei chili. Una volta quasi sviene in sala, il manager la rimanda a casa e le ordina di mangiare bene.

Ma Ginevra non si ferma. Ha un sogno e non può arrendersi.

Lestate inoltra la domanda. AllUniversità di Bologna, al dipartimento di lingue straniere. Il punteggio di ammissione è alto, ma i suoi risultati sono ancora più alti.

I nomi vengono pubblicati ad agosto. Ginevra si avvicina al pannello, cercando il suo cognome il cuore le batte in gola.

Lo trova.

È a borsa di studio.

Si siede sulle scale dellantico edificio, con volte a botte e vetrate colorate. La gente passa, alcuni si girano a guardare, ma a lei non importa.

Ce lha fatta

Cinque anni volano come un unico giorno intenso. Non torna mai nella sua città natale. Ignora le richieste della madre di tornare a Natale o per il compleanno.

Irene chiama sempre meno. Le conversazioni iniziano con lamentele e finiscono in accuse. Ginevra ascolta, annuisce, risponde sì, capisco, ciao mamma.

E torna alla sua vita.

A giugno, al mattino, riceve il diploma con la lode. Esce dalluniversità stringendo il certificato e si ferma sul lungomare.

Unofferta di lavoro è già nella sua posta: unazienda internazionale, reparto traduzioni, stipendio di cui prima solo sognava.

Il cellulare vibra. È la madre

Ginevra, quando torni? Ho

Mamma, interrompe decisa ma gentile. Ho appena preso il diploma. Ho un lavoro a Bologna. Non tornerò.

Un silenzio, poi un singhiozzo.

Mi hai abbandonata! Lo sapevo! Ingrata

Ciao, mamma. Ti chiamerò fra qualche mese.

Pone fine alla chiamata e guarda lacqua grigia, con i riflessi di luce. In lontananza il battello passa lentamente.

Ginevra sorride, a sé stessa, in modo sommesso. Non si è lasciata spezzare. Ce lha fatta.

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