Se n’è andata, e lui ha capito troppo tardi che era il suo unico vero amore.

Se n’è andata, e lui si è reso conto troppo tardi che lei era il suo unico vero amore.

Marco era seduto in macchina, fissando l’ingresso del ristorante. Le mani gli tremavano, ma non se ne accorgeva. Un ronzio sordo gli martellava le orecchie, segno della tensione. Quella sera, c’era la riunione degli ex compagni di liceo. Vent’anni che si erano lasciati alle spalle la scuola. Vent’anni da quando aveva distrutto con le sue mani la felicità che avrebbe potuto essere sua.

All’epoca, aveva sospettato che Giulia lo tradisse. Una foto con un “nuovo pretendente”, così l’aveva definito, gli aveva rivoltato lo stomaco. Lei non si era giustificata. Silenziosa. Lui aveva urlato, accusato, vomitato tutto ciò che teneva dentro. E lei se n’era andata. Senza urla. Senza spiegazioni.

Sei mesi dopo, si era sposato con Alessia. Per dispetto. Per dimostrare a Giulia che poteva essere felice senza di lei. Ma la felicità non era arrivata. Il matrimonio era piatto, teso come una corda tirata. Tutto era al suo posto: la moglie, il figlio, il lavoro. Ma il suo cuore rimaneva muto.

E quella sera, l’avrebbe rivista. Giulia. L’unica. Quella che aveva veramente amato.

Entrò nella sala e la sentì subito. No, non la vide primala sentì. La sua energia, la sua risata lieve. Era ancora irresistibile: un vestito a fiori, i ricci sulle spalle, quello sguardo sicuro. E all’improvviso, tutto tornò a crollare. Come allora.

«Giulia» la chiamò quando lei uscì per rispondere al telefono.

«Sì, Marco?» La sua voce era calma, quasi ironica.

«Voglio sapere tutto. Come hai vissuto senza di me?»

«Sei sicuro di volerlo sentire?» Nessun dolore nella sua voce, solo una stanchezza profonda, consumata.

«Non posso vivere senza di te. Senza noi»

«Non c’è più un *noi*, Marco. Da molto tempo.»

«E nostro figlio?» sbottò lui all’improvviso.

Lei impallidì. Chiuse gli occhi. Poi parlò, cupa, ferma:

«Parli di quel bambino che ho perso dopo le tue accuse? Quello che non sono riuscita a salvare perché piangevo troppo? Sì, ero incinta. Ma tu hai detto che non era tuo. Hai creduto a quella foto. Non a me. Non al tuo cuore. Hai creduto ad Alessia.»

Lui abbassò la testa. Aveva distrutto tutto quel giorno.

«Sono sopravvissuta, Marco. Spezzata, bruciata. Ma sono sopravvissuta. Me ne sono andata. Ricominciato. Un uomo mi ha aiutata, un uomo che ha visto in me solo me. Non i miei errori, non la mia colpa, non il mio passato. E oggi, abbiamo due figli adottati. Sono miei dal primo giorno. E sono felice.»

«Perdonami»

«Perché? Per avermi distrutta? Ti ho perdonato. Io, mi è costato più tempo. Ma ora, non sono più quella che hai conosciuto. Non sono più tua. Hai capito troppo tardi quello che hai perso.»

Girò i tacchi e si allontanò. Un passo leggero, la schiena dritta, piena di sicurezza. Tutto quello che lui non aveva saputo proteggere un tempo.

E lui rimase lì, immobile, nel silenzio delle macchine, il cuore in frantumi, con una certezza: non si torna indietro. A volte, è semplicemente troppo tardi. E anche se l’hai portata nel cuore per tutta la vita per lei, non sei più nessuno.

La vita insegna che il rimpianto arriva spesso quando ormai non c’è più nulla da fare. Meglio amare con coraggio oggi, perché domani potrebbe essere troppo tardi.

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