Scintille di Vendetta in una Casa Tranquilla

Il crepuscolo avvolgeva il piccolo borgo di Monteverde, tingendo le strade di una luce dorata. Paolo tornò a casa dopo una lunga giornata di lavoro, stanco ma soddisfatto. Nell’ingresso lo attendeva sua moglie, Carlotta, con un sorriso tiepido e il profumo delle polpette appena fritte.

—Ciao, vuoi cenare? Ho preparato le polpette come le piace a te— disse, aggiustandosi il gremiole.

—Certo, grazie— rispose Paolo, togliendosi le scarpe. Trovò in tasca un mazzo di chiavi e lo posò distrattamente sul mobiletto accanto alla porta.

Carlotta notò subito quelle chiavi sconosciute e, strizzando gli occhi, chiese:

—Che chiavi sono queste?

—Mamma è partita per le terme per tre settimane— spiegò Paolo, massaggiandosi la nuca. —Mi ha chiesto di badare al suo appartamento e mi ha lasciato le chiavi.

A quelle parole, gli occhi di Carlotta si accesero di una luce furba, quasi sinistra. Batté le mani e esclamò:

—Finalmente! Ora lo faccio io!

Paolo si irrigidì, senza capire. Sua moglie, solitamente tranquilla e posata, sembrava aver architettato chissà quale impresa.

—Di che parli? Cosa vuoi fare?— chiese, guardandola con crescente inquietudine.

Carlotta si limitò a sorridere, ma nel suo sguardo c’era una determinazione tale che a Paolo venne la pelle d’oca.

Qualche settimana prima, la loro vita era stata sconvolta. Tornando a casa dopo una visita ai genitori di Carlotta, avevano trovato il loro appartamento irriconoscibile. La carta da parati del corridoio, scelta con tanto amore, era stata sostituita con una sgargiante, piena di motivi kitsch. I mobili del soggiorno e della camera da letto erano stati spostati: l’armadio era finito in mezzo alla stanza, e il letto rivolto verso la finestra, rovinando ogni senso di intimità.

—Ma che è successo?— Carlotta, sconvolta, lasciò cadere la borsa a terra appena varcata la soglia.

Paolo sbirciò alle sue spalle, cercando di capire. Il cuore gli si strinse.

—Chi ha fatto tutto questo?— Carlotta tremava di rabbia. —Questa non è più casa nostra!

—Calmati— Paolo le posò le mani sulle spalle, cercando di parlare con tono pacato. —Cerchiamo di capire.

Ma più esaminavano l’appartamento, più cresceva la loro indignazione. Il divano era finito vicino alla finestra, la televisione spostata in un angolo. Nella camera da letto, la cassettiera era stata messa dove un tempo c’era lo specchio. Era il caos, e il colpevole era evidente: la madre di Paolo, donna Vittoria.

Un mese prima, donna Vittoria era arrivata in visita e, fin dal primo momento, aveva criticato ogni cosa: dalla tinta delle pareti alla disposizione dei mobili.

—Che carta da parati triste, sembra un ospizio!— aveva dichiarato, scuotendo la testa. —Ci vuole qualcosa di allegro, che rallegri l’animo!

—A noi piace così— aveva replicato Carlotta, trattenendo a stento l’irritazione.

—No, così non va! Con questi colori si deprimono tutti, non mi stupisco che sei sempre nervosa— aveva continuato la suocera, ignorando le obiezioni. —E poi i mobili sono messi male. L’armadio deve stare nell’angolo, non in mezzo alla stanza! E il letto è orientato male.

Carlotta voleva ribattere, ma un’occhiata di Paolo la fermò. Sapeva bene che discutere con sua madre era inutile. Donna Vittoria sarebbe andata avanti per ore a spiegare come “dovesse essere” la loro casa. Alla fine se ne era andata, lasciando dietro di sé una pesante atmosfera. Una volta chiusa la porta, Paolo e Carlotta avevano tirato un sospiro di sollievo, sperando che fosse finita lì.

Poco dopo, però, erano dovuti partire per il compleanno del padre di Carlotta. Il loro gatto, Biscotto, non poteva restare solo, e Paolo propose di chiedere a donna Vittoria di badargli. Carlotta si oppose con fermezza:

—Vuoi darle le chiavi? Si metterà a fare come le pare!

Ma non c’erano alternative. A malincuore, Carlotta acconsentì, ma diede precise istruzioni: cosa dar da mangiare a Biscotto, quanto spesso cambiare l’acqua, dove trovare i giochini. Ogni giorno chiamava per controllare. Donna Vittoria rispondeva seccamente:

—Tutto a posto— e chiudeva subito la conversazione. Avrebbe dovuto insospettirla, ma Carlotta ignorò i presentimenti.

Al ritorno, scoprirono che la suocera non si era limitata a badare al gatto. Aveva completamente stravolto l’appartamento.

—E adesso che facciamo?— chiese Carlotta, sfiorando con le dita la nuova carta da parati.

—Rimettiamo tutto a posto— sospirò Paolo. —Ci vorrà tempo e denaro. Posso chiamarla adesso e dirle quello che penso.

Carlotta asciugò una lacrima, poi un sorriso furbo le illuminò il viso.

—No— disse, e nella sua voce c’era una determinazione nuova. —Ho un’idea migliore. Tua madre andrà alle terme, giusto?

Paolo annuì, ancora confuso. Carlotta gli strizzò l’occhio, e il suo piano prese forma.

Quando donna Vittoria partì per le terme, lasciando le chiavi di casa a Paolo, Carlotta sentì che era arrivato il momento. Brillava di entusiasmo. Aveva già in mente la vendetta perfetta per quell’invasione del loro spazio.

—Finalmente le farò provare cos’è!— annunciò, facendo tintinnare le chiavi.

Paolo, pur titubante, decise di sostenerla. Sapeva che sua madre se l’era cercata.

Per tre fine settimana, andarono nell’appartamento di donna Vittoria. Mentre lei si godeva il riposo, la sua casa si trasformava. Carlotta sostituì la carta da parati con toni pastello e motivi floreali, l’esatto opposto dei vivaci girasoli che amava donna Vittoria. Paolo aiutò a spostare i mobili: l’armadio finì nel corridoio, le mensole del soggiorno furono cambiate con altre “più adatte”. Aggiunsero persino qualche decorazione, che secondo Carlotta “rE quando donna Vittoria tornò e vide la sua casa ridotta a un placido rifugio da suora, capì finalmente il peso di quel che aveva fatto, e da quel giorno imparò a rispettare i confini altrui.

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