Sai, ho sempre avuto paura del divorzio. L’idea che il mio matrimonio potesse finire mi sembrava un incubo, qualcosa che non mi avrebbe mai toccata. Credevo davvero che tra me e mio marito andasse tutto bene, che fossimo una di quelle coppie che non si spezzano né con gli anni, né con la routine, né con le difficoltà. Avevamo una figlia meravigliosa, Giulia, io possedevo uno studio di architettura a Firenze e lui lavorava come infermiere in una clinica privata. Vivevamo tranquilli, senza scossoni, e pensavo fossimo felici.
Poi un giorno tutto è cambiato.
All’inizio credevo fosse solo un periodo difficile. Adriano tornava a casa sempre più tardi, spiegando che era oberato di lavoro, che i turni erano pesanti. Si irritava per cose da nulla, non voleva più venire a passeggiare con me, non mi ascoltava più. E quando, un giorno, tra le lacrime gli ho chiesto che cosa stesse succedendo tra noi, mi ha risposto solo: «Sono stanco. Mi dai fastidio perfino in casa. Smettila di attaccarti a me».
Ho smesso di parlare. Gli stavo meno addosso, uscivo da sola la sera, cenavo in silenzio. Lui se ne andava all’alba e tornava a notte fonda. Come uno sconosciuto.
Il mio cuore lo sapeva: non era solo. Ma io scacciavo quei pensieri. Finché un giorno non ho sentito una conversazione che ha messo tutto in chiaro.
Ero appena tornata da una passeggiata quando ho sentito la sua voce in camera:
«Amore, farò tutto come hai detto. Prometto, la lascerò. Dammi solo un po’ di tempo. Non arrabbiarti, Sara… ti prego, non riattaccare…»
Mi sono bloccata. Poi sono andata in cucina e sono esplosa. Dentro di me bruciava tutto. Lui non si è giustificato. Non ha spiegato. Ha solo preso le sue cose ed è andato via. Da lei. Dalla sua “amata”.
E io sono rimasta. In un appartamento vuoto, con le foto alle pareti che ci ritraevano ancora come una famiglia. I mesi sono passati lentissimi, come se il tempo si fosse fermato. Non riuscivo a mangiare, a dormire, a lavorare. Nemmeno Giulia, per quanto mi sostenesse, riusciva a riempire quel vuoto. A volte i clienti mi invitavano a prendere un caffè dopo gli incontri, mi facevano complimenti… io rifiutavo educatamente. Pensavo che non avrei mai più potuto amare nessuno.
Poi è arrivato lui. Luca. Un uomo distinto, poco più che cinquantenne, sicuro di sé, curato, con una voce calma e uno sguardo attento. Aveva commissionato un progetto per il suo nuovo ufficio. E non sono riuscita a dirgli di no. Non al lavoro, non alle chiacchierate. E poi, non alle cene, non alle passeggiate, non ai suoi gesti.
Quando l’ufficio è stato completato, Luca mi ha invitata all’inaugurazione. È stata una serata piena di musica, risate e vino leggero. Siamo rimasti solo noi due fino a tardi… e la mattina mi sono svegliata tra le sue braccia. Per la prima volta dopo tanto tempo, non ho sentito dolore. Sentivo di essere importante per qualcuno. Vero, senza maschere, senza obblighi.
Lui non era solo un uomo. È diventato il mio sostegno, la mia aria. Con lui ho ricominciato a respirare.
E pochi giorni dopo ho incontrato Adriano. Era davanti alla porta di casa mia. Lo stesso di sempre. Ma nei suoi occhi c’era insicurezza.
«Scusami, Anna. Sono stato un idiota. Sara… era solo una ragazzina. Credevo di aver bisogno di una vita nuova, ma ho capito che tutto quello che avevo di vero eri tu.»
L’ho guardato in silenzio. E non ho sentito rabbia, né dolore. Solo stanchezza. Perché ora sapevo una cosa: la felicità non sta nel far tornare qualcuno. Sta nel ritrovare se stessi.
«Adriano, è tardi. C’è già qualcuno con cui sono felice.»
Se n’è andato. Da solo. E ora era lui ad avere paura della solitudine. Proprio come me, un tempo.
Io e Luca ci sposeremo presto. Poi partiremo per quel viaggio che sognavo da quando ero giovane, ma che non avevo mai avuto il coraggio di fare. Adesso il coraggio ce l’ho. E l’amore anche.
A volte il destino ci spezza solo per darci la possibilità di ricominciare. Ma non con chi ci ha traditi. Con chi ci ha scelto, senza nemmeno conoscere il nostro dolore.